RELIGIONE
La Rivoluzione francese e la persecuzione alla Chiesa
dal Numero 25 del 21 giugno 2015
di Julio Loredo

Le idee e le mosse politiche che hanno guidato e fatto la Rivoluzione francese, considerate al di là del cieco positivismo dei libri di storia, si presentano come aberranti e criminali: odio, soppressioni, sacrilegi, massacri e genocidi... ecco la “libertà” che doveva esser inaugurata.

I nostri libri di storia ci presentano la Rivoluzione francese del 1789 come un evento altamente positivo: avrebbe portato la “libertà”. Le cose non stanno, però, così. La Rivoluzione francese fu una delle più sanguinarie e anti-cattoliche di tutta la storia.
La Rivoluzione francese del 1789 non è stata solo anti-monarchica ma anche anti-cattolica. Anzi, diversi autori affermano che essa fu, fondamentalmente, anti-cattolica. Tanto quanto si è mossa per distruggere il Trono, si è anche scagliata per abbattere l’Altare. Detestando ogni gerarchia e ogni autorità nella sfera temporale, la Rivoluzione francese non poteva tollerarle in quella religiosa. Il suo odio ugualitario procedeva, quindi, in modo del tutto logico dal secolare allo spirituale. Niente illustra meglio questo duplice odio che il grido di Hébert: «La pace non regnerà in Francia finché l’ultimo aristocratico non sarà stato impiccato con le budella dell’ultimo prete!». Nel Parlamento rivoluzionario era frequente sentire discorsi contro «la doppia tirannia dei re e dei sacerdoti».
Il primo passo dell’assalto rivoluzionario contro la Chiesa fu l’abolizione dei privilegi ecclesiastici, decretata dall’Assemblea Nazionale la notte del 4 agosto 1789. A ciò seguì la confisca dei beni della Chiesa il 2 novembre. Tre mesi dopo, l’Assemblea proibiva i voti monastici e sopprimeva gli Ordini religiosi, scardinando completamente la struttura della Chiesa. Commenta lo storico Adrien Dansette: «Nella storia religiosa di Francia, non vi era alcun precedente di una demolizione tanto brutale quanto completa». Conserviamo questa parola: demolizione. La Rivoluzione francese cercò di demolire la Chiesa. Altroché libertà...
Il peggio, però, stava ancora per arrivare. Il 12 luglio 1790, l’Assemblea votava la Costituzione civile del clero, una legge che intendeva rimodellare la Chiesa secondo i postulati della Rivoluzione. Il principio normativo era la dottrina della sovranità popolare, secondo cui, nella Chiesa come nella società, l’autorità viene dal popolo. La Costituzione ristrutturava completamente le diocesi e le parrocchie, rilevava il clero da ogni obbedienza al Papa (il “Re” nella Chiesa), prescriveva che tutte le cariche ecclesiastiche fossero elettive e, in pratica, trasformava i preti in funzionari del governo rivoluzionario. Era la fine della Chiesa istituita da Nostro Signore Gesù Cristo.
L’Assemblea decretò inoltre che tutti i vescovi e sacerdoti dovevano giurare fedeltà alla Rivoluzione. Era il cosiddetto “giuramento costituzionale”. Mentre solo sette vescovi su centosessanta si piegarono alla prepotenza rivoluzionaria, una forte minoranza del clero inferiore prestò il giuramento. Gli storici concordano nell’indicare come un fattore importante di questo cedimento l’assenza di qualsiasi direttiva da parte del Vaticano. Quando, tre mesi dopo, Pio VI finalmente si pronunciò, condannando con forza la Costituzione civile del clero, la stragrande maggioranza ritrattò il proprio giuramento, esponendosi perciò alla persecuzione.
Dodicimila preti furono uccisi, mentre trentamila dovettero prendere la via dell’esilio. A questi martiri vanno aggiunte le centinaia di religiose ghigliottinate, delle quali trentadue furono beatificate nel 1925 da Pio XI. Il sangue scorreva così copiosamente che si dovette scavare un apposito canale dalla Place de la Révolution (attuale Place de la Concorde) fino al Sena, per farlo scolare.
