Chi custodisce la propria lingua salva la propria anima. Gli insegnamenti dei santi riguardo ai peccati della lingua sono quantomai illuminanti. Chiediamo la grazia di fuggire con prontezza ogni parola a danno del nostro prossimo e della nostra anima.
Dalla vita di santa Maria di Gesù Crocifisso, meglio conosciuta come la piccola Araba, apprendiamo come il brutto vizio dei giudizi frettolosi e temerari sia un peccato che dispiace molto a Nostro Signore.
La Santa carmelitana di Betlemme scrive così: «Il Signore non è contento di coloro che esprimono giudizi frettolosi. Il Signore dice: “Voi appartenete più a satana che a me”. Ogni giudizio ferisce il Signore con lo stesso dolore con cui, sul Calvario, i chiodi forarono le sue mani e i suoi piedi. Ritieni ogni giudizio che tu esprimi su di un altro come un chiodo. Conficcalo nella tua carne. Ne farai l’esperienza. Non basta domandare perdono, bisogna domandarlo e convertirsi. Se sei caduto in una colpa, provane subito pentimento e il Signore ti perdonerà. Ma se incolpi il tuo vicino, il perdono non ti sarà concesso così facilmente dal Signore». Queste parole non vanno prese superficialmente, poiché la facilità di giudicare gli altri e di cadere nel difetto della mormorazione è una caratteristica comune dalla quale, purtroppo, non vanno esenti nemmeno quelle anime ritenute di grande pietà. Il pensare che ogni giudizio temerario sia come inchiodare le mani e i piedi di Gesù, dovrebbe farci diventare molto prudenti, spronandoci a tacere e a vigilare sulle nostre parole e sui nostri pensieri per non ferire anzitutto la carità stessa. Santa Maria Faustina Kowalska, la santa della misericordia, vide all’inferno diverse anime dannatesi a causa della mormorazione, proprio per la gravità delle conseguenze che ne derivano. Attenzione, quindi! Anche la beata Maria Maddalena Martinengo usa parole durissime in merito. In particolare, concordando con santa Faustina, ella afferma che l’anima che mormora può già considerarsi praticamente dannata.
Ovviamente, come per ogni peccato che porti l’anima a dannarsi, bisogna ben discernere la gravità di tali colpe a seconda della materia, della piena avvertenza e del deliberato consenso; tuttavia tale vizio rimane comunque alquanto rischioso, poiché l’abitudine fa degenerare tale difetto nella calunnia e nella diffamazione del prossimo, peccati che necessitano riparazione già in questa vita. Ricordiamo anche la piccola santa Giacinta di Fatima quando, verso la fine della sua vita, raccomandò alla sua madrina: «Abbia molta carità anche con i cattivi. Non dica male di nessuno e fugga quelli che parlano male del prossimo». Bisogna dunque evitare di intrattenersi con chi parla male del prossimo, poiché già il solo ascoltare parole a danno altrui significa acconsentire e dunque cadere nello stesso peccato.
Alla base di tale vizio troviamo la superbia, il sentirsi migliori degli altri – e questo succede spesso anche in campo spirituale – e diverse volte, come insegna il padre Alfonso Rodríguez, alla superbia si aggiunge un pizzico di invidia o antipatia che spingono a giudicare e a screditare coloro che riteniamo “inferiori” o comunque fastidiosi.
Continua la piccola Araba: «Il Signore è triste quando tu giudichi, e nel tuo cuore porti astio. Il vero giudice è Dio. Egli solo pesa ogni cosa sulla bilancia ed esprime il giusto giudizio. Quando giudichi, tu dici indirettamente al Signore: “Tu non sai come si giudica. Io sono un giudice migliore”. Anche se non lo si dice a parole, l’agire lo conferma». Se riflettiamo attentamente, Gesù è stato calunniato, diffamato e messo a morte proprio per questo, per l’invidia dei capi del sinedrio e per il timore che essi avevano di perdere la propria “posizione”. Attenzione quindi a non cadere nello stesso vortice di maldicenze dei farisei, poiché, senza nemmeno rendercene conto, “dal forare le mani e i piedi con i chiodi” passeremo molto velocemente all’uccisione in croce.
Dice ancora santa Maria di Gesù Crocifisso: «Ritieni ogni giudizio, che tu esprimi su di un altro, un chiodo. Conficcalo nella tua carne. Ne farai l’esperienza».