PASQUA
La Comunione? Almeno una volta all’anno!
dal Numero 15 del 20 aprile 2025
di Padre Maurizio M. Mazzieri
In cosa consiste il precetto pasquale e come adempierlo? Esso ci ricorda l’importanza della santa Comunione, in particolare quella di Pasqua, giorno centrale della liturgia cristiana.
La Chiesa, nella sua grande sapienza e guidata dallo Spirito Santo, invita i fedeli alla propria santificazione e per questo, oltre ai Comandamenti – che ci sono stati dati direttamente da Dio –, ha dato dei precetti ai quali siamo obbligati per rimanere uniti al Corpo mistico. Uno di questi precetti è quello che viene chiamato “precetto pasquale”, il quale obbliga ogni fedele a ricevere l’Eucaristia almeno una volta all’anno nel periodo di Pasqua. Il tempo pasquale, secondo la liturgia cattolica, va dalla Domenica di Pasqua alla Domenica di Pentecoste, ma può essere esteso in maniera diversa dai singoli ordinari diocesani. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 2041-2042) sottolinea che i precetti della Chiesa garantiscono il minimo necessario per la vita spirituale, e la Comunione pasquale è essenziale in quanto la Pasqua è il centro della liturgia cristiana. Questa prassi, adottata dalla Chiesa con il Concilio Lateranense IV, fonda le sue radici nella Sacra Scrittura e negli scritti dei Padri della Chiesa. Il Concilio del 1215 aveva infatti determinato che i fedeli si confessassero e si comunicassero almeno una volta l’anno, poiché si stava diffondendo nel popolo una certa rilassatezza nella vita spirituale lasciando posto alla mondanità. Con questo precetto la Chiesa incoraggia i fedeli a vivere con spirito di rinnovamento interiore e non soltanto secondo un mero obbligo formale, in quanto con il precetto pasquale si riflette il dovere del fedele di partecipare pienamente alla vita della Chiesa, essendo un’occasione per ravvivare la fede e vivere più intensamente il mistero della Risurrezione di Cristo. La necessità di ricevere il Corpo di Gesù si fonda sul Nuovo Testamento, in particolare con l’istituzione dell’Eucaristia: «Prendete e mangiate: questo è il mio corpo [...]. Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza» (Mt 26,26-28) e sul passo: «Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita» (Gv 6,53-54), dimostrando così come sia stato Gesù stesso a darci questo comando, in quanto la Comunione è un elemento essenziale per la nostra vita cristiana. La Chiesa ha sempre esortato i fedeli a ricevere frequentemente la Comunione per rimanere in grazia di Dio, denunciando coloro che la trascurano. Per questo, il Concilio Lateranense IV non apporta delle novità, ma ci mostra come questa prassi si sia consolidata all’interno della Chiesa sin dalla sua istituzione da parte di Cristo. Alla necessità di ricevere il Corpo di Cristo è legata anche la Confessione o sacramento della Penitenza, poiché non è possibile accostarsi all’Eucaristia se prima non ci si è purificati e riconciliati con Dio. Infatti, san Paolo ci avverte che «chi mangia il pane o beve il calice del Signore indegnamente, sarà colpevole del corpo e del sangue del Signore [...]. Ciascuno esamini sé stesso»(1Cor 11,27-29), invitando ogni cristiano ad una preparazione adeguata prima di ricevere l’Eucaristia, suggerendo la necessità di un esame di coscienza e, quindi, della Confessione. La purificazione era una pratica richiesta da Dio, e ritenuta necessaria per essere in comunione con Lui. Nell’Antico Testamento possiamo, infatti, trovare dei passi che ne attestano l’uso, come ad esempio: «In quel giorno si farà espiazione per voi, per purificarvi; sarete purificati da tutti i vostri peccati davanti al Signore» (Lv 16,30) oppure: «Ho confessato il mio peccato e non ho nascosto la mia colpa; ho detto: “Confesserò le mie colpe al Signore”ed Egli ha tolto il mio peccato» (Sal 32,5). Questa prassi, che come abbiamo visto risulta essere parte integrante della tradizione cattolica, è stata assunta dal Codice di Diritto canonico (n. 920) e stabilisce un obbligo minimo per ogni cattolico, il quale, una volta ricevuta la prima Comunione, deve comunicarsi almeno una volta all’anno. Indica come periodo preferenziale per l’adempimento di questo precetto il tempo pasquale, in conformità alla tradizione della Chiesa e al significato della Pasqua come fulcro della vita cristiana. Tuttavia, se ci sono ragioni valide (malattia, impedimenti gravi), il precetto può essere assolto in un altro periodo dell’anno, in accordo con il proprio parroco. Anche l’obbligo della Confessione è stato recepito dal Codice di Diritto canonico (n. 989), il quale ribadisce che «ogni fedele, giunto all’uso della ragione, ha l’obbligo di confessare fedelmente i propri peccati gravi almeno una volta all’anno». Il canone specifica che l’obbligo annuale riguarda solo i peccati mortali e non i peccati veniali, anche se si raccomanda la confessione frequente anche per i peccati veniali (cosa che invece era specificata nel vecchio codice del 1917). Alcune considerazioni finali possiamo trarle dal catechismo romano, nel quale si insegnava che, sebbene il precetto richieda la Comunione almeno una volta all’anno, la Chiesa raccomanda una frequenza maggiore per il nutrimento spirituale, seguendo l’esempio dei primi cristiani. In passato, era obbligatorio comunicarsi almeno tre volte all’anno (Natale, Pasqua, Pentecoste), ma il Concilio Lateranense IV aveva ridotto l’obbligo a una volta, vietando però l’accesso alla chiesa a chi non lo rispettava (questa norma è stata abolita con il Codice di Diritto canonico del 1983). Riassumendo, chi ha ricevuto la Comunione nel periodo pasquale ha soddisfatto il precetto e non è in peccato di disobbedienza, ma, in ogni caso, la Chiesa raccomanda vivamente ai fedeli di ricevere la santa Eucaristia la domenica e i giorni festivi, o ancora più frequentemente, tutti i giorni, poiché come diceva san Pio X: «La santa Comunione è la strada più breve e sicura per il Paradiso», è un antidoto per cui possiamo essere liberati dai difetti quotidiani ed essere preservati dai peccati mortali.
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