Il sudario che ha avvolto le spoglie mortali del Redentore e che è stato testimone della sua Risurrezione è stato definito il “quinto vangelo” in forma tangibile, e noi cristiani, mettendoci davanti a questo sacro lino, possiamo meditare i dolori di Nostro Signore Gesù Cristo.

La sacra Sindone è la reliquia più santa, straordinaria e contemplata di tutta la storia della salvezza. Il sudario che ha avvolto le spoglie mortali del Redentore e che è stato testimone della sua Risurrezione è stato definito il “quinto vangelo” in forma tangibile, e noi cristiani, mettendoci davanti a questo sacro lino, possiamo meditare i dolori di Nostro Signore Gesù Cristo e quasi toccarli con mano. Nostro Signore, nel Vangelo di san Matteo afferma: «Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l’udirono!» (Mt 13,16). In verità, chi ha potuto vedere e toccare Nostro Signore Gesù Cristo è stato beato, graziato e spesso guarito nel corpo e nell’anima. Chi guardava Lui vedeva anche il Padre che è nei Cieli: «Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre”» (Gv 14,8). Dunque, il privilegio che non era stato dato neanche a Mosè – «Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo» (Es 33,20) –, è stato accordato agli Apostoli, ai discepoli e a tutto il popolo eletto nel “tempo compiuto” in cui il Figlio di Dio si è incarnato e si è offerto come Vittima di espiazione dei nostri peccati. «Il solo che possiede l’immortalità, che abita una luce inaccessibile; che nessuno fra gli uomini ha mai visto né può vedere» (1Tm 6,16) è diventato, attraverso Gesù, il “Dio-con-noi”, l’Emmanuele, il Redentore visibile e tangibile profetizzato e atteso per millenni. Tra coloro che hanno visto e ascoltato il Signore vi era una donna che «alzò la voce di mezzo alla folla e disse: “Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!”. Ma egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!”» (Lc 11,27).
Nell’Udienza generale del 16 gennaio 2013, Papa Benedetto XVI ha proposto una meditazione sul mistero del volto di Dio. Tutti i Profeti dell’Antico Testamento ne hanno parlato. Tuttavia, nella storia d’Israele, a questo proposito c’è veramente un mistero. Da una parte, è costantemente presente il desiderio di conoscere questo volto, il desiderio di vedere Dio come è, tanto che il termine ebraico pnîm, che significa “volto”, vi ricorre ben 400 volte, e 100 di queste sono riferite a Dio: 100 volte ci si riferisce a Dio, si vuol vedere il volto di Dio. Ma d’altro canto la religione ebraica proibisce del tutto le immagini, perché Dio non si può rappresentare, come invece facevano i popoli vicini con l’adorazione degli idoli.
Vedere il volto misterioso di Dio nell’Antico Testamento è propriamente impossibile. Questo mistero si risolve solo nella Persona di Gesù Cristo, come leggiamo nel Vangelo di Giovanni: «Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (Gv 1,18). Qui emerge la novità rispetto all’Antico Testamento: ora Dio si può vedere, Dio ha manifestato il suo volto, è visibile in Gesù Cristo.
Attraverso la sacra Sindone possiamo vedere un’immagine chiarissima e addirittura tridimensionale del volto di Gesù. Ma Gesù è morto e il suo viso è sfigurato dai tormenti patiti durante la Passione: «Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire» (Is 53,2). Inoltre, la Sindone è un’immagine a negativo che è rimasta quasi indecifrata per circa 2.000 anni. Il Signore però ha impresso le fattezze del suo volto sul lino della Veronica durante la salita al monte Calvario. Dopo varie traversie che si perdono nelle trame della storia spesso intessute di leggenda, esso è approdato nella cittadina di Manoppello (in provincia di Pescara), conservato nella Basilica del Volto Santo. Questa reliquia è composta da un velo tenue, rappresentante l’immagine di un volto maschile con capelli lunghi e barba divisa a bande, ritenuto essere proprio quello di Cristo. Giunse a Manoppello nel 1506, portato da uno sconosciuto pellegrino, scomparso senza lasciare traccia subito dopo aver consegnato il velo al medico Giacomo Antonio Leonelli. La sua famiglia lo conservò fintanto che Marzia Leonelli lo vendette a Donato Antonio de Fabritiis. Questi si recò nel 1638 dai Padri Cappuccini che inserirono la reliquia nella loro chiesa. Dal 1703 la festa della Trasfigurazione del Signore incominciò a essere la festa anche del Volto santo.
