SPIRITUALITÀ
Un re per la vita
dal Numero 30 del 30 luglio 2023
di Paolo Risso

Qualcuno lo definì addirittura “prolungamento di Cristo”, tanto era capace di trasmetterne la presenza. Il re Baldovino è stato un testimone autentico della fede, pronto a lasciare il trono pur di non tradire Cristo approvando l’aborto.

Il 31 luglio 1993, si spegneva nella sua villa di Motril, in Spagna, a soli 63 anni, il re Baldovino del Belgio. All’omelia dei suoi funerali, il cardinale arcivescovo di Malines-Bruxelles, disse: «Verrà il giorno in cui il mistero di re Baldovino sarà svelato. Allora il mondo si porterà la mano alla bocca per lo stupore. Il re non ha mai nascosto la sua fede».

Uno stile di vita
Re Baldovino del ducato di Sassonia-Coburgo nasce il 17 settembre 1930. A 5 anni perde la mamma, morta in un incidente stradale. La sua vita comincia con il dolore, ma il principino compie presto il grande incontro con Colui che riempie ogni solitudine e orfanezza. Dalla sua prima Comunione avvenuta l’8 novembre 1938, Gesù sarà il più grande amore della sua vita: la sua esistenza diviene un “cenacolo eucaristico”. Studia con impegno e si appassiona alla storia. Medita il Vangelo e cresce nella conoscenza di Gesù Cristo e nell’unione con Lui. Il 5 aprile 1943, riceve il sacramento della Cresima dal card. Van Roey. Sarà un meraviglioso “cavaliere di Cristo”. Vive nel castello di Ciergon tra studio – guidato da dottissimi professori – e passeggiate nei boschi. Al mattino serve la Messa e si unisce con la Comunione al Santo Sacrificio di Gesù. Non lontano scopre il monastero di Saint-Rémy ed è affascinato dalla vita di silenzio e di intimità con Gesù, che ivi vivono i Trappisti e sogna di farsi trappista pure lui.
Intanto il Belgio viene invaso dai tedeschi. Nel 1944, il ragazzo subisce la prigionia a Hirschstein, poi a Stob, fino all’8 maggio 1945, quando è liberato dagli americani. Suo padre, il re Leopoldo, lo prepara alla successione in un momento difficile per il Belgio. Il 21 luglio 1951, a soli 21 anni, sale al trono. Nonostante la sua giovane età merita enorme fiducia dal popolo: i belgi, fiamminghi e valloni si stringono attorno al loro re dal volto dolce, dalla vita austera, dal cuore tutto di Dio (“un cuore monaco”), saggio più di Salomone.

Prima di tutto, Dio
Nel 1955, dice il suo “sì” ai fratelli del Congo firmando la loro indipendenza: lo ricorderanno come il re buono quando andrà a fare loro visita, e i bambini congolesi si assieperanno lungo le vie per stringergli la mano.
Vorrebbe vivere come “un consacrato” sul trono, ma chi guida la sua anima gli dice di sposarsi e di avere un erede per la successione. Così, re Baldovino, il 15 dicembre 1960, sposa Fabiola, nobildonna spagnola, la quale presto dirà di lui: «Vivo accanto a un santo». La sera delle nozze, il re dichiara in tv: «Amarsi non è guardarsi negli occhi, ma guardare insieme nella stessa direzione». Baldovino e Fabiola hanno un solo desiderio: farsi santi e avere dei figli, nella volontà di Dio. Ma non è loro dato. Questa sofferenza li apre ad una paternità-maternità verso i figli degli altri, con somma predilezione per i bambini più poveri. Qualcuno dice (lo scrivono anche i giornali): «La provincia del Belgio più amata è l’infanzia».
Politico e statista, ha un altissimo concetto della sua funzione e un grandissimo senso del dovere; rispetto per tutti, al di sopra delle parti e dei partiti; obiettività di giudizio e capacità di ascolto. Lavora per la promozione dei più umili e per la pace nel mondo, l’unità della famiglia della nazione e dell’Europa: non l’unità dell’attuale Unione Europea, ma l’unità fondata sulle comuni radici cristiane, perché centro di unità è solo Gesù Cristo. Le scelte da lui proposte appaiono le più sagge, perché hanno l’impronta del Vangelo, sempre attuale, sempre efficace a far nuove tutte le cose.
Quando cammina per le vie, nelle visite alle città si trattiene con la gente più semplice, i ragazzi, i giovani, gli anziani, si china verso di loro faccia a faccia per ascoltarli. Si dedica ai piccoli, agli emarginati, ai malati di AIDS. Opera per recuperare i respinti dalla società. In ogni uomo, vede Gesù. Chi lo avvicina, commenta: «Avete notato? Il re ha sempre lo stesso sguardo di quando era ragazzo: il volto, lo sguardo trasparente di un bambino!».
Tutto gli viene dalla preghiera quotidiana che non tralascia mai: «Signore – annota – fa’ che io sia oggi, per Fabiola e per quelli che incontrerò, un riflesso del tuo amore». E ancora: «Dio non ci chiede di essere degli esperti nei più diversi campi, ma di amare gli uomini con il suo Cuore, parlare loro con le sue parole. Signore Gesù, noi lo vogliamo, Fabiola e io, con tutta l’anima».

