PASQUA
La Risurrezione nella spiritualità francescana
dal Numero 15 del 20 aprile 2025
di Fra Marco M. Pio da Osimo
Il Dottore Serafico san Bonaventura e altri insigni Santi francescani ci aiutano a scoprire i tesori di grazia che Cristo ci ha acquistato con la sua Risurrezione, come la perfetta liberazione dell’uomo dal peccato e la gloria trasformatrice.
La Risurrezione del Signore Nostro Gesù Cristo è l’evento culmine della salvezza da Lui operata per salvarci «dalle tenebre e dall’ombra della morte» (Lc 1,79). Così i Francescani vi hanno scrutato meravigliose verità, che ci aiutano ad accrescere la nostra fede per meglio vivere tale evento straordinario. Anzitutto, notiamo con san Bonaventura che Cristo ebbe tre privilegi spirituali sopra tutti gli altri utili a noi. Per primo, il primato dell’insolita novità della Risurrezione stessa: «Perché in questo modo il Signore Gesù Cristo fu il primogenito dei morti, che vinto l’impero della morte, è stato cinto della corona d’una nuova incorruttibilità. Chi infatti avrebbe dovuto per primo vincere la tristezza antica della morte e dare inizio alla nostra perpetua letizia, se non Colui che aveva la chiave per aprire l’accesso all’eternità?». Per secondo, la dimostrazione del proprio potere: infatti non per comando di altri, ma per virtù propria Egli risuscitò dal sepolcro. Per terzo, «ci è modello della nostra risurrezione», cioè della nostra sorte la quale – specifica il Santo – «è da desiderare» non solo in virtù della gioia che proveremo nel Paradiso, ma pure per il merito della salvezza ottenuta «perfettamente» da Cristo per mezzo della sua Passione, ossia «la perfetta liberazione dell’uomo prigioniero» del peccato. «Infatti Cristo [...] lo salvò dall’offesa di ogni colpa mediante l’effusione della grazia giustificante; poi lo salvò dall’obbligo della pena sopportando la morte satisfattoria; in terzo luogo lo liberò completamente nella generale risurrezione dalla sventura e dalla miseria corporale conferendogli la gloria trasformatrice». E fece tutto ciò a causa dell’eccesso di amore che Egli porta alle creature; a questa considerazione il Santo aggiunge: «Certamente, se il torrente di tanta dolcezza irriga le anime cristiane, esse non dovrebbero dare luogo all’ingratitudine, bensì con profonda devozione e amore dovrebbero rendergli di continuo molte grazie». Poco avanti spiega in cosa consiste la gloria trasformatrice: «Se ne parla nella lettera ai Filippesi: “Aspettiamo come salvatore il Signore nostro Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso”. Chi infatti vuole che il corpo si conformi allo splendore del corpo di Cristo nella patria, deve prima, durante questa vita, sull’esempio di Cristo mortificare il suo corpo con digiuni e umiliarlo con castighi e anche sottometterlo a umili servizi; perché nella gloria sorgerà tanto più conforme allo splendore di Cristo, quanto più nella vita sarà stato umile per amore suo». San Giuseppe da Leonessa, con un’analogia, riporta questa trasformazione come espressione del terremoto avvenuto realmente alla Risurrezione di Nostro Signore e che oggi accade pure nell’anima nostra secondo quattro movimenti: del corpo esterno alla risurrezione della vita; con la conversione, perché «i cuori degli uomini sono spinti alla penitenza dalla fede nella passione e resurrezione di Cristo»; «di cambiamento, perché quelli che erano alla destra del Giudeo (Cristo), sono stati posti alla sinistra. E i gentili, dalla sinistra, sono stati trasferiti alla destra di Dio»; «di trasformazione, poiché l’amore di Cristo che risorge elevò i cuori umani al cielo, in basso trasformò la terra in cielo. [...] Pertanto, dice l’Apostolo: “Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù non quelle della terra [...]. Voi infatti siete morti alla carne, al mondo e ai vizi”. Come, infatti, i morti non conoscono le cose terrene così nemmeno noi dobbiamo conoscerle». Viene a completare il quadro san Bonaventura, il quale mostra che la Risurrezione portò alla giusta distruzione del dominio diabolico, «sia perché dolosamente e astutamente aveva usurpato il potere del primo uomo, sia perché ingiustamente ed empiamente aveva istigato la morte di Cristo innocente, sia perché nella sua equità la giustizia divina non poteva sopportare lo sconvolgimento di tutto l’universo». Tutto ciò che è stato detto fin qui è stato vissuto in primis da san Francesco d’Assisi, come afferma san Lorenzo da Brindisi: «Cristo vinse il diavolo, il mondo e la carne e li vinse anche Francesco, per la grazia di Dio. E come avvenne in Cristo, che fino alla morte fu umilissimo ma dopo la morte gloriosissimo, e colui che prima era da tutti disprezzato poi fu da tutti venerato, così avvenne in Francesco: fino alla morte nel mondo fu umilissimo e disprezzatissimo, dopo la morte fu gloriosissimo, è onorato da tutto il mondo [...] è venerato, è glorificato». San Bonaventura, nella Leggenda Maggiore, asserisce di san Francesco: «Quella sua anima santa, entrando nella casa dell’eternità e resa gloriosa dall’attingere in pienezza alla fonte della vita, aveva lasciato ben chiari nel corpo alcuni segni della gloria futura: quella carne santissima che, crocifissa insieme con i suoi vizi, già si era trasformata in nuova creatura, mostrava agli occhi di tutti, per un privilegio singolare, l’effigie della passione di Cristo e, mediante un miracolo mai visto, anticipava l’immagine della risurrezione». Alla Scuola francescana essa trova allora compiutezza nell’esclamazione di san Francesco d’Assisi: «Dio mio e mio tutto!»; tutto come Gesù.
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