È complicato il procedimento per conoscere il Giorno della Pasqua cristiana. Ma si può conoscere in anticipo questo Giorno per ogni anno? Karl Friedrich Gauss, noto matematico, ha trovato la formula per conoscerne con esattezza la data!
Nell’esistenza degli esseri viventi, dagli animali agli uomini, c’è qualcosa di sublime e qualcosa di tragico: la vita, il meraviglioso fenomeno che rende la terra unica nell’universo (conosciuto) e la morte, lo sconcertante fenomeno che pare l’antitesi di ogni razionalità.
Se nel mondo animale la morte si presenta come un evento naturale che stabilisce un equilibrio tra la riproduzione e la capacità di trovare cibo nel sistema ecologico (nessuno si meraviglia più di tanto dello sterminio che subiscono i moscerini, le cavallette o le aringhe, ecc.), nell’uomo essa appare come qualcosa di ingiusto, di contraddittorio, di sconvolgente, di innaturale perfino. Essa mette termine alle aspirazioni, ai sogni, ai desideri umani e lo fa con un’autorità e una irrevocabilità che ci sgomenta. La morte, quando arriva, ha il passo pesante e ci separa dagli affetti, dagli attaccamenti, da tutte le cose che abbiamo costruito o che credevamo fossero nostre, ci strappa perfino dal nostro corpo e ci consegna, nudi, al cospetto di Dio. «L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte», dice san Paolo (1Cor 15,26). Se ci si aggira nei cimiteri e fra le tombe siano esse grandi e sontuose come monumenti funerari, oppure semplici e spogli ceppi appena visibili nella terra, non sfugge un dato unificante, un minimo comun denominatore: “nato il...”, “morto il...”. È così per tutti, giovani o vecchi, ricchi o poveri, famosi o sconosciuti. Siamo dei segmenti di tempo perduti nel fiume dell’Eternità. No, l’uomo non accetta facilmente la morte, l’uomo non è fatto per la morte ma per la Vita eterna. Siamo stati creati a Sua «immagine e somiglianza» (Gen 1,26) e in noi alberga un seme di incorruttibilità. Siamo esseri eterni prigionieri in un corpo mortale che si sottomette malvolentieri e contro voglia all’umiliazione della morte.
Ma chi è Colui che può annientare la morte? Chi è il Liberatore? Chi l’unico Vittorioso contro la Nera Signora? Ci risponde sempre l’Apostolo delle genti: «Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» (1Cor 15,20). È chiaro, è certo, è sicuro, verrà un tempo in cui i sepolcri si apriranno, la terra germoglierà uomini, il mare restituirà i corpi che tiene prigionieri e la Vita trionferà sulla morte.
«Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza, si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale» (1Cor 15,42ss). Ecco che sotto questa luce la Pasqua acquista un volto nuovo ed inusitato: non è solo la festa della Risurrezione di Gesù, la Vittoria del Bene sul male, l’inizio del Regno di Dio che si riprende ciò che era suo, ma è anche la nostra festa, la nostra speranza e – in un certo senso – la nostra Vittoria contro un destino ineluttabile. In Cristo tutta l’umanità risorge. Che abisso, che differenza profonda che c’è tra noi cristiani, cattolici e il popolo ebreo che ancora aspetta il Messia! C’è proprio di mezzo una questione semantica, di significato: la Pesach significa “passare oltre”, “tralasciare”, e proviene dal racconto biblico della decima piaga di Egitto. L’Angelo Sterminatore, in virtù del sangue dell’agnello sacrificale deposto sulle porte delle case di Israele, “passò oltre”, colpendo solo i primogeniti degli egiziani (cf. Es, 12,21ss). A Mosè fu detto: «Voi osserverete questo comando come un rito fissato per te e per i tuoi figli per sempre [...] Allora i vostri figli vi chiederanno: “Che significa questo atto di culto?”. Voi direte loro: “È il sacrificio della pasqua per il Signore, il quale è passato oltre le case degli Israeliti in Egitto, quando colpì l’Egitto e salvò le nostre case”. Il popolo si inginocchiò e si prostrò» (Es 12,23ss). La Pasqua cristiana invece è simbolica del passaggio dalla morte alla vita per i meriti di Nostro Signore Gesù Cristo che con la sua Passione e Morte ci ha riscattati dalle mani del nemico «a caro prezzo», dice san Paolo; «e infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, ma con azzimi di sincerità e verità» (1Cor 5,7ss).
La conseguenza più prossima ed immediata di tale “dicotomia”, della diversità di senso attribuita all’evento, è che la data in cui si festeggia la Pasqua nel mondo cristiano ed in quello ebraico è sostanzialmente diversa. Da una nota enciclopedia telematica si legge quanto segue.
