Digiuno, preghiera intensa, rinuncia al superfluo: è la Quaresima alla scuola di grandi santi come san Francesco d’Assisi. Non lasciamo trascorrere invano questo tempo prezioso per il nostro progresso spirituale.
“Stando una volta san Francesco d’Assisi, nel giorno del carnevale, vicino al lago di Perugia, in casa di un suo fedele devoto, volle pregare questo suo devoto che, per amore di Cristo, lo portasse con la sua navicella in un’isola del lago dove non abitasse nessuna persona, e gli chiese questo favore, proprio nella notte del Mercoledì delle Ceneri, in modo che nessuna persona se ne avvedesse. E il suo fedele devoto, per l’amore della grande devozione che nutriva per san Francesco, sollecitamente volle esaudire la sua preghiera, e lo portò in quell’isola.
San Francesco portò con sé soltanto due panetti, e, giunto nell’isola, quando l’amico stava partendo per tornare a casa, san Francesco lo pregò caramente che non rivelasse a nessuna persona dove lui si trovasse, e che egli non venisse da lui se non il Giovedì Santo. E così, quel fedele devoto partì, e san Francesco rimase solo. Ma non essendovi in quel luogo nessuna abitazione nella quale poter dimorare, san Francesco entrò in una siepe molto folta, nella quale con arboscelli e rami si acconciò un covacciolo o meglio una capannetta, e in questo luogo si mise a fare orazione e a contemplare le cose celestiali.
E ivi san Francesco stette tutta la Quaresima senza mangiare e senza bere, consumando solo la metà di uno di quei panetti, come si accorse il suo fedele devoto quando tornò da lui il Giovedì Santo, e, dei due panetti, ne trovò uno ancora intero, e l’altro a metà. L’altro mezzo panetto si crede che san Francesco lo mangiasse per riverenza del digiuno di Cristo benedetto, il quale digiunò quaranta giorni e quaranta notti senza pigliare nessun altro cibo materiale. E così, con quel mezzo pane mangiato, san Francesco cacciò da sé il veleno della vanagloria, che poteva fargli credere di essere anche lui uguale a Cristo, che digiunò quaranta giorni e quaranta notti” (cf Fior VII: FF 1835).
Riflessioni
Che cosa dire della nostra “Quaresima” in confronto alla Quaresima di san Francesco d’Assisi presentataci dalle Fonti Francescane? Ovviamente, ci si trova impossibilitati a imitarlo, perché quella di san Francesco è frutto della sua santità serafica, ossia a livello 10 su 10 in termini di impegno riguardo al radicale digiuno e dell’ininterrotta preghiera celestiale. E molti santi, lo sappiamo, facevano la santa Quaresima allo stesso livello: basti ricordare, ad esempio, san Pietro d’Alcantara, santa Chiara d’Assisi, il santo Curato d’Ars, santa Veronica Giuliani, ecc.
Se a noi, purtroppo, manca questo livello di santità, tuttavia perché ridurci a fare la Quaresima a livello 3 su 10 a riguardo del digiuno e della preghiera? Non potremmo portare il nostro digiuno e la nostra preghiera – per l’intera Quaresima –, a livello 6 su 10? Sarebbe un livello di “mediocrità”, è vero, ma sarebbe un segno, pur debole, della pratica di un po’ di digiuno nel cibo, nelle comodità, nei passatempi o divertimenti, ecc., e di preghiera in più, con la frequenza dei sacramenti, con la recita giornaliera del Rosario (magari in famiglia), con qualche lettura spirituale, staccandosi dalla tv, dal telefono, dai cellulari (per chiacchiere inutili).
Animiamoci a valorizzare la Quaresima per il bene della nostra vita cristiana che in tal modo viene stimolata santamente a non diminuire, ma ad aumentare lo sforzo esemplare di fedeltà alla volontà di Dio che ci vuole salvi dall’inferno e anche dal Purgatorio, e ci aspetta santi per l’eterna beatitudine nel Paradiso!