Ordinato sacerdote nel 1929, per sedici anni amministra il sacramento della Penitenza accogliendo i fedeli con paterna bontà e irradiando pace celestiale intorno a sé, nonostante le gravi sofferenze legate alla sua malattia.
Suo padre , Giacomo Filon, era l’amministratore della tenuta del barone Ugo Treves de’ Bonfili, a Balduina (Padova). Sua madre, Giuseppina Marin, era l’anima della loro casa e della loro famiglia, che contava dieci figli. L’ottavo, nato il 2 agosto 1900, festa di Santa Maria degli Angeli, tanto amata da san Francesco d’Assisi, venne chiamato Beniamino Angelo, il quale crebbe sereno in un ambiente famigliare vivace, sotto la giuda pia e diligente di mamma Giuseppina. In casa era pronto a servire papà, mamma, fratelli e sorelle.
Subito affascinato da Dio
Il piccolo Beniamino è subito rapito dalla bellezza della Santa Messa e delle celebrazioni religiose, cui partecipa con i famigliari nella vicinissima chiesa parrocchiale. A 5 anni già serve la Messa e sa sgranare la corona del Rosario. Man mano che cresce, Gesù diventa sempre più il centro della sua vita. Così, a casa sua, con i suoi compagni di gioco, organizza “una piccola parrocchia”, dove si prega insieme, e Beniamino “dice la Messa”.
Non è solo un gioco da bambini, ma la rivelazione di una vita interiore già intensa. Dopo aver ricevuto la Cresima, nel 1910, e la prima Comunione, nel 1911, avverte il bisogno di intensificare la preghiera e spesso si ritira in disparte per pregare da solo con Gesù.
A scuola, frequentata a Balduina nei primi tre anni, il ragazzino presenta difficoltà di apprendimento, con scarsi risultati. La maestra però ne loda l’impegno e la buona volontà, oltre alla buona educazione. Per i successivi quattro anni, va a scuola a Lendinara, in provincia di Rovigo. Timido, riservato e piuttosto solitario, Beniamino diventa il bersaglio dei coetanei più monelli.
Un giorno, mentre sta arrivando a scuola in bicicletta, viene preso a sassate e colpito alla testa, ma perdona subito; gli capita spesso di tornare a casa ferito. Risponde stringendo tra le mani il crocifisso che porta al collo, offrendo tutto a Gesù.
A Lendinara scopre il convento dei Cappuccini e fa amicizia con i frati, che gli si presentano accoglienti e sorridenti, simpatici con le loro barbe fluenti, il saio cinto con il cingolo dai grossi nodi. Spesso si reca da loro e condivide la loro vita povera e gioiosa, tutta incentrata in Gesù. Ma anche i frati questuanti vanno spesso a casa di Beniamino a Balduina. Si sente chiamato da Dio a diventare uno di loro, per sempre. I suoi genitori ne sono contenti.
Il suo parroco, don Carlo Trentin lo raccomanda ai Padri Cappuccini: «Il mio giovane parrocchiano ha sempre avuto uno stile impeccabile: umile, modesto, obbediente; assiduo nel frequentare la parrocchia, ama servire la Messa, è catechista tra i bambini, si accosta a ricevere la Comunione ogni giorno; esemplare per tutti». Si noti che Beniamino ha 17 anni ed è davvero diverso da tanti coetanei che pensano a ben altro.
Così, il 13 ottobre 1917, entra nel seminario dei Frati Minori Cappuccini di Rovigo. Quel giorno la Madonna appare per la sesta volta ai tre pastorelli di Fatima, e lascia loro un messaggio per la Chiesa e l’umanità. Ma Beniamino non può saperlo, lo saprà quando le apparizioni di Fatima saranno divulgate in tutto il mondo.
Diciassettenne, si trova in mezzo a compagni di 11/12 anni, ma accetta di farsi piccolo, “minore”, bambino, per amore di Gesù solo, che merita qualsiasi sacrificio. Un suo confratello, padre Alberto da Dueville, dirà di lui: «Riservato, molto timido, malinconico, aveva capacità limitate. Era gracile e fragile, un viso pallido, ma emanava un’amabile dolcezza, così che si stava bene con lui, che pur conversava di rado. Era pieno di dignità».
