Don Dolindo rapito dalla bellezza del momento della Risurrezione ne descrive lo svolgimento in maniera quasi estatica e con parole ispirate.
Maria pregava, e l’anima divina di Gesù, allo scoccare del momento stabilito da Dio, affrettato dalla preghiera fino al semplice apparire del terzo giorno, ricevuta da Lei, sua Madre, quasi l’obbedienza – perché nulla voleva e volle fare senza di Lei –, andò veloce come scoccare di folgore al sepolcro, e ripassando per i luoghi della Passione, accolse nuovamente il Sangue che v’era sparso. Anche quel Sangue era divino, e sentì l’attrazione della divina virtù che lo chiamava, perché fosse tornato vivificato nelle vuote vene del corpo divino. Fu un momento, un grandioso momento, poiché la divina onnipotenza non ha bisogno di tempo per agire: l’anima penetrò nella tomba, rivide il corpo che le apparteneva con tanto diritto, l’amò, l’amò con fiamma infinita, perché l’amò con l’infinito vivificante amore. L’amò e nell’amarlo lo ricompose per la divina virtù che era in lei. In un attimo le membra martoriate si ricomposero, il Sangue ripigliò il suo posto, e il Cuore, pur squarciato, diventò atto alla vita.
Gli angeli tremanti di gioia adoravano. La tomba era avvolta dal brumoso silenzio dell’alba, vigilata dall’annoiata presenza della guardia stupita di dover custodire un morto, ignara di custodire come picchetto d’onore la Vita che risorgeva. La terra sembrava cantare in sordina essa pure un inno di vita, poiché silenziosamente erompevano qua e là dai rami ancora stecchiti le gemme novelle, ombra di risurrezione, stentata risurrezione dopo l’inerzia invernale.
La morte ristette scarna e confusa... la sua falce cadeva vinta; non poteva mantenere più fra gli adunchi artigli il covone reciso, tremava come ombra cupa innanzi al fulgore che la ricacciava per sempre.
Le pareti della taverna che stillavano come gocce di pianto l’umido delle tenebre, sembrarono imperlate di gemme, stillavano gioia, sentivano la vita e risuonavano già dell’inno trionfale della Risurrezione.
L’anima di Gesù s’avvicinò al corpo, e quasi nube lucente, sparì penetrando le funebri bende. Fu un momento. Si animò il cerebro, pulsò il Cuore, quasi affannando d’amore per l’aperta ferita, rigurgitò il Sangue nelle vene, deviando alle ferite delle mani e dei piedi, che rimasero come gemme gloriose del trionfo sul peccato. I nervi, come percossi da una corrente potente, si ridestarono riunendo i muscoli; la pelle si ricompose rosea e fresca, profumata non di mirra e di aloe, ma di balsamico amore. Quel corpo era vivo, più vivo di prima, senza il peso inceppante della materia, vero corpo, ma fluido quasi come luce, come fuoco, come onda d’amore. Gli occhi splendenti s’aprirono alla luce eterna, e quella vita mirabile fu tutta un inno di adorazione e di ringraziamento al Padre, fu tutta una freschezza di gioia, di giovinezza novella, di pace. Il corpo divino sgusciò dalle bende senza bisogno di svolgerle, s’alzò bellissimo, vestito di splendore, attraversò il masso, uscì alla luce, riguardò la caverna ancora chiusa dai sigilli, sorrise trionfante, poiché aveva dissigillato per sempre la morte e l’aveva vinta. Camminò perché era veramente vivo, svoltò, e i primi raggi del sole, innanzi a Lui, quasi fiocchi di tenebre, si umiliarono. Egli era la Luce. Com’era bello! Io lo vedo e mi trema il cuore d’amore: la sua chioma è splendida come regale paludamento del capo glorioso; gli occhi placidissimi rifulgono d’amore e di bontà; grandi, cerulei, più belli della distesa dei cieli, guardano i secoli, dominano gli spazi, penetrano l’eternità. Il suo corpo è pieno di maestà, bellissimo nelle sue membra, spirante bellezza divina. Che gioia al suo passaggio! Egli è la Verità, Egli è la Vita, Egli è la Pace! Lo adoro, ma adorandolo lo amo, e mi sento fuso al suo Cuore ch’è tutto una fiamma d’amore e rifulge dall’aperta ferita. Mi guarda. Egli è la santità ed io il peccato; ma il suo sguardo è misericordia e m’avvolge di perdono e di pace, ed io piango, cantando con gli angeli: Victimæ paschali laudes immolent christiani. Agnus redemit oves, Christus innocens Patri reconciliavit peccatores. E il peccatore sono io, mi sento tale io solo, riconciliato dalla misericordia del mio Redentore!
Sosto ancora un momento, impallidisco, tremo. In questo momento medesimo gli angeli rovesciano il masso del sepolcro, perché non sia più chiusa la tomba gloriosa del Risorto; la terra trema, le guardie del sepolcro cadono tramortite per lo spavento.
La verità ha trionfato della menzogna. E gli angeli cantano assisi sul masso rivoltato: Alleluia, alleluia, alleluia. O figli e figlie degli uomini, il Re celeste, il Re della gloria è oggi risorto da morte. Alleluia! Alleluia la pietra è rovesciata, i sigilli sono rotti, spezzato è il vincolo della morte. Alleluia! Ed io, prostrato, faccio eco al loro inno trionfale esclamando: È risorto Gesù mia speranza, Egli mi precede nel Cielo. O Re vittorioso, abbi pietà di noi. Amen. Alleluia!