SPIRITUALITÀ
La sapienza di san Bonaventura trascende i secoli
dal Numero 28 del 14 luglio 2024
di Suor Ostia del Cuore Immacolato

San Bonaventura, di cui quest’anno ricorrono 750 anni dalla morte, definito «principe della teologia mistica», fu profeta dell’attuale scissione tra filosofia e teologia e della demolizione di quest’ultima. Come rimediare? Tornare a Cristo Crocifisso attraverso l’intercessione dell’Immacolata.

È possibile che dopo 750 anni dalla morte, un santo sia ancora “vivo” e sempre pronto a intercedere per noi? Sì è possibile, eccome! Tanto più se si tratta di un gigante come san Bonaventura da Bagnoregio.

Ma chi è san Bonaventura? Non si tratta qui di riportare la biografia di un’esistenza tutta donata per la Chiesa e neanche di elencare i numerosi e vertiginosi scritti teologici e mistici: non basterebbero le pagine! Lo ricordiamo come il secondo Fondatore dell’Ordine Francescano in unione e continuazione di san Francesco; come il grande Dottore di teologia, professore, scrittore, educatore, mistico, cardinale e profeta dei nostri tempi. La poliedricità degli aspetti mostra una sorta di diamante che attraversa i secoli e illumina la storia fino a oggi. Soprattutto vogliamo ricordare san Bonaventura come un “costruttore della Chiesa”, un folle innamorato di Dio Uno e Trino e della Madonna. In una sintesi che ingloba tutti gli aspetti citati, possiamo definirlo come un raro “amante della sapienza”. E la sapienza, secondo san Bonaventura (ma anche secondo san Tommaso), la sapienza umana è «come una partecipazione della sapienza divina, che è Dio stesso». «Se la sapienza è essenzialmente amore, essa è pure conoscenza, perché all’amore è congiunta la conoscenza ed essa è conoscenza suprema, perché penetra l’intimità stessa del reale nell’unità dell’amore».

Il contesto storico medioevale lo pone accanto a san Tommaso d’Aquino e possiamo ben dire che lo Spirito Santo ha ispirato due genialità, temporalmente vicine, quasi a fondamento del pensiero, della ricerca, ma di quella ricerca e di quel pensiero che hanno sempre come meta e fine ultimo la Sapienza divina, manifestata nel Verbo Incarnato, quale unico centro di pensiero e amore dei due grandi Dottori medioevali. Con l’espressione «Luce intellettual, piena d’amore», Dante Alighieri unificava in modo poetico la sintesi tra intelletto e amore in Dio, ben riferendosi alle due correnti di pensiero che con san Tommaso e san Bonaventura avrebbero poi percorso i secoli rappresentando una conoscenza-contemplazione cherubica per i domenicani e serafica per i francescani. Nell’espressione dantesca, però, troviamo un “di più” che sorpassa la conoscenza intellettuale con l’amore, laddove l’intelletto da speculativo si trascende nel pratico, nell’esperienza personale. La carità dilata quindi ogni conoscenza poiché, come insegna il Dottore Serafico la «conoscenza della fede è al di sopra della ragione e ciò che è al di sopra della ragione non può essere conosciuto per mezzo delle creature». San Bonaventura visse la sua teologia sperimentandola in un incendio d’amore che conosceremo solo in Paradiso: tutto il suo pensiero, la volontà e la tensione d’amore lo immergeva nella contemplazione del Verbo Incarnato. Da qui, l’uomo-Dio «è il medio metafisico che riconduce (a Dio) e questa è tutta la nostra metafisica: l’emanazione, l’esemplarità, la consumazione, cioè venire illuminati dai raggi spirituali ed essere ricondotti al sommo».

Bella è anche la coincidenza che proprio in quest’anno ricorre l’800° anniversario delle stigmate di san Francesco, poiché quest’evento non fu solo cantato, scritto e raccontato da san Bonaventura, ma fu vissuto personalmente se pur in modo diverso da quello del Poverello. Quando il Dottore Serafico si ritirò dalla cattedra universitaria, volle recarsi sulla “cattedra” del monte La Verna, per rivivere e sperimentare lo stesso incendio che trasfigurò anche fisicamente san Francesco. Il “principe della mistica”, non ebbe il dono esterno delle stigmate, ma basta leggere le sue opere spirituali e mistiche per capire come la sua stigmatizzazione sia stata tutta interiore e forse nascosta dalla sua stessa “personalità” ormai pubblica. Le cariche ecclesiastiche e i riconoscimenti onorifici per il suo ingegno potrebbero infatti apparire come un qualcosa che contrasta con lo spirito francescano umile e semplice. Invece, possiamo vedere in lui il “doppio miracolo” di rimanere in umiltà e semplicità nonostante queste apparenze umane, tanto utili per la costruzione dell’Ordine e della Chiesa del suo tempo.

Ma san Bonaventura parla ancora poiché, come ben intuì papa Benedetto XVI studiandolo da vicino, il Dottore Serafico è «profeta della fine della teologia razionale e di un nudo fideismo». Noi viviamo oggi ciò che san Bonaventura denunciò nel Medioevo e che neanche san Tommaso riuscì a capire. Profetizzò, infatti, che «la fine della teologia razionale è prossima», per quella scissione della filosofia dal suo compito di ancilla alla teologia, diventando (come nei secoli è poi diventata), sua antagonista e poi demolitrice. Da genio, da santo e profeta, il Dottore Serafico aveva già previsto questa scissione, la predilezione degli uomini per l’“albero della conoscenza del bene e del male” a scapito dell’“albero della vita”, il Cristo Crocifisso. Ci sono voluti secoli perché questo processo si verificasse nella sua storicità più reale, ma il dramma del nostro tempo è l’aver estirpato l’albero della vita per abbracciare quello della sola conoscenza empirica, quale conquista che renderebbe finalmente libero l’uomo da supposti schemi e imposizioni, e questa “evoluzione” permea perfino la teologia novella e il pensiero comune. L’apostasia è il culmine di questa tragedia; l’unica soluzione del dramma è quella di tornare all’albero della vita, al Cristo Crocifisso.

Preghiamo san Bonaventura che ci aiuti a percorrere questo itinerario di ritorno, attraverso l’intercessione della Vergine Santissima da lui tanto amata. «Tutto il popolo cristiano viene prodotto nel seno della Vergine gloriosa» e tutti coloro che intuiscono questo segreto di santità «vengono condotti per mano dalla Madonna che è poverissima, umilissima, integerrima. Essa infatti li precede e spiana la via finché non li avrà condotti nella terra promessa».

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