4 aprile 1990
Tra i tanti “sì” detti da re Baldovino, c’è un “sì” che ha percorso e scosso il mondo, il “sì” a Dio come unico Signore della vita. Il 4 aprile 1990, depone la corona regale e abdica al trono per non firmare la legge iniqua dell’aborto, che non è un diritto, ma un abominevole delitto. Qualche giorno prima, aveva trascorso un’intera notte in preghiera nella Santa Casa di Loreto, nelle Marche. Prima della decisione, informa Fabiola sulle possibili conseguenze del suo rifiuto: «Andremo a mendicare per vivere, ma una legge che uccide i bambini più indifesi non avrà mai la mia firma». Fabiola accetta di sostenerlo, in qualsiasi situazione, anche la più dolorosa: un cristiano, un uomo onesto non approva l’aborto, mai!
Baldovino si ritrova solo a decidere. Anche chi lo guida lo lascia libero secondo la propria coscienza. Grazie a Gesù che gli parla al cuore – «Dominus solus dux eius fuit [Il Signore, lui solo lo ha guidato]» (Dt 12,32), sa che cosa deve fare: «Mi sono imbarcato solo con la mia coscienza e Dio. Se non l’avessi fatto, mi sarei sentito colpevole per tutta la vita di aver tradito il Signore». C’è chi lo accusa di non servire il popolo e di cadere nell’impossibilità di regnare. Lui non firma una legge omicida e infanticida. Al primo ministro Martens che cerca di convincerlo a firmare, Baldovino, che non era diventato padre, dice soltanto: «Io avrei voluto averlo un figlio handicappato!».
Pochi giorni dopo, Baldovino, che ha rinunciato a tutto per difendere la vita nascente, è richiamato al suo posto. Nell’estate del 1991, 40° anno del suo governo, i belgi si stringono attorno a lui, per dirgli: «Grazie, Sire».

Il suo segreto
Lo ha detto il cardinale arcivescovo di Malines-Bruxelles ai suoi funerali: «Lo si diceva triste, invece era un uomo di una gioia intensa, ardente. Amava Dio alla follia e si sentiva amato da Lui. La preghiera, la Messa con la Comunione quotidiana, la lettura del Vangelo, il suo amore alla Madonna, invocata con il Rosario, la penitenza: ecco la sorgente segreta che alimentava la sua esistenza». Aveva confidato Baldovino: «Io non sono triste; tristi sono gli atei. I capi di stato atei sono di una tristezza abissale. Ma noi credenti abbiamo la gioia di Dio».
Nel suo palazzo di Laeken aveva la cappella: lì passava ore in preghiera, in Adorazione eucaristica e a colloquio con Gesù, per il suo popolo, per la soluzione dei problemi dell’umanità, per ottenere di guidare il suo popolo con lo stile del Vangelo. Confidava all’arcivescovo: «Io non posso stare un giorno senza la Messa e la Comunione». Quando andava in visita a paesi non cattolici, portava con sé un sacerdote che ogni mattina celebrasse la Messa, cui partecipava con la fede e l’amore di un bambino.
L’arcivescovo ha così concluso la sua omelia: «Grazie, nostro re! Continua a pregare per noi». Su La libre Belgique, un giornalista ha scritto: «Per me re Baldovino era il prolungamento di Cristo. Attraverso di lui, si sentiva la sua divina presenza. Una volta, ho visto il re inginocchiato per terra, sul pavimento polveroso della chiesa di Touringes-la-Crosse. Non su un cuscino, ma per terra. Era così semplice... oh, sì, un santo!» (9 agosto 1993, p. 10). Credenti e non credenti, anche quelli più tristi, hanno visto in lui il Volto luminoso di Gesù, il Re divino.  
 

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