SPIRITUALITÀ
24 settembre | San Vincenzo M. Strambi: una vita per la Chiesa
dal Numero 36 del 24 settembre 2023

«Camminiamo in una umiltà generosa: prendiamo nuove forze dalla speranza, che ottiene quanto spera. Il santo amore sia l’anima di tutta la vita interiore. Oh amore, oh amore! Tu formi il Paradiso in terra» (san Vincenzo M. Strambi).

Verso la metà di ottobre del 1775, nella casa dei Santi Giovanni e Paolo a Roma, sta per morire padre Paolo della Croce, circondato dai Passionisti da lui fondati. Tra loro c’è padre Vincenzo M. Strambi appena trentenne, che ha ricevuto l’abito religioso dal santo fondatore. Il Santo lo chiama, gli stringe le mani e gli dice: «Padre Vincenzino, ti raccomando la nostra Congregazione». Il giovane religioso è sorpreso, ma padre Paolo della Croce aggiunge ancora: «Farai cose grandi, farai del gran bene».

Grande missionario

Vincenzo nasce a Civitavecchia il 1° gennaio 1745. Il papà è farmacista. La mamma è una brava signora impegnata con il marito in tante opere di carità. C’è Gesù al centro di tutto. Crescendo, il ragazzo dice di volersi fare sacerdote per Lui. La mamma ne è felice, un po’ meno il papà. Giovanissimo, entra nel seminario di Montefiascone, dove inizia la sua formazione che completa a Viterbo. A suo padre, che avrebbe altri progetti, dichiara: «L’unica mia eredità è il Crocifisso».

Suddiacono a 21 anni, dal vescovo di Montefiascone è nominato prefetto del seminario. Si fa voler bene da tutti, continua a studiare e a crescere in santità. A 22 anni è chiamato ad essere rettore del seminario di Bagnoregio. A 23 anni non ancora compiuti, il 29 dicembre 1767, è ordinato sacerdote. Presterà servizio in diocesi, o prenderà il volo? Sembra essere nato per comandare, tanto sono precoci le cariche che gli sono affidate, ma lui in verità, è nato per servire. Per davvero.

Sente sempre più chiaro il richiamo alla vita religiosa. A Civitavecchia, durante una missione al popolo, può parlare con Paolo della Croce e rimane affascinato da lui e dai suoi Missionari Passionisti. Ha potuto parlare con lui a Vetralla dove è andato a fare gli esercizi spirituali. Nel 1768, don Vincenzino è accolto tra i Passionisti dallo stesso fondatore a Monte Argentario (Grosseto). Papà farmacista non è d’accordo, ma presto è conquistato pure lui dal fascino di san Paolo della Croce che si avvicina al tramonto come il sole in un mare di luce.

Dopo il periodo di noviziato, padre Vincenzo professa i santi voti, il 24 settembre 1768: sacerdote lo era già; ora è anche padre passionista.

Comincia subito a predicare missioni al popolo ed “esercizi” al clero. Come ci si aspettava, dimostra di essere nato per essere predicatore e missionario sulle orme di padre Paolo. Nel 1773, è chiamato a Roma al convento dei santi Giovanni e Paolo come insegnante e rettore dei chierici passionisti studenti di teologia. Ha molta cura per la formazione di questi giovani e per la loro salute. Ma non riesce a stare senza predicare: lo fa soprattutto a Roma, anche in momenti difficili. Per l’inizio dell’Anno Santo 1775, il papa Clemente XIV lo fa predicare in Santa Maria in Trastevere. Tra gli uditori c’è lo stesso Pontefice, il quale lo chiama anche a predicare più volte gli esercizi a cardinali, vescovi e prelati della curia romana.

Presto appare tra i più grandi missionari del suo secolo. Anche il nuovo papa Pio VI lo stima; presto la sua predicazione è accompagnata da fatti prodigiosi e profezie, così che viene chiamato “il predicatore passionista santo”. Quando il popolo romano insorge per il diffondersi delle idee storte della Rivoluzione francese, nel 1793, padre Vincenzo è chiamato da Pio VI a fare qualcosa: alla sua parola ritorna la pace.

Nei casi difficili, anche il Papa ricorre a lui per consiglio e per aiuto. Padre Vincenzo ha un’autorevolezza e un fascino singolari, perché è vero uomo di Dio. Alla fine di agosto del 1799, in esilio e in prigionia di Napoleone, a Valence, in Francia, muore il papa Pio VI. Ma non è l’“ultimo Papa”, come qualcuno aveva detto esultando, perché il 14 marzo del 1800, in seguito al conclave radunatosi a Venezia, viene eletto papa il card. Chiaramonti, con il nome di Pio VII. In conclave cinque cardinali hanno votato per padre Vincenzo Strambi!

Nell’Ordine Passionista è docente di teologia, direttore dei chierici “teologi”... Diventa pure superiore provinciale e consultore dell’Ordine. Ma non disdegna i lavori più umili, come un qualsiasi religioso. Sa consolare i sofferenti e infervorare i confratelli e le anime dei consacrati. Scrive testi per la scuola e testi di meditazione e di preghiera, il più bello dei quali è Il mese del Preziosissimo Sangue di Gesù. Il suo capolavoro è la Vita del ven. Servo di Dio padre Paolo, con competenza di storico, di teologo e di uomo tutto di Dio.

