SPECIALE IMMACOLATA
Per Christum præservatam, per Franciscum defensa
dal Numero 46 del 3 dicembre 2023
di Grazia de Michelis

Tra i gioielli più belli della “scientia amoris” propria dell’Ordine Serafico, ritroviamo il ruolo centrale che l’Ordine ha avuto nella definizione dogmatica dell’Immacolata Concezione. Ora è compito dei figli di san Francesco portare avanti anche la seconda parte della loro missione.

Nel cammino percorso dalla Chiesa per giungere alla definizione dogmatica dell’Immacolata Concezione di Maria Santissima, un ruolo di fondamentale importanza è stato svolto dall’Ordine fondato da san Francesco d’Assisi, attraverso quella scuola di pensiero e ricerca teologica plurisecolare che costituisce la Scuola francescana. Antesignano ne fu lo stesso fondatore, il quale, non essendo un teologo ex professo, intuì con l’intellectus fidei et amoris questa verità di fede così importante per comprendere il ruolo di Maria Santissima nel piano divino della creazione e della Redenzione. Negli scritti di san Francesco non si trova mai la locuzione “Immacolata Concezione”, né la spiegazione teologica di questa dottrina. Tuttavia, in una delle sue preghiere mariane, il Saluto alla Vergine, il Santo ha espresso in modo inequivocabile la sua fede in questa verità scrivendo che nella Vergine «fu ed è ogni pienezza di grazia e ogni bene». Secondo la critica teologica, tale espressione significa che nella Madre di Dio non vi fu mai alcuna ombra di peccato, né attuale né originale, ma solo la pienezza della grazia che, proprio in virtù della sua pienezza, esclude ogni minima colpa. 
Come san Francesco, che ignaro delle sottigliezze teologiche si nutriva abbondantemente della Parola di Dio e delle luci che riceveva nella contemplazione, anche il popolo di Dio, animato dal suo soprannaturale sensus fidei, credeva che la Madre di Gesù fosse immune da qualunque macchia di peccato. Questa verità, già patrimonio dei Padri, era alimentata dalla liturgia e dalle feste religiose popolari. Verso la fine del XIII secolo, però, nelle università teologiche si cominciò a discutere, soprattutto tra Domenicani e Francescani, sulla liceità del culto all’Immacolata Concezione, sentenza alla quale si opponevano il dogma dell’universalità del peccato originale e quello dell’universalità della Redenzione. Il primo afferma che tutti gli uomini, in quanto discendenti di Adamo, capostipite dell’umanità, contraggono il peccato originale, perché, come insegna san Paolo, in lui hanno peccato tutti gli uomini (cf Rm 5,12); il secondo afferma che Cristo ha redento tutti gli uomini. Attenendosi a queste due verità sancite dal magistero ecclesiastico, i dotti deducevano, come logica conseguenza, che anche Maria Santissima nacque con il peccato originale e fu redenta da Cristo; il massimo che essi osavano dire a lode della sua immacolatezza era che Ella fu santificata nel grembo materno subito dopo la sua concezione, avvenuta con il peccato originale. 
La divina Provvidenza designò un figlio di san Francesco d’Assisi a sciogliere ogni nodo: il beato Giovanni Duns Scoto († 1308), professore all’università di Parigi, la più rinomata fra le università di quel tempo. Distinguendosi per il suo ingegno sottile, donatogli miracolosamente dalla Vergine Santa, come narrano le fonti storiche, egli ebbe l’intuizione geniale che Maria Santissima può ben dirsi Immacolata Concezione perché Dio, Onnipotente e libero nell’elargizione dei suoi doni e non impedito nella sua libera volontà dalle leggi che Egli stesso ha stabilito per gli uomini, aveva preservato sua Madre dal peccato originale applicandole in anticipo i meriti della Passione di Cristo. Il Dottor Sottile – come è comunemente chiamato lo Scoto – spiegò inoltre, che Maria Santissima fu realmente redenta, ma con una redenzione non liberativa, come quella con la quale Cristo operò in favore degli altri uomini, bensì preservativa. Dato che è più perfetto preservare qualcuno dal male, piuttosto che permettere che vi cada e poi liberarlo, quella preservativa è la redenzione più perfetta. Poiché Cristo, in quanto Dio è perfettissimo, doveva essere anche Redentore perfettissimo, e non lo sarebbe stato se non avesse redento almeno una persona con redenzione preservativa. In tal modo la fede nell’Immacolata Concezione di Maria Santissima veniva armonizzata con i dogmi dell’universalità del peccato originale e della redenzione. 
In attesa del giudizio della Chiesa, Scoto cominciò ad insegnare questa verità, applicando il suo principio mariologico secondo cui, se non è in contrasto con la Sacra Scrittura, è preferibile attribuire alla Madre di Dio ciò che è più eccellente. Da allora, la tesi dell’Immacolata Concezione venne portata avanti e difesa soprattutto dalla Scuola francescana che lavorò alacremente, con la penna e con la parola, per ottenerne la solenne definizione dogmatica. Sarebbe troppo lungo, in questa sede, enumerare tutti i santi e i teologi che, di secolo in secolo, diedero il loro contributo in favore di questa causa. Ma vogliamo citare almeno alcune figure rappresentative onde dimostrare che il filo aureo della causa dell’Immacolata ha realmente percorso l’intera storia francescana impegnando i tre rami dell’Ordine – Conventuali, Minori e Cappuccini – in un’attività, speculativa e spirituale indefessa. Nel XIV secolo emergono soprattutto discepoli di Scoto: Pietro Aureoli, Francesco Mairone, Giovanni de Bassolis e Landolfo Caracciolo. Nel XV secolo troviamo san Bernardino da Siena; nel XVI secolo san Bernardino de Bustis; nel XVII san Lorenzo da Brindisi; nel IX san Leonardo da Porto Maurizio. Fu in questo secolo che fu proclamato il dogma dell’Immacolata, l’8 dicembre 1854, con la Bolla Ineffabilis Deus del beato Pio IX. Da allora la dottrina che «ritiene la Beata Vergine Maria, nel primo istante della sua concezione, per grazia e privilegio singolare di Dio Onnipotente, in virtù dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, preservata da ogni macchia della colpa originale» (Bolla dogmatica Ineffabilis Deus) entrò a far parte del magistero ufficiale della Chiesa.
A questo punto sembra logico pensare che il lavoro dei Francescani, esauditi nelle loro attese, si sia finalmente concluso. Una splendida pagina scritta da san Massimiliano M. Kolbe, definito il “folle dell’Immacolata”, ci illumina invece sulla realtà dei fatti, che è ben diversa. Così egli scrive: «Fin dai primordi dell’Ordine Francescano, per sette secoli, l’aureo filo della causa dell’Immacolata si è evoluto incessantemente. Si è combattuto per conoscere la verità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. La lotta si è conclusa vittoriosamente. Questa verità è stata riconosciuta ovunque e infine proclamata dogma di fede […]. Ora si apre la seconda pagina della nostra storia: dobbiamo cioè seminare questa verità nel cuore di tutti gli uomini che vivono e vivranno fino alla fine dei tempi». Il compito dei Francescani, quindi non è terminato. La loro Regina attende che portino avanti la seconda parte della loro missione, per la salvezza e santificazione di tante anime, in vista del Trionfo del suo Cuore Immacolato. E così sia!   

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