FEDE E CULTURA
Il Santo della gioia!
dal Numero 19 del 11 maggio 2014
di Fabio Trevisan

Ecco i saggi e allegri insegnamenti del Santo romano, amante di Dio e dei giovani da salvare dalla tristezza di una vita peccaminosa.

«Il volersi dare all’orazione senza la mortificazione è come se un uccello avesse voluto incominciar a volare prima di metter le penne».
Ai suoi detti memorabili, spesso sarcastici, appartiene questa riflessione sopra citata di san Filippo Neri (1515-1595), maestro di umorismo ed umiltà cristiana.
“Il secondo apostolo di Roma”, come venne giustamente apostrofato il Santo fondatore dell’Oratorio, che si trasferì, giovane, da Firenze a Roma, riuscì ad unire gruppi di cosiddetti “ragazzi di strada” preparandoli alla Religione cristiana, facendoli cantare e giocare con l’attenzione a non commettere peccati, com’egli raccomandava («Figliuoli, state allegri, state allegri. Voglio che non facciate peccati, ma che siate allegri»).
Il “Santo della gioia” desiderava ardentemente che i ragazzi potessero assaporare la letizia dell’essere cristiani, soprattutto attraverso la Confessione dei peccati, allontanando le inquietudini, i falsi timori («Non voglio scrupoli, non voglio malinconie. Scrupoli e malinconie, lontani da casa mia»). Questo straordinario «giullare di Dio» stava molto tempo in confessionale, in cui, oltre ad assolvere i peccatori, faceva da direttore spirituale per le anime in pena. Voleva che il penitente imparasse sorridendo a pregare ed a confidare in Dio («L’uomo che non fa orazione è un animale senza ragione»). Per imparare a riconoscersi peccatore ed acquistare il dono dell’umiltà, indispensabile alla perfezione della vita cristiana, san Filippo Neri riteneva necessarie quattro cose: spernere mundum, spernere seipsum, spernere se sperni: cioè disprezzare il mondo, non disprezzare alcuno, disprezzare se stesso, non far conto d’essere disprezzato.
Mortificazione ed orazione costituivano le fonti dell’autentica conversione a Cristo ma accolte con uno spirito umoristico e non con tristezza, da cui il celebre suo motto: «State bboni se potete».
Santo dell’umiltà e della benevolenza, san Filippo Neri talvolta si impazientiva ma subito si ravvedeva e trasformava questo moto iniziale di collera in una promessa di grazia: «Te possi morì ammazzato... ppe’ la fede». Restio a prender la penna in mano (non fu certamente uno scrittore) oltre che ad essere reticente a parlare di se stesso, stigmatizzava la vanagloria e sollecitava tutti all’obbedienza («L’obbedienza è il vero olocausto che si sacrifica a Dio sull’altare del nostro cuore, e bisogna sforzarci d’obbedire anche nelle cose piccole, e che paiono di niun momento, poiché in questo modo la persona si rende facile ad essere obbediente nelle cose maggiori»).
Secondo una tradizione popolare, nel giorno di Pentecoste del 1544, mentre stava in preghiera presso le catacombe di San Sebastiano, a san Filippo Neri capitò di ricevere nel suo cuore un’effusione di Spirito Santo che gli dilatò il cuore e le costole (questa particolare condizione fisica fu attestata scientificamente dopo la sua morte). Amava così predicare, additando a tutti la meta finale del Cielo: «Non è tempo di dormire, perché il Paradiso non è fatto per i poltroni... scherzate finché volete, ma non fate peccato!».

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