«La Pasqua ebraica e la Pasqua cristiana seguono regole di calcolo differenti e quindi non cadono sempre nello stesso periodo. All’interno del Cristianesimo poi vi sono due regole differenti a seconda che si usi il calendario gregoriano (cattolici e protestanti) o quello giuliano (ortodossi). Queste due regole in alcuni anni danno la stessa data (e quindi tutti i cristiani festeggiano la Pasqua nello stesso giorno), in altri anni date differenti.
La Pasqua ebraica è fissata al giorno 14 del mese di Nisan del calendario ebraico, come prescrive la Bibbia: “E dovete osservare la festa dei pani non lievitati (Matzot) [...] Per sette giorni [...] dovete mangiare pani non fermentati” (Es 12;17-20). “E il primo mese, il quattordicesimo giorno del mese, sarà la Pasqua del Signore” (Nm 28,16).
Il 14 del mese di Nisan dovrebbe corrispondere sempre al plenilunio successivo all’equinozio di primavera (21 marzo); ma poiché l’anno ebraico medio è di circa 6 minuti e mezzo più lungo rispetto all’anno tropico, nel corso dei secoli si sono accumulati alcuni giorni di ritardo. Attualmente quindi la Pasqua ebraica cade sempre tra il 26 marzo (nel XXI secolo avverrà nel 2013 e nel 2089) e il 25 aprile (nel 2043 e 2062); questo intervallo di date però si sposta lentamente sempre più in avanti (circa 1 giorno ogni due secoli). Inoltre per la regola del calendario ebraico secondo cui l’anno può iniziare solo di lunedì, martedì, giovedì o sabato, se la luna nuova cade in uno dei giorni vietati il capodanno si sposta al giorno successivo, corrispondentemente per la Pasqua».
Si potrebbe pensare che, in casa nostra, le cose siano più semplici ma non è così: il calcolo della data in cui celebrare la Pasqua è molto complesso, essendo legato a motivi astronomici, all’inizio della Primavera ed alle lunazioni ed ha stimolato, attratto, l’attenzione anche di illustri matematici ed astronomi nel corso della storia. Il più grande matematico di tutti i tempi e cioè Karl Friedrich Gauss, nel 1816, è riuscito a trovare una formula matematica (per meglio dire un algoritmo, un procedimento matematico) che fornisce la data con esattezza per almeno mezzo millennio.
Perché tutta questa complicazione? Il motivo risiede nel fatto che la regola che fissa la data fu stabilita nel 325 dal Concilio di Nicea in questi termini: «La Pasqua cade la domenica successiva alla prima luna piena successiva all’equinozio di primavera [cioè il 21 marzo di ogni anno]». Ora poiché l’osservazione diretta della luna piena può dar luogo ad errori perché dipende da valutazioni soggettive, dal maltempo, ecc., ci vuole un “metodo” oggettivo, preciso, in grado di predire per molti anni quando sarà Pasqua. In effetti la tradizione della Chiesa vuole che la data venga annunciata ai fedeli dal sacerdote celebrante durante i riti della festività dell’Epifania (6 gennaio). Ma quando cade la Pasqua – per esempio – del 2050? Non è facile stabilirlo perché c’è di mezzo il ciclo lunare che non si accorda con quello solare.
La Risurrezione di Gesù è stato un evento troppo importante e fondante per la nostra Fede al punto tale che se non si fosse verificato, vano sarebbe il nostro credere: «Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dai morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede» (1Cor 15,12).
Infatti il miracolo supremo di riprendersi la Vita dopo che gli era stata violentemente e ingiustamente tolta conferma tutta la predicazione di Nostro Signore riferita nei Vangeli e sostanzia di verità tutte le profezie dell’Antico Testamento: Gesù è il Messia ed il Giorno della Risurrezione lo accredita come Dio fatto Uomo. Ma anche il giorno della nostra risurrezione non sarà meno straordinario e portentoso – scientificamente parlando – di quello vissuto 1981 anni fa in Gerusalemme. L’Onnipotenza e l’Onniscienza di Dio si dispiegheranno in tutta la loro suprema forza quando dalla polvere del suolo, dalle acque dei mari, dai venti vorticosi, gli atomi impazziti dei nostri corpi mortali dispersi e turbinanti nei mille rivoli della Storia, saranno ritrovati, uno ad uno riuniti insieme, risaldati infallibilmente e noi riavremo un corpo incorruttibile pronto per la Vita Eterna!
L’Immacolata che ha sussultato di gioia nascosta ed ineffabile quando ha scorto Gesù levarsi glorioso dal sepolcro gioirà anche per noi, ci stringerà al seno come una dolcissima Madre, e quella sarà, per noi, la vera nascita.