Durante il Terrore (1792-1794), la Rivoluzione cercò di scristianizzare la Francia. Il clero fu sistematicamente perseguitato, ogni manifestazione religiosa fu proibita. Per sostituire il Culto cattolico, la Rivoluzione francese istituì il culto alla Dea Ragione e all’Essere Supremo. La Dea Ragione era una prostituta che veniva portata nuda su una lettiga per le vie di Parigi, finendo poi nella cattedrale di Notre Dame, dove era messa sopra un altare per ricevere l’omaggio dei rivoluzionari.
Perfino la ghigliottina aveva una sua “liturgia”. Incensate come se fossero il Santissimo, alle ghigliottine erano cantate “litanie”: «Santa Ghigliottina, protettrice dei patrioti: prega per noi! Santa Ghigliottina, terrore degli aristocratici, proteggici. Macchina amabile, prega per noi. Macchina ammirabile, abbi pietà di noi. Santa Ghigliottina, liberaci dai nostri nemici».
Niente, però, si può paragonare in ferocia alla persecuzione della Rivoluzione francese contro i cattolici vandeani.
Il primo genocidio dell’epoca moderna – ancora impunito ed ampiamente insabbiato dalla storiografia ufficiale – è stato quello dei vandeani. Uomini, donne, anziani, bambini sterminati senza nessuna pietà per il solo fatto di opporsi, in quanto cattolici, alle “nuove” idee illuministe.
Già nel 1792 si ebbero in molte zone dei moti popolari che si opponevano alla Rivoluzione. Nel gennaio 1793, l’ordine del governo di una leva di 300.000 uomini, unitamente alla notizia della morte del Re e il rifiuto della Costituzione civile del clero fece esplodere la situazione in Vandea. Un gran numero di contadini si diede alla macchia e si creò spontaneamente un “esercito vandeano”. Questo improvvisato esercito sconfisse uno dopo l’altro i reparti dell’esercito repubblicano inviati dal governo di Parigi, e riconquistò per intero il proprio territorio, sottraendolo all’occupazione rivoluzionaria. Successivamente, però, le forze inviate da Parigi, numericamente molto superiori e meglio preparate, rovesciarono la situazione ed ottennero la vittoria.
Fu allora decisa dall’Assemblea la totale cancellazione della Vandea. Perciò, il governo rivoluzionario emanò, il 19 gennaio 1793, il seguente decreto: «Ogni capo di colonna dovrà perlustrare e poi bruciare tutti i boschi, villaggi, case e aziende agricole». A questa seguiva, il 20 aprile, un’altra disposizione: «Ogni brigante trovato con le armi in mano sarà passato alla baionetta. Si farà lo stesso con le ragazze, donne e bambini. Le persone meramente sospette non saranno risparmiate».
Non paga, la Convenzione rincarò la dose con un decreto del 1° agosto 1793: «I materiali combustibili di qualsiasi tipo saranno confiscati e inviati al Ministero della guerra per bruciare i boschi, i boschetti e i cespugli. [...] Le foreste saranno abbattute, i nascondigli dei ribelli saranno distrutti, le colture saranno devastate, il bestiame sarà confiscato. [...] La proprietà dei ribelli della Vandea passerà al patrimonio della Repubblica».
Tra i sistemi impiegati per spegnere il seme vandeano, spiccarono gli annegamenti in massa nel fiume Loira e i rastrellamenti da parte di grandi colonne armate, le cosiddette “colonne infernali”, al comando di generali come Westermann, Kléber, Turreau e Hoche, che attraversavano il territorio da spopolare uccidendo qualsiasi essere vivente incontrassero. Alla fine, in nome della “liberté, egalité, fraternité”, più di trecentomila vandeani saranno stati massacrati. Nulla descrive meglio l’orrore di questo genocidio che il messaggio del generale Westermann al Comitato di salute pubblica di Parigi, il 23 dicembre 1793, in seguito alla battaglia di Savenay: «Cittadini repubblicani, non c’è più nessuna Vandea! È morta sotto la nostra sciabola libera, con le sue donne e i suoi bambini. L’abbiamo appena sepolta nelle paludi e nei boschi di Savenay. Secondo gli ordini che mi avete dato, ho schiacciato i bambini sotto gli zoccoli dei cavalli, e massacrato le donne che non partoriranno più briganti. Non ho un solo prigioniero da rimproverarmi. Li ho sterminati tutti... le strade sono seminate di cadaveri. Le fucilazioni continuano incessantemente».

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