Ogni opera d’arte, per quanto bella possa essere, perde valore e splendore quando viene imbrattata dalle mani dei vandali. Che dire allora dell’opera d’arte senza eguali che è la nostra anima imbrattata dal peccato?
Partiamo da un’immagine – ahinoi – molto frequente. Una bella strada di un centro storico. Un bel palazzo antico, ma, sui muri, graffiti angoscianti e scritte senza senso o di vita privata: Anna, tu sei il mio universo... Luca, torna da me... e sciocchezze di questo tipo. Insomma, bellezze infrante, contaminate da temperamenti capricciosi che trasferiscono, sulle pietre della storia e sul frutto dei sacrifici della fatica umana, i loro sfoghi da sballo.
Questa immagine riporta alla nostra mente alcune parole del servo di Dio don Dolindo Ruotolo, un santo sacerdote napoletano nato nel 1882 e morto nel 1970. Un sacerdote che ha scritto numerosissimi libri, di cui consigliamo la lettura, fra cui un prezioso commento alla Bibbia. Don Dolindo scrive così: «Come potrei contaminare col peccato le bellezze create da te, Signore, e disturbare l’ordine che l’infinita sapienza ha posto in tutte le cose?».
Queste parole ci pongono una questione a cui non sempre si dà peso: il peccato “disturba” l’ordine che l’infinita sapienza di Dio ha posto nel creato.
“Disturbare” in questo caso significa “rompere”, “distruggere”, “cancellare”.
A riguardo ci sono tre brevi riflessioni da fare. Una riguardo Dio, una riguardo la gravità del peccato, e un’altra riguardo l’uomo.
Riguardo Dio. La buona filosofia e la buona teologia ci dicono che Dio non è al di là del bene e del male (come invece afferma la gnosi), bensì è il bene. Inoltre la buona filosofia e la buona teologia ci dicono che Dio non è al di là dell’essere e del nulla (come invece affermano le religioni orientali e più specificamente il buddismo), ma è l’Essere nella sua pienezza. Ciò vuol dire che Dio, prima ancora di essere volontà onnipotente, è verità assoluta. Dio è Logos. Dio è sapienza infinita. Dio è ordine e, tale ordine, lo ha posto nel creato: è l’essenza del creato stesso.
Riguardo la gravità del peccato. Detto ciò, si capisce tutta la gravità del peccato che è essenzialmente distruzione dell’ordine, che è offesa al Logos di Dio.
Riguardo l’uomo. C’è da riflettere su quanta responsabilità si ha. Un solo peccato mortale – che è molto più grave di una guerra planetaria – può distruggere l’ordine che è stato voluto dall’onnipotenza divina. L’uomo pensa poco alla grandezza della sua libertà, a quella libertà che può scegliere la custodia della bellezza con la fedeltà alla Legge divina o la sua distruzione con il peccato. Distruzione del reale e distruzione di sé, come dice il poeta francese Paul Claudel (1868-1955): «Dio ha fatto l’uomo e il peccato l’ha contraffatto».
Dunque la santità che il Signore ci chiede serve, prima ancora che per la nostra salvezza, per non “disturbare” la bellezza che Dio ha posto in essere.
E nessun capriccio può pretendere d’infrangerla. Così come nessun capriccio può pretendere di contaminare le bellezze che hanno costruito coloro che ci hanno preceduto nella storia.