È ricercatissimo come direttore spirituale: tra le anime che vanno da lui ci sono san Gaspare del Bufalo, la beata Anna Maria Taigi, la regina Maria Clotilde di Savoia, moglie di Carlo Emanuele IV re di Sardegna. Fa cambiare vita a Paolina Bonaparte, sorella minore di Napoleone e riportandola ad una buona vita cristiana.

Così succede che nel 1801, per tanta autorevolezza e santità, Pio VII, con un motu proprio lo nomina vescovo di Macerata e Tolentino.

Il buon pastore

Il 26 luglio 1801 è consacrato vescovo, il 31 parte per Macerata, angosciato per la separazione dai suoi confratelli. A Macerata inizia il rinnovamento della vita sacerdotale e cristiana. Visita i parroci uno per uno, i monasteri, l’ospedale, le carceri. Inizia una grande missione al popolo nella quale predica lui stesso, con Gesù Crocifisso al centro di tutto e con vera passione di amore. Sempre il primo ad aiutare i poveri. Per le visite alle parrocchie, non vuole né feste né pranzi. Vive umile, austero, amabile verso tutti. Promuove la vita consacrata.

Ma sono tempi durissimi per la Chiesa. Nel 1805 Napoleone, ormai imperatore, nonostante la bontà di Pio VII, inizia a occupare lo Stato della Chiesa. L’esercito francese entra anche a Macerata. Dal 28 settembre 1808, il santo vescovo è deportato prima a Novara e poi a Milano, ma non smette di governare la sua diocesi anche dall’esilio. Incoraggia preti e vescovi esuli come lui. È confessore di laici e di sacerdoti e predica al clero, ai fedeli e alle religiose.

Napoleone arriva a eliminare le famiglie religiose. I Padri Passionisti sono dispersi come altri religiosi. Mons. Vincenzo è vicino ai suoi confratelli, come un padre assai avveduto. Il primo posto nel suo cuore paterno è per la sua diocesi. Sa che Napoleone come tutti i despoti cadrà presto e infatti cade nella battaglia di Lipsia nel 1814 e torna la libertà per la Chiesa. Il 14 maggio 1814 Macerata riaccoglie in festa il suo vescovo. Ad Ancona mons. Vincenzo incontra papa Pio VII, pur lui di ritorno dall’esilio. Nonostante i suoi 70 anni e le forze in declino, riprende con slancio il suo ministero in diocesi.

Lo chiamano “padre della città”, perché inizia una grande opera di ricostruzione spirituale: è sempre così, i tiranni senza Dio distruggono, ma poi tocca agli uomini di Chiesa riedificare. Come se non bastasse, dilagano una terribile epidemia e la carestia. Il vescovo non sospende le Sante Messe né chiude le chiese, ma lui stesso con i suoi sacerdoti si reca ad amministrare i sacramenti a malati e sofferenti. Nelle chiese si celebrano le Messe e si prega. Lui stesso stende la mano ai più benestanti per sfamare i poveri. Apre case per la salvezza di persone in pericolo. Monsignore è per Macerata ciò che san Carlo Borromeo fu per Milano nel ’500. Tuttavia non tralascia di predicare missioni ed esercizi spirituali, perché il primato è sempre di Gesù solo...

Ma ora non ne può più. Più volte chiede al Papa di essere sollevato dalla diocesi. Pio VII non l’ascolta. Il Sommo Pontefice muore dopo 23 anni di pontificato, il 20 agosto 1823. Gli succede, il 20 settembre 1823, il card. Maurizio della Genga, con il nome di Leone XII, il quale accoglie la richiesta del santo vescovo per dargli un altro prestigioso incarico: essere suo consigliere e confessore. Il 21 novembre 1823 saluta Macerata, la quale, come una bambina rimasta orfana, piange a dirotto.

Leone XII lo consulta ogni giorno, e con lui studia un progetto di santificazione per la diocesi di Roma e per tutte le diocesi della Chiesa. I cardinali della curia romana, quando lo vedono, gli si inginocchiano davanti e gli chiedono la benedizione. A dicembre, Leone XII si ammala gravemente. Il Papa lo chiama per gli ultimi sacramenti, ma mons. Strambi gli dice: «Coraggio, Santo Padre. Dio non priverà la Chiesa della sua guida in tempi così difficili. C’è una persona che offre la vita per la vostra guarigione».

All’alba del 24 dicembre 1823, monsignore celebra la Messa e offre la sua vita per il Papa, il quale guarisce rapidamente e il giorno di Natale può celebrare la Santa Messa con solennità tra lo stupore dei romani. Il 1° gennaio 1824, giorno del suo 79° compleanno, mons. Strambi va incontro a Dio. Sempre, in special modo da quando Pio VII lo aveva consacrato vescovo, era stato l’eroico buon pastore a immagine di Gesù.

Nel 1950, il Santo Padre Pio XII lo ha iscritto tra i santi. Dal 1957, riposa nella cattedrale di Macerata. La sua vita è stata tutta per Gesù Crocifisso e per la sua Chiesa.

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