Proveniente da famiglia pagana, si arruolò dapprima nella cavalleria imperiale. Convertitosi al Cristianesimo, decise di “arruolarsi” fra la milizia di Cristo: ricevuto il Battesimo, fu ordinato vescovo, pur conducendo vita monastica in un cenobio da lui stesso fondato. È oggi uno dei santi più venerati in Occidente.
Il celebre san Martino di Tours è fra i promotori dell’ideale monastico sull’esempio di quello orientale, pertanto è stato uno dei fondatori del monachesimo in Occidente. Originario della Pannonia (un’antica regione compresa fra il Danubio e il Sava, nella parte ovest dell’attuale Ungheria), esercitò il suo ministero nella Gallia del tardo Impero romano.
San Martino nacque nel 316 circa a Savaria, città fondata nel 43 d.C. dall’imperatore Claudio con il nome di Colonia Claudia Savariensum e ben presto divenne centro della Pannonia Superior, provincia dell’Impero romano, importante snodo nella cosiddetta via dell’Ambra, nucleo fiorente con tanto di sede imperiale, terme e un anfiteatro.
Il padre, tribuno militare della legione, gli diede il nome di Martino in onore di Marte, il dio della guerra. Ancora bambino si trasferì con i genitori a Pavia, dove suo padre aveva ricevuto un podere come veterano. A 10 anni fuggì di casa per due giorni e li trascorse in una chiesa, probabilmente a Pavia.
Nel 331 un editto imperiale obbligò tutti i figli dei veterani ad arruolarsi nell’esercito romano; così Martino venne reclutato nelle scholæ imperiali, corpo scelto di cinquemila unità ottimamente equipaggiate: ciascuno era fornito di un cavallo personale e di uno schiavo. Egli fu inviato in Gallia, presso la città di Amiens e qui trascorse la maggior parte della sua esistenza come militare. Faceva parte, all’interno della guardia imperiale, di truppe non combattenti che garantivano l’ordine pubblico, la protezione della posta imperiale, il trasferimento dei prigionieri e la sicurezza di personaggi importanti.
In qualità di circitor, il suo compito era di fare la ronda di notte e di ispezionare i posti di guardia, nonché la sorveglianza notturna delle guarnigioni. Durante una di queste ronde avvenne un fatto che gli cambiò la vita: era un rigido inverno del 335 quando incontrò un mendicante seminudo; vedendolo sofferente, tagliò in due il suo mantello militare e lo condivise con il mendicante. Questo è l’episodio che lo farà ricordare da tutte le generazioni e che lo immortalerà nell’iconografia agiografica.
La notte seguente vide in sogno Gesù, rivestito della metà del suo mantello e lo udì pronunciare queste parole agli angeli: «Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito». Quando si svegliò il suo mantello era miracolosamente integro. Esso entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi dei Franchi. Il termine latino medievale “mantello corto”, ovvero “cappella”, venne esteso alle persone incaricate di conservare il mantello di san Martino, i “cappellani”, e da questi venne applicato all’oratorio reale, che fu chiamato per l’appunto “cappella”.
Il sogno divino spinse Martino, già catecumeno, a ricevere ardentemente il Battesimo nel giorno della Pasqua successiva al fatto della sua conversione totale. Rimasto ufficiale dell’esercito nelle alæ scholares (corpo scelto), a 40 anni circa decise di lasciare la vita militare. Secondo lo storico Sulpicio Severo ciò avvenne dopo un acceso confronto con Giuliano, il “Cesare delle Gallie”, noto come Giuliano l’Apostata.
Eccolo dunque combattere ora come miles Christi per fronteggiare l’eresia ariana, condannata al I Concilio di Nicea (325). Per questa ragione subì i colpi della frusta nella nativa Pannonia e venne cacciato prima dalla Francia e poi da Milano, dove erano stati eletti vescovi ariani. Nel 357 si recò sull’Isola Gallinara ad Albenga, dove condusse quattro anni di vita eremitica, frequentando solo un sacerdote e per un periodo anche sant’Ilario di Poitiers, uno dei grandi difensori della fede contro l’arianesimo. Sull’isola, dove vivevano le galline selvatiche, si cibava di elleboro, una pianta che ignorava fosse velenosa: la tradizione racconta che mangiandola si ritrovò in punto di morte, ma pregò e venne miracolato. Tornato in Francia, a Poitiers, quando il vescovo Ilario subentrò a quello ariano, egli si fece monaco e fu seguito da diversi compagni, fondando uno dei primi monasteri d’Occidente, a Ligugé, sotto la protezione proprio di sant’Ilario.
Nel 371 i cittadini di Tours lo reclamarono vescovo, carica che ricoprì continuando la sua vita monacale, proseguendo la sua missione evangelizzatrice e creando nel territorio nuove piccole comunità di monaci. Inoltre, avviò un’energica lotta contro l’eresia ariana e il paganesimo rurale. Predicò, battezzò interi villaggi, abbatté templi, alberi e idoli “sacri”, fermò cortei funebri idolatrici, e partecipò attivamente a scontri quando incontrava resistenza armata da parte dei pagani.
Si diffuse la sua fama di santità grazie alla sua azione taumaturgica e veniva descritto come un uomo dotato di carità, giustizia e sobrietà. Uomo di preghiera e di azione, percorreva i distretti abitati dalla servitù della gleba, dedicando particolare attenzione alla predicazione nelle campagne. Nel 375 fondò a Tours un monastero, a poca distanza dalle mura, che divenne, per qualche tempo, la sua residenza. Il monastero, chiamato in latino maius monasterium (monastero grande), divenne noto come Marmoutier. Nelle comunità monastiche fondate da san Martino non c’era ancora l’attenzione liturgica che si riscontrerà successivamente grazie ai Benedettini. La vita monacale del Santo e dei suoi discepoli era incentrata sulla preghiera in comune e il grande impegno di evangelizzazione.
Morì l’8 novembre 397 a Candes-Saint-Martin, nel dipartimento dell’Indre e Loira, dove si era recato per mettere pace fra il clero locale in dissidio. Da allora ebbe inizio un culto nel quale la carità del cavaliere, la rinuncia ascetica, la vita di orazione e l’attività missionaria erano un tutt’uno. Fra i miracoli a lui attribuiti ci sono tre casi di risurrezione, per cui veniva indicato come trium mortorum suscitator, ossia «colui che risuscitò tre morti». San Perpetuo, vescovo di Tours dal 461 al 491, commissionò al poeta e retore Paolino di Périgueux una biografia in sei libri di san Martino di Tours, che fu redatta in versi.
Il patrono di innumerevoli realtà religiose e comuni, nonché titolare di moltissime chiese viene ricordato l’11 novembre, data della sua sepoltura. È una festa straordinaria in tutto l’Occidente, grazie alla sua popolarità. La basilica a lui dedicata a Tours, l’edificio religioso francese più grande dei primi secoli cristiani, fu tradizionale meta di pellegrinaggi medievali. Nel 1562, a causa dell’odio protestante, la basilica fu violata e saccheggiata, e le sue spoglie date alle fiamme. Mentre durante la Rivoluzione francese venne demolita quasi del tutto, restarono in piedi soltanto due torri, ancora oggi visibili. Nel 1884 fu progettata una nuova basilica che fu consacrata nel 1925.
San Martino di Tours, ricordato tradizionalmente anche per ragioni profane (un tempo era uso in luoghi rurali fare i traslochi e redigere contratti per i lavori nei campi intorno all’11 novembre), è fra i primi santi non martiri ad essere stato proclamato tale dalla Chiesa Cattolica.