Solo in anni recenti sono stati condotti studi approfonditi sul telo che presenta caratteristiche di colorazione e trasparenza non spiegabili scientificamente. Il gesuita Heinrich Pfeiffer, docente di Iconologia e Storia dell’Arte Cristiana alla Pontificia Università Gregoriana, dopo tredici anni di studi è convinto si tratti del sudario poggiato sul volto di Cristo dopo essere stato posto nel sepolcro e di cui si parla nel Vangelo di san Giovanni: «Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte» (Gv 20,6-7). Però, il dato oggettivo che questa icona non è quella di un uomo morto ma di un uomo vivo e che non appare “a negativo” fotografico (come la Sindone) ma a positivo, fa propendere gli studiosi verso la possibilità di identificazione con il velo della Veronica. Questo, esposto nell’antica Basilica di San Pietro in Vaticano già nell’Anno santo del 1300, tanto che lo stesso Dante ne parla nel canto XXXI del Paradiso (vv. 103-111) e Petrarca nel sonetto XVI del Canzoniere, si trovava in una cappella, abbattuta nel 1608, circostanza in cui fu rubato rompendo il vetro del reliquiario.
Il 1º settembre 2006, Papa Benedetto XVI si è recato in visita privata a Manoppello per venerare la reliquia, senza peraltro pronunciarsi sul fatto che il Volto potesse essere o meno un’immagine acheropita e che potesse essere identificata con l’immagine rimasta impressa sul velo con cui la Veronica asciugò il viso di Gesù. Dopo tale visita, Papa Benedetto XVI ha elevato il santuario a basilica minore.
L’immagine, secondo la tradizione, sarebbe “acheropita”, cioè “non disegnata o dipinta da mano umana” e ha la caratteristica particolare di essere ben visibile da ambedue le parti, come, con elaborate tecniche fotografiche di ingrandimento digitale, è possibile constatare. Secondo il professor Donato Vittore dell’Università di Bari, che ha eseguito nel 1997 un esame con i raggi ultravioletti, da questa prova risulta che le fibre del velo non presentano nessun tipo di colore, il che collima con la tradizione che afferma che questa reliquia non è né dipinta né intessuta con fibre colorate. Il sacerdote Enrico Sammarco e suor Blandina Paschalis Schlömer (monaca trappista che vive da eremita in una casa sulla collina che domina la basilica di Manoppello), hanno effettuato alcune indagini sul telo dalle quali emergerebbe che le dimensioni del volto presente sulla Sindone di Torino sono le stesse del Volto santo di Manoppello. Risulterebbe inoltre che il volto della Sindone di Torino e quello che appare nel velo di Manoppello siano sovrapponibili, con l’unica differenza che nella reliquia di Manoppello la bocca e gli occhi sono aperti.
Nel primo Libro della grazia speciale, la giovane santa Gertrude, che, in segreto, ha descritto le rivelazioni di santa Matilde (esattamente nel quarto capitolo), narra che a quest’ultima era apparso il volto di Cristo «splendente come mille soli». Santa Matilde si meravigliava del fatto che il suo viso assumeva le sembianze del sole, ma il Signore le dette la seguente bella spiegazione: «Il sole ha tre caratteristiche nelle quali mi rassomiglia; infatti, esso produce il caldo, i frutti e la luce. Come il sole riscalda, così tutti quelli che si avvicinano a me vengono infiammati nell’amore e, come la cera con il fuoco, così i loro cuori si sciolgono davanti alla mia presenza». Nel Legatus divinæ pietatis, la grande opera di santa Gertrude, si legge nel terzo libro, al capitolo V, sotto il titolo Dell’effetto degli sguardi di Dio: «Quassù risplende il Signore e il Suo sguardo, come raggi di sole, si volge alla sua anima con le parole: “Voglio fissare i miei occhi su di te”». Quindi la Santa spiega che lo sguardo di Dio nell’anima compie una triplice azione: il primo sguardo monda da tutte le macchie; il terzo sguardo fa sbocciare le virtù dell’anima, come il sole, sulla terra, fa germogliare vari tipi di frutti; il secondo sguardo dell’Amore di Dio, invece, intenerisce l’anima e la rende capace di accogliere i beni spirituali, come la cera che, sciolta dal sole, viene resa adatta ad imprimervi qualsiasi impronta. Nel settimo capitolo del secondo libro riprende la stessa immagine e scrive: «Come la cera ammorbidita dal fuoco viene preparata per imprimervi l’impronta, così l’anima era vicina al petto del Signore, e d’improvviso risplendette, come se fosse stata posta vicino a Lui».
Il Volto santo di Manoppello è un sacramentale. Contemplandolo, rimirandolo, fissando gli occhi dolcissimi di Nostro Signore che ci guarda, non solo ci immergiamo nel mistero della Redenzione, ma consentiamo allo Spirito Santo di forgiare l’anima nostra nel crogiolo dell’amore divino.