Un importante anniversario ricorre quest’anno per tutti i figli di san Francesco d’Assisi. Vogliamo prepararci a celebrare questo evento approfondendo gli aspetti storici e spirituali della Regola bollata, definita dallo stesso fondatore dell’Ordine Serafico “chiave del Paradiso”.
La Famiglia francescana si appresta a celebrare, quest’anno, l’ottavo centenario dell’approvazione pontificia della Regola scritta dal suo fondatore, san Francesco d’Assisi, e bollata da papa Onorio III il 29 novembre 1223. Questo evento, ormai alle porte, ci offre l’occasione di riflettere sulla storia e sulla spiritualità di una Regola che ha formato tanti santi e sulla missione ecclesiale dell’Ordine Francescano. È quanto faremo nel presente articolo, che divideremo in tre parti. Nella prima ripercorreremo le tappe salienti dell’origine e dell’approvazione della Regola, ponendo in evidenza come essa sia stata voluta da Dio per l’edificazione della Chiesa universale; nella seconda enucleeremo le caratteristiche peculiari della Regola francescana; nella terza parte tratteremo dell’attualità della Regola e risponderemo al quesito se sia possibile ancora oggi, nella Chiesa del terzo millennio, vivere la vita francescana osservando sine glossa, senza interpretazioni accomodatizie e senza dispense, la Regola così come san Francesco l’ha concepita per ispirazione divina.
Origine e approvazione della Regola
Dalla storia e dalle Fonti Francescane sappiamo che san Francesco d’Assisi scrisse tre Regole. Il centenario che celebreremo il prossimo 29 novembre riguarda l’approvazione ufficiale del testo della terza Regola, la quale è il risultato finale della sintesi e dello sviluppo delle due precedenti. Vediamo come si giunse alla sua redazione.
All’inizio della sua esperienza di dedizione a Dio, risalente al 1206, san Francesco viveva da eremita. Ma tre anni dopo, ascoltando la pericope evangelica in cui Gesù invia i discepoli a predicare il Regno di Dio senza portare con sé denaro, cibo, vestiario o altro che potesse costituire una sicurezza terrena contro l’abbandono fiducioso nella divina Provvidenza, comprese che la sua vocazione era vivere secondo il Vangelo e predicarlo al popolo, ad imitazione degli Apostoli (cf Mt 10,9-10).
Lasciò, dunque, la solitudine per compiere il mandato evangelico e ben presto accettò che si unissero a lui quanti, affascinati dal suo ideale e dal suo stile di vita, desideravano seguirlo. Quando i membri della comunità divennero dodici, il Santo scrisse la prima “forma di vita”, denominata Regola primitiva o Protoregola, composta soprattutto di frasi evangeliche, con l’aggiunta di alcune norme necessarie per una vita in comune uniforme e ordinata. Essa si basava sull’impegno di vivere secondo il Vangelo, in totale povertà e dedicandosi alla predicazione. Vir catholicus et totus apostolicus [uomo cattolico e tutto apostolico], san Francesco volle sottoporre il suo Propositum vitæ al giudizio del Sommo Pontefice, per ottenerne l’approvazione a conferma dell’origine divina della sua ispirazione. Inizialmente Innocenzo III, che allora sedeva sul soglio pontificio, ascoltando il parere di alcuni cardinali, considerò il modo di vivere scelto dal Santo superiore alle forze umane. Come ci informa san Bonaventura da Bagnoregio nella Leggenda Maggiore, solo il card. Giovanni di San Paolo, mosso dallo Spirito Santo, perorò la causa del Poverello, facendo notare al Vicario di Cristo e ai suoi consiglieri che respingere la richiesta di approvare una forma di vita evangelica perché troppo difficile, era fare ingiuria al Vangelo. Il Signore stesso intervenne ad illuminare il Pontefice mostrandogli in sogno la Basilica del Laterano, allora sede del papato, che stava per crollare, mentre un uomo piccolo e povero la sorreggeva con le sue spalle. Allora, compreso che quegli era colui che avrebbe rialzato e sostenuto la Chiesa nelle sue traversie, vinta ogni remora, diede la sua approvazione, ma soltanto orale, perché san Francesco, a cui bastava il consenso verbale dell’autorità, non pensò a chiederlo anche scritto. Siamo nel 1209 o, secondo alcuni studiosi, nel 1210.
La Protoregola ordinò la vita dei frati fino al 1221, anno in cui san Francesco ne scrisse un’altra, resa necessaria dalle nuove esigenze organizzative e disciplinari create dall’incremento delle vocazioni e dall’espansione dell’Ordine. Essa era molto lunga e, insieme a norme disciplinari e organizzative, riportava molti passi biblici. Il santo fondatore non si preoccupò di ottenere la conferma della Sede Apostolica, in quanto intendeva apportarvi ancora alcune modifiche. I frati, però, manifestarono il desiderio di avere un testo più breve e pratico, che desse all’Ordine una configurazione giuridica e gerarchica più funzionale alle sue necessità. Pertanto, nell’inverno del 1222/1223, il Santo si ritirò nell’eremo di Fonte Colombo, presso Rieti, con frate Leone e frate Bonizio, esperto in diritto, e ne preparò un’altra, che però fu persa dal suo vicario, e una seconda che rivide con il card. Ugolino, esperto canonista e Protettore dell’Ordine. Con lui il santo fondatore passò al vaglio le proposte ricevute dai Ministri provinciali e le unì al testo della Regola del 1221, espungendone, però, molti brani evangelici, affinché, pur mantenendo un tono altamente spirituale, assumesse la forma di un testo legislativo. Quest’ultima versione fu sottoposta dapprima al Capitolo generale dell’Ordine, l’11 giugno 1223, e poi al papa Onorio III, il quale l’approvò con la bolla Solet annuere il 29 novembre dello stesso anno.
Questa Regola stava particolarmente a cuore a san Francesco perché gli fu ispirata da Dio nel digiuno e nell’orazione e perché lui stesso e i frati che, durante la sua stesura, andarono a lamentarsi da lui, temendo che la facesse troppo austera, udirono la voce del Signore che diceva: «Francesco nulla di tuo è nella Regola, ma ogni prescrizione che vi si contiene è mia. E voglio che sia osservata alla lettera, alla lettera, alla lettera, senza commenti, senza commenti, senza commenti». Ecco perché il Santo lasciò una speciale benedizione ai frati che avrebbero zelato l’osservanza della Regola, che egli considerava midollo del Vangelo, via della perfezione, speranza di salvezza, patto di eterna alleanza, chiave del Paradiso.
La Regola bollata, giunta invariata fino a noi, è tuttora custodita ad Assisi nella Cappella delle reliquie della Basilica di San Francesco. In occasione del centenario della sua approvazione è stata esposta nell’abside della chiesa superiore, dove tutti i fedeli possono ammirarla. Essa ha mantenuto intatti i punti focali dell’ispirazione originaria, che ne costituiscono anche la novità carismatica. Innanzitutto l’ideale evangelico, che permea l’intero testo, poi la povertà, la minorità, la penitenza, la fraternità e l’apostolato. Ma di ciò tratteremo nella seconda parte di questo articolo.