SPIRITUALITÀ
“Mi sono dimenticato di sposarmi”. Una storia vera
dal Numero 29 del 23 luglio 2023
di Candido Nepote

Il giovane Luca R. è il professore che ogni studente vorrebbe nella sua classe. Cristiano tutto d’un pezzo, non teme di portare Cristo anche fra i banchi di scuola. Ammirato dai suoi giovani ragazzi, un giorno questi gli pongono una domanda inattesa: Luca è costretto a rivelare il suo segreto... 

Veniva a scuola ogni giorno, giovane (oggi ha 75 anni), simpatico, elegante, il volto sorridente, lo sguardo intenso. Era professore di lettere, Luca R., coltissimo: la parola precisa e vivace, l’ascoltarlo affascinava. Da alcuni anni ormai insegnava alla scuola media e si distingueva tra tutti per la dedizione ai suoi studenti, specialmente a quelli più sfortunati, per l’impegno serio con cui portava avanti il suo lavoro, per il rapporto cordiale e schietto con i colleghi e con le famiglie dei suoi ragazzi.
Pur svolgendo il programma (come si diceva allora) sino in fondo, prestava attenzione ai suoi ragazzi: li ascoltava uno per uno, veniva incontro alle loro difficoltà, li accompagnava nella crescita, come se ciascuno di loro fosse per lui un figlio. Ed essi avvertivano nel loro insegnante qualcosa di diverso che li affascinava.

Professore esemplare...
Era convinto, il prof., che non si può educare alcuno se non gli si propone la figura di Gesù. Per questo cercava di testimoniarlo con la sua vita e spesso parlava di Lui. Discuteva con i ragazzi dei loro problemi di vita, affrontava i “grandi perché” dell’esistenza, del dolore e della morte. Spesso concludeva con lo sguardo luminoso: «Solo Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo per noi, può rendere bella e grande la vita».
Riuscì persino a pubblicare tre volumetti (preparati con i ragazzi) in cui narrava come si può insegnare italiano e storia alla luce della fede, alla luce di Gesù, e far sgorgare dal culto della verità – e da Lui che è la Verità – una cultura cristiana.
Quei volumetti ebbero un buon successo, ma causarono diversi fastidi al professore. Il preside, qualche collega e persino certi preti moderni(sti) gli dissero che non aveva il diritto di parlare di Gesù in aula durante le ore di lettere, che ciò era contrario al pluralismo; in una parola, che Gesù doveva star fuori scuola.
Luca se ne infischiò e rispose: «E voi che diritto avete di parlare di Marx, di Mao, di Che Guevara come fossero dei liberatori? Perché chiedete ai ragazzi che sappiano tutto di Giulio Cesare e di Napoleone, che erano dei banditi, e lasciate che ignorino Gesù Cristo, che è la Verità, e dal quale viene ogni civiltà e ogni vero valore?».
Non sapendo che cosa rispondere, quelle menti vendute l’avrebbero “fulminato” volentieri, ma, purtroppo per loro, non potevano discuterne la competenza professionale e l’autorevolezza che possedeva sui suoi ragazzi. Lui, com’era solito fare fin da bambino, continuava la sua strada e nessuno riuscì a tappargli la bocca. L’aveva imparato dalla sua mamma e dal suo parroco.

...e cristiano autentico
Un giorno, alcuni dei suoi ragazzi vollero sapere di più sul loro professore. Avevano già scoperto dove abitava e una mattina andarono fino a casa sua per “prelevarlo” e accompagnarlo a scuola. Due si offrirono persino di portargli la borsa. Ma, giunto davanti alla chiesa, lui disse loro: «Grazie, ragazzi, ma datemi la mia cartella: io devo fermarmi un può qui». Entrò in chiesa... Due, tre ragazzi, dopo qualche istante, lo seguirono. Videro il loro insegnante di lettere in preghiera, mentre il parroco celebrava la Messa, e notarono che si accostò alla Comunione come chi va a un incontro d’amore.
Giunti a scuola, lo dissero ai compagni. Una ragazzina commentò: «Che scoperta! Io lo sapevo già perché abito vicino alla chiesa e vedo che va a Messa e alla Comunione, tutti i giorni!».
Quella mattina, quando entrò in classe alla seconda ora, i suoi studenti si alzarono in piedi, in segno di saluto: lo facevano più volentieri per lui, “quello di lettere”, sempre disposto a comprendere, ad aiutare. Appena sedutisi, il professore scese tra i banchi e posò davanti a ciascuno un piccolo libro da lui scritto per i ragazzi: «È il mio dono per voi... Vorrei che lo leggeste tutti, non per l’interrogazione, ma per voi stessi. Poi ne parleremo». 
La lezione cominciò... Aveva il dono di rendere vivo e luminoso quanto diceva, sia che fosse un bel racconto di qualche autore italiano o straniero, o una regola di grammatica e di sintassi. Tutto rendeva vivo, perché lui era un uomo, un cristiano vivo, non un uomo spento.
Ma parlando, egli aveva notato che in aula c’era un posto vuoto e domandò: «Chi ha notizie di Max?». Un ragazzo rispose: «Ha il papà seriamente ammalato. Ieri è stato ricoverato all’ospedale d’urgenza. Io so che Max è molto triste e preoccupato». «Dobbiamo essergli tutti molto vicino, ragazzi miei – concluse il professore – non dobbiamo lasciarlo solo».

Quasi come un papà
Lo stesso pomeriggio, Luca R. andò a trovare Max, ascoltò con viva partecipazione il suo sfogo, poi con parole di fede confortò lui e i suoi cari in ansia e alla fine disse: «Quando hai un po’ di tempo, vieni a casa mia: ti farò lezione, perché tu non debba restare indietro, d’accordo Max?». E lo salutò con un abbraccio: «Non temere, io e tutti i tuoi compagni preghiamo Gesù e la Madonna per te e per il tuo papà. Tu sii forte e sostieni la tua mamma». 
Le cose andarono avanti così per diverse settimane... A scuola i ragazzi seppero quanto l’insegnante stava facendo per il loro compagno. Scoprirono anche che era catechista in parrocchia per i ragazzi che si preparavano alla Cresima in quell’anno, che si interessava dei più poveri anche sborsando di tasca sua. Queste “scoperte” accrebbero la loro ammirazione nei suoi confronti ed erano felici che proprio a loro fosse toccato di averlo come insegnante.
Ma purtroppo, dopo alcuni giorni il papà di Max morì a soli 40 anni, lasciando la moglie e due figli giovanissimi. Piansero tutti insieme come per un lutto familiare...Quando Max tornò a scuola, tutti gli furono attorno e fecero a gara per fargli sentire il loro affetto, per non lasciarlo solo. Il prof. era orgoglioso dei suoi alunni.
Intanto l’anno scolastico volgeva al termine. In molti avrebbero ricevuto la Cresima. Alcuni discutevano su chi sarebbe stato il loro padrino o la loro madrina. Ne parlavano anche con il loro insegnante, nell’intervallo, nei momenti liberi. Una mattina Max si avvicinò al suo professore e gli domandò: «Vorrei tanto che fosse lei a farmi da padrino per la mia Cresima... Accetta?».
La domenica di Pentecoste, all’inizio di giugno, Luca R., nella chiesa ridente di luce, di fiori e di canti, in mezzo ai ragazzi, ai genitori, ai padrini e alle madrine, presentò al vescovo il suo allievo perché lo segnasse con il sacro Crisma dello Spirito Santo e lo rendesse forte e luminoso come Gesù. Poi lo accompagnò a casa dove Max, con la mamma, la sorellina e alcuni parenti più prossimi, ebbe la sua festa serena e raccolta. Sul tavolo dove faceva i compiti, alla sera, Max trovò un grosso pacco, pieno di cose belle e utili, e una lettera con la scrittura che ormai ben conosceva: «Caro Max, mi hai voluto come padrino in questo giorno lieto. Ma mi accetti anche come un fratello maggiore e quasi come un papà? Con tanto affetto. Abbi con te per sempre tutto Gesù. Il tuo prof. Luca R.».

Il suo segreto 
L’anno scolastico ormai stava finