L’amore divino è l’amore più sublime, perché non conosce neanche l’ombra della morte. In esso si trova la Vita che dà vita, e non tramonta.
Ho letto per caso (o meglio, per dono del Signore) l’omelia sulla Santissima Trinità di un dotto sacerdote, meritevole di aver confutato Karl Rahner nei suoi errori, e sono stato colpito da quanto sto per riportare: «Amore: dal latino “a-mors”; ovvero senza morte. Pensate alla genialità della lingua cristiana: amore vuol dire qualcosa che vince la morte, forte come la morte è l’amore. Cioè qualcosa di invincibile! Se io amo davvero, amo vincendo ogni morte. Vincendo la morte dei miei limiti e dei limiti altrui. Vincendo la morte dei miei peccati e dei peccati altrui». Poco prima, questo maestro della scienza di Dio, aveva detto, citando la prima lettera di san Giovanni: «O Theos agape estin. Deus caritas est. Dio è amore» (1Gv 4,16).
Il discorso è chiarissimo, ma proviamo a renderlo ancora più chiaro. “Amore” è composto da “a” che è privativo e significa “senza”, e “mors” (morte): amore significa davvero “senza morte”, qualcosa di immortale. L’amore vero non vuole morire, non muore.
Amore “amicale”
Pensate all’amore di amicizia tra due persone che vogliono davvero l’uno il bene dell’altro, disposti al sacrificio, l’uno per l’altro, nel senso più alto, l’unico vero. Insomma sono amici. Quanto più si conoscono nelle rispettive virtù, tanto più fanno a gara per crescere in esse. Quanto più grandi sono i valori che perseguono, tanto più sono amici tra loro. Così vogliono stare spesso insieme, per condividere questi valori nobili. Vorrebbero non lasciarsi mai. Sì, già vorrebbero che la loro amicizia durasse sempre, nella vita e oltre la morte.
Se poi questi amici sono uniti in Gesù, se è Gesù che li rende amici tra loro, allora la loro amicizia è quella che sant’Aelredo di Rievaul chiama amicizia spirituale, che rende “consanguinei” e “concorporei” in Cristo, per mezzo della grazia santificante, a immagine di Gesù vera vite, e di noi tralci inseriti in Lui, viventi della sua vera vita divina. A questo livello, l’amore di amicizia diventa davvero “senza morte”, davvero immortale. Non ci si lascia più, anche se si dovesse vivere agli antipodi l’uno dall’altro.
Pensate all’amicizia santa esemplare tra san Basilio Magno e san Gregorio Nazianzeno; tra Savonarola e i suoi “fanciulli” che lui chiamava “angeli miei”, tra lo stesso Savonarola e i suoi due collaboratori, fra Domenico Buonvicini e Silvestro Maruffi, uniti al loro maestro sino al patibolo. Pensate a san Francesco e santa Chiara d’Assisi, a san Giovanni della Croce e a santa Teresa d’Avila, a san Francesco di Sales e a santa Giovanna de Chantal, a san Luigi Orione e a sant’Annibale di Francia... tutti amici in Cristo, per aiutarsi a crescere in Cristo. Pensate ai piccoli “cenacoli” di cattolici che si riuniscono per conoscere e vivere la “fede di sempre”, sempre più allibiti dal modernismo dilagante, “sintesi di tutte le eresie” (san Pio X, Lettera Enciclica Pascendi dominici gregis, 8 settembre 1907). Davvero amore, amicizia “senza morte”, amore immortale.
Amore sponsale
Ho chiesto a un giovane uomo sposato e padre di famiglia: «Che cosa è il matrimonio per te e per la tua sposa?». Mi ha risposto, sorridendo: «È Gesù in me che ama la mia sposa, è Gesù nella mia sposa che ama me».
Ma capite, che meraviglia! Oggi, nella melma odierna, ci sono sposi e genitori così. Quando due giovani, un ragazzo e una ragazza, si innamorano, crescono nell’amore reciproco e lo vivono secondo la Legge di Dio senza sconti e davvero si vogliono bene come persone in Cristo, e infine consacrano il loro amore con il sacramento nuziale, pensano al loro amore come eterno: «Tua per sempre, tuo per sempre». Il comandamento divino: «L’uomo non separi ciò che Dio ha unito» (Mt 19,6), è da loro sentito e vissuto non tanto come un comando, ma come un’esigenza stessa del loro amore: “Ci amiamo! Vogliamo stare insieme per sempre!”, “come farei a stare senza di te? Impossibile! Semper consortes! Sempre uniti... in Cristo”.
Allora è davvero Gesù vivente in loro che li unisce e divinizza il loro amore. Pensate ai santi sposi Luigi e Zelia Martin, genitori di santa Teresa di Gesù Bambino, ai beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, e a chissà quanti altri coniugi cristiani, tra gli umili e le persone illustri che vivono l’amore così: amore cioè senza morte.
Amore all’Unico
Ma c’è un amore che li supera tutti, che può venire solo da Dio che è l’Amore Infinito ed eterno. Conosco un giovane (oggi è un “giovane antico”, 70enne) che quando aveva 17 anni ebbe un’esperienza tale di Gesù, da poter dire: «Ora Gesù non solo lo credo, ma lo “vedo”». Da allora, non poté amare che Lui: «Gustato Jesu, omnis caro decipitur». Sì, una volta che hai gustato Gesù, ogni altra attrattiva perde sapore. E si è consacrato a Lui per sempre. Tutto il suo amore, tutta la sua vita, tutto ha consacrato a Gesù unico amore, solo con Gesù solo.
Come costui, sono milioni che, nella Chiesa delle origini fino alla Chiesa di oggi, così travagliata, sono stati da Dio quasi “baciati in fronte” da Lui, il quale ha detto a ognuno di loro: «Tu sei mio, tu sei mia... per sempre». Essi hanno capito, per un dono speciale, che Gesù solo può soddisfare la loro sete di essere amati e di amare. Gesù solo può dare loro questo dono divino (la vocazione) di poter spendere la vita per l’Amore unico che è Dio solo e il Figlio suo. L’amore umano può deludere, può tradire, può, purtroppo, venire meno: Gesù solo non delude, non tradisce, non viene meno. Lui è il fedele.
Nasciamo tutti inclinati a prolungarci nei nostri figli. Ciò è bellissimo e grandioso: è la paternità e la maternità nella carne, destinata a popolare la terra e il Cielo di santi. Ma questo ha pure un limite naturale. Mentre a chi Gesù chiama per Sé solo, a farsi “eunuco” per Lui, può dare figli nello spirito – una famiglia nello spirito che non ha limiti. Chi risponde a Gesù: “Sì, sono tutto tuo, ma ho sete di figli”, si sente replicare da Lui: “Io ti darò una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia del mare”.
Pensate a san Francesco d’Assisi, a san Domenico di Guzman, a san Giovanni Bosco, a san Massimiliano M. Kolbe: quale offerta totale a Gesù e quale figliolanza lasciano ancora nel mondo! Ma anche un Christifideles laicus, giovane uomo o giovane donna, che si dà a Dio, “nel mondo, ma non del mondo”, per una missione tutta sua, alla sera di ogni giorno speso per Lui, guardando le sue mani nude, senza anello nuziale, può dire: “Sono mani di padre, sono mani di madre!”.
Punto. Ma questo è pienezza di vita. È l’amore più sublime. Amore, cioè, “senza morte”. Amore divino. Vita eterna. Dio vivo che abita nell’uomo. L’uomo che trova la sua totalità in Dio, Colui che solo è Amore “senza morte”, cioè la Vita.