Sacerdote “per il rotto della cuffia”
Nel marzo 1918, ancora in piena Guerra mondiale, viene chiamato al servizio militare e assegnato al 68° Reggimento di Fanteria a Milano. Ligio a tutti i servizi richiesti, si nota che vive come in una “cella interiore”, in cui colloquia con Gesù, anche durante le asprezze cui va incontro, sempre sorridente. Dà l’impressione di essere “un’ostia di adorazione e di purezza”. Trascorre tre anni in caserma, fino a quando viene congedato nel 1921.
Ogni volta che si trova in libera uscita, si reca a Messa in qualche chiesa di Milano, riuscendo anche in quegli anni difficili ad accostarsi a Gesù Eucaristico, ogni giorno. Appena congedato, rientra in convento e il 28 settembre 1923 veste finalmente il saio cappuccino a Bassano del Grappa, con il nome di fra Giacomo da Balduina.
Ora è tempo di noviziato... Un giorno, sicuramente per provarlo, il suo Padre maestro lo riprende aspramente dicendogli: «Non sei fatto per la vita religiosa. A studiare non riesci, a far la questua, ti vergogni... Puoi anche uscire!». Fra Giacomo gli risponde: «Se è vero che non posso diventare frate, abbiate ancora un po’ di pazienza e carità verso di me: laverò i piatti, dormirò nella stalla, se non avete posto in convento». Il Padre maestro tocca con mano che Giacomo è un ragazzo tutto di Dio, così che a 23 anni, il 29 settembre 1923, può emettere i primi voti. A sua madre il maestro dice: «Suo figlio mi lascia molto perplesso, non sa far null’altro che pregare». Non è una critica, ma un elogio.
È avviato quindi agli studi teologici. Fra Giacomo si offre vittima per i sacerdoti e pronuncia l’atto eroico di carità per le anime del Purgatorio: «Mio Dio, in unione ai meriti di Gesù e a quelli della Santissima Vergine Maria, ti offro, per le anime del Purgatorio, tutte le opere soddisfattorie che farò durante la mia vita e tutte quelle che mi saranno attribuite dopo la mia morte». In una parola, ha dato tutto di sé e non ha altro da offrire. L’8 dicembre 1926, fra Giacomo emette la professione perpetua e riprende gli studi per altri tre anni a Venezia che questa volta hanno una buona riuscita.
Durante l’anno 1927-1928, tuttavia la sua salute peggiora in modo preoccupante: si muove a piccoli passi, si esprime con difficoltà, ha disturbi intestinali e soffre di insonnia. Gli viene diagnosticato il Parkinson ed è costretto a stare in cella molte ore, riempiendo la sua solitudine della presenza di Gesù e di preghiera. Padre Paolino da Premariacco gli fa lezione in privato e lo conforta di continuo.
Ci si chiede se convenga ordinarlo sacerdote... Ma con il parere di padre Paolino, che lo giudica così preparato da essere dispensato da un anno di studi, il 21 luglio 1929, padre Giacomo da Balduina viene ordinato dal patriarca di Venezia, Pietro La Fontaine. Il 4 agosto, in mezzo a una gioia immensa, padre Giacomo canta la sua prima Messa a Balduina. Nonostante la sua salute fragile irradia pace e letizia.
È diventato sacerdote, come si dice, “per il rotto della cuffia”, ma ora è sacerdote in eterno e sarà un vero gioiello per la Chiesa. Dopo aver terminato gli studi, trascorre quindici mesi in Slovenia, quindi rientra a Udine. «Lì – scrive il suo biografo – il convento dei Cappuccini è come un’oasi dove coloro che vogliono riconciliarsi con Dio e iniziare una nuova vita sono i benvenuti».
Una griglia per Dio
Padre Giacomo Filon ? questo è il suo nome ? dedica tutta la vita al ministero della Confessione. Gli è stata preparata una cella dotata di una griglia nel muro, che gli permette e gli facilita l’ascolto dei penitenti, senza doversi spostare. Per sedici anni, riceverà ogni giorno decine e decine di persone, accogliendole con dolcezza a qualsiasi ora. Attraverso quella griglia Dio dona la sua misericordia, il suo perdono, la sua luce. Gesù solo sa quante storie di amore padre Giacomo, sempre più malato, intesse con Lui.
Padre Giacomo diventa il confessore di quasi tutto il clero di Udine: è sempre disponibile, anche quando si tratta di interrompere il pranzo o il riposo. Mons. Luigi Cicuttini, vescovo ausiliare di Udine, lascerà scritto: «Sono stato per anni penitente del venerato padre Giacomo. Mi ha sempre accolto con cuore di padre e me ne sono sempre andato confortato. Aveva poche parole, ma il sorriso del suo volto, la sua paterna bontà erano tali che lasciavano in cuore una pace celestiale».
Nonostante le cure, la sua malattia va peggiorando. Durante la seconda Guerra mondiale i farmaci di cui necessita diventano quasi introvabili. Al Padre viene concesso di celebrare la Santa Messa nella sua stanza e da seduto. Quando è possibile, celebra in onore della Madonna. Gli allarmi aerei lo terrorizzano: quando urlano le sirene, mentre gli altri scappano nei rifugi, lui si ritira in cappella accanto a Gesù nel tabernacolo: «Solo con Lui mi sento al sicuro».
Offre le sue difficoltà a Gesù per i sacerdoti, in silenzio, anche quando soffre molto. In una lettera alla sorella alza il velo su quanto soffra nella sua vita: «Avrei molte cose da dirti, ma è meglio tacere e pregare; il Signore compia tutto ciò che è bene per noi e ci doni la forza di sopportare le prove di questa vita. Tutto per Lui».
Padre Giacomo irradia sempre luce e pace che scaturiscono dalla sua intima unione con Gesù. Anzi è persino allegro, così che a volte per consolare persone angustiate, offre loro dei dolci e fa stappare una buona bottiglia di vino, invitando anche il Padre guardiano e qualche confratello a far festa. Nonostante le dispense di cui potrebbe servirsi a causa del Parkinson, continua a pregare l’Ufficio divino e a osservare dalla mezzanotte il digiuno richiesto per celebrare la Santa Messa.
Una voce interiore gli dice fin dal 1941: “Coraggio, il tuo esilio, finirà presto”. Di questo ne parla spesso ai suoi cari. Parla sovente della morte prossima con vera gioia come se andasse ad una festa a lungo preparata e tanto attesa: «Morirò presto... Indovinate dove morirò... Vicino alla Madonna, mia Madre».
Ai primi di luglio del 1948 padre Giacomo chiede al suo superiore il permesso di andare in pellegrinaggio a Lourdes. Il permesso gli viene accordato dal Padre provinciale e padre Giacomo parte preannunciando la sua morte: «Vado, ma non tornerò». Il 20 luglio 1948, sale su un treno speciale. L’indomani, dopo 35 ore di viaggio, raggiunge la meta.
È stanchissimo, ma nonostante ciò chiede che tutti i pellegrini dicano il Rosario con lui. La sua salute peggiora con rapidità: alle 23.00 del 21 luglio 1948 recita il Magnificat e rende la sua bella anima a Dio. È il 19° anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Ha solo 48 anni: una giovane vita sacerdotale, tutta vissuta con Gesù sacerdote come ostia del suo sacrificio, per la santificazione dei sacerdoti, per la salvezza delle anime, mediante la preghiera, il ministero della Confessione e della direzione spirituale. Il 23 luglio viene sepolto nel cimitero di Lourdes.
Dal 1977 è in corso la sua causa di beatificazione. Una breve vita di immolazione e di amore con Gesù, quindi, sulla stessa linea di quella dei suoi confratelli cappuccini contemporanei ? san Leopoldo Mandi? e san Pio da Pietrelcina ? che si sono consumati per riconciliare le anime con Dio e farle sante e per intessere mirabili storie di amore tra le anime e Dio.