PASQUA
Al sepolcro con le pie donne
dal Numero 15 del 20 aprile 2025
di Suor Ostia del Cuore Immacolato
L’evento straordinario della Risurrezione risveglia la fede assopita delle pie donne. Questo fa comprendere il grande dono della fede e la necessità di liberarlo dal “masso” dei ragionamenti umani, affinché Cristo Risorto possa illuminare la nostra vita.
Seguiamo le donne che salgono la mattina presto verso il sepolcro. La loro preoccupazione è quella di quel grosso masso che chiude la porta e che solo la forza di uomini robusti può smuovere. «Chi ci rotolerà via il masso dall’ingresso del sepolcro?» (Mc 16,3). L’evangelista san Marco, solitamente molto sintetico, riporta questo particolare, per significare la preoccupazione delle donne, sole, senza alcun aiuto da parte degli Apostoli. Hanno gli aromi tra le loro mani e il passo è svelto, tutte concentrate nel voler portare a termine il rito della sepoltura nel modo più nobile possibile. Il loro amore per Gesù, se pur grande, è molto umano. Nel loro pensiero infatti non balena neanche per un istante la possibilità che Gesù possa essere risorto. Volevano ungere il corpo di Nostro Signore ma questo atto di riverenza era come un appagamento del loro dolore senza consolazione, senza quella comprensione che tanto a loro mancava: cercavano infatti un corpo senza vita, pur avendo conosciuto la vita. Scrive l’arcivescovo Fulton Sheen: «Non c’è affermazione più antistorica di quella che le pie donne si aspettavano che Cristo risuscitasse dai morti: la risurrezione era una cosa che non si erano mai aspettate». Gli Apostoli, da parte loro, guardando al Vangelo, fanno una figura ancora peggiore: non si muovono neanche per andare al sepolcro, imprigionati nel “sepolcro” della loro paura e del loro scoraggiamento. Dovrà essere l’angelo ad annunciare alle donne che Colui che cercano, «Gesù Nazareno, il Crocifisso» (Mc 16,6), è risorto. Risorto: non era più nel luogo di morte dove loro lo cercavano. Solo allora riescono a comprendere e subito eseguono il comando divino dell’angelo di diventare le prime annunciatrici dell’evento che ha cambiato la storia dell’uomo, evento della vittoria della morte e del peccato. Notiamo, però, come l’angelo abbia ricordato loro che quel Gesù che cercavano era lo stesso Gesù che aveva patito tutta la Passione ed era morto, appunto, crocifisso dagli uomini. Ecco che in questo racconto anche la nostra fede, come quella delle pie donne, ha bisogno di risvegliarsi, di non fermarsi in particolari che alla fine sono solo pensieri svianti e contrari a tutta quella realtà soprannaturale che ci sovrasta e ci spinge a cambiare. L’angelo invitò le donne a osservare il luogo dove Egli era stato deposto perché si rendessero veramente conto della loro limitata comprensione del mistero. Vediamo dunque come non sia facile credere nella Risurrezione, e l’intervento dell’angelo vuol farci capire quanto sia un dono dall’alto il dono della fede. Noi, spesso, ci fermiamo al grande “masso” dei nostri ragionamenti umani, contando tutto sulle nostre misere capacità. La sola persona che credette nella Risurrezione di Gesù era la Madre. Ella ebbe la fede per tutti noi, per tutta la Chiesa dei secoli. Non era infatti con le donne, quel giorno. Aveva già visto e abbracciato il Signore e ora pregava affinché la grazia della vittoria della morte toccasse i cuori di tutti, sebbene nessuno l’aspettasse. Anche oggi sono pochi – pure tra coloro che si professano cattolici – coloro che credono nella vittoria di Gesù sulla morte. I pochi credenti hanno dunque il compito di essere annunciatori come le pie donne, come i primi Apostoli, come i Santi di tutti i tempi. San Giuseppe da Copertino, il Santo dei voli, quando arrivava il giorno di Pasqua, dopo una Settima Santa in cui sembrava disfatto per il dolore, appariva un altro e diceva: “Contempla qui, anima mia, che dopo grandi travagli, tribolazioni, disonori e passioni, ne vengono grandi contenti, e chi patisce qualche cosa in questa vita per amor di Dio, nell’altra si trova preparato un premio grande”. Anche noi alziamo lo sguardo con gli angeli e i Santi, senza chiuderci “nel sepolcro” delle nostre sofferenze personali e guardiamo alla gloria che ci aspetta. Giubiliamo come san Giuseppe da Copertino... forse non potremo “prendere il volo” come lui, però la nostra anima può cantare come cantava lui: “Gesù mio risuscitato: deh perdona il mio peccato. Gesù mio, Gesù, Gesù, non vorrei peccare più. Gesù mio ti amerò, Alleluia canterò. Ecco è risuscitato il mio Signore, è uscito dalla tomba il Redentore, splende più del sole: inchinatevi intorno angeli e santi, e lodate voi con dolci canti!”.
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