The Mystery Man: una mostra suggestiva che ha fatto toccare con mano al visitatore la realtà dell’Uomo della Sindone.
Il fascino della Sindone supera i confini del tempo e dello spazio. In qualsiasi luogo del mondo se ne parli, da sempre tutti restano conquistati da quell’immagine ieratica che appare soffusa su un antico lino. Chi è l’Uomo della Sindone? Perché il suo cadavere martoriato non è rimasto a putrefarsi nel lenzuolo che lo avvolgeva? Come ha potuto, questo corpo, imprimere nella stoffa la sua immagine serena, pur nello strazio delle torture subite?
È in questo mistero che ci si è immersi grazie alla mostra The Mystery Man allestita a Chioggia (VE) nei mesi scorsi e conclusasi all’inizio di gennaio. Il percorso in sei sale era molto suggestivo.
La prima sala introduceva il visitatore nel dramma della Passione di Cristo. Trenta autentiche monete romane dell’epoca di Gesù richiamavano quelle del tradimento di Giuda. È stato possibile vedere la ricostruzione del flagello romano, della corona di spine, della croce e pure del titulus crucis, la tavoletta sulla quale erano riportati il nome del colpevole da giustiziare e la causa della sua condanna.
Sono state esposte alcune punte di lance romane provenienti da scavi archeologici e suggestiva era la ricostruzione del sepolcro di Cristo.
Gli studi storici, scientifici e forensi che hanno interessato il Sacro Lino hanno accompagnato il visitatore nelle sale seguenti, senza trascurare alcun aspetto delle ricerche.
Grandi pannelli luminosi hanno parlato di
Geoffroy de Charny, il cavaliere crociato che possedeva la Sindone a metà del 1300, di Secondo Pia, il primo ad aver fotografato la Sindone nel 1898, di Pierre Barbet e i suoi primi studi forensi svolti negli anni ’30 dello scorso secolo.
Nella mostra ampio spazio è stato dato all’iconografia di Cristo – soprattutto a quella del IV secolo in poi –, sottolineandone la somiglianza con il volto sindonico. Il IV secolo è l’epoca della riscoperta, in una nicchia delle mura di Edessa (oggi Urfa, nel sud-est della Turchia), di un panno con l’impronta acheropita, cioè “non fatta da mano umana”, del volto di Gesù.
Nella mostra vengono anche presentati gli studi scientifici degli scienziati americani dello STURP (Shroud of Turin Research Project) che nel 1978 hanno esaminato la Sindone. Sono magnifiche le loro elaborazioni tridimensionali, peculiarità unica dell’immagine sindonica.
L’ingiallimento del tessuto nella zona dell’immagine è estremamente sottile, non ha tracce di pigmenti, è un’ossidazione inspiegabile che solo una fortissima luce può aver provocato, ma la presenza del cadavere è testimoniata dal sangue che macchia la stoffa in più punti.
Le microtracce trovate dalle analisi al microscopio sono estremamente significative. Sono stati identificati: pollini di piante che crescono in Palestina; aloe e mirra, le due sostanze profumate che sono menzionate nel Vangelo (cf Gv 19,39) per la sepoltura di Gesù; aragonite identica a quella delle grotte di Gerusalemme; terriccio alle ginocchia e alla punta del naso.
In un monitor si vede il momento del taglio del campione di Sindone che fu prelevato nel 1988 per la datazione radiocarbonica, il cui risultato medievale (1260-1390 d.C.) è stato definitivamente smentito nel 2019 – per mancanza di omogeneità dei dati elaborati – con una pubblicazione su
Archaeometry, rivista scientifica dell’Università di Oxford. La fallimentare datazione viene contrapposta alla miniatura di ispirazione sindonica del Codice Pray, risalente al 1192-1195, data antecedente a quella fornita dal test radiocarbonico. La Sindone dunque certamente già esisteva.
Ritornando alla mostra di Chioggia vogliamo inoltre segnalare come in un altro grande pannello luminoso si alternavano il positivo e il negativo di una gigantografia della Sindone. I segni della flagellazione sono stati evidenziati in due ulteriori pannelli, dove le due immagini, frontale e dorsale, erano poste in verticale.
Un’esperienza immersiva attendeva poi il visitatore nella penultima sala: sulle quattro pareti scorrevano in dissolvenza 500 immagini di Gesù di tutte le epoche, in progressione dall’epoca di Cristo ad oggi. È evidente l’influenza della Sindone nella rappresentazione artistica di Gesù.
Nell’ultima sala il percorso arrivava infine al momento più coinvolgente ed emozionante: davanti a una foto a grandezza naturale della Sindone e a uno stupendo Crocifisso ligneo, si trovava la riproduzione iperrealistica del corpo nudo dell’Uomo della Sindone, realizzata in silicone e lattice da un gruppo di artisti di “ArtiSplendore”, frutto di quindici anni di studi scientifici e forensi.
La sensazione era quella di vedere un reale cadavere di circa 1.78 m di altezza e 75 kg di peso, con capelli e barba veri, intrisi di sangue e sudore; il corpo era martoriato dalla flagellazione, i polsi, i piedi e il costato trafitti. Il capo era chino in avanti e le ginocchia flesse per la rigidità cadaverica che li aveva fissati in questa posizione sulla croce. Particolarmente toccante è il volto, tumefatto soprattutto sul lato destro.
L’intento voleva essere quello di impressionare il visitatore, di scuoterne la coscienza con la visione di una ricostruzione che appariva come un vero cadavere martoriato, per rendere ancor più reale la sofferenza patita da Gesù.
E così finiva la mostra, dalla quale si usciva senza dubbio turbati e commossi. Ma la Sindone, testimone muto di tanto dolore, non si ferma qui. Quel cadavere non rimase nel lenzuolo. L’immagine misteriosa che ha lasciato parla di Risurrezione.
Quel lino vuoto, afflosciato sulla pietra sepolcrale, è un segno tangibile che illumina l’umanità sofferente con un raggio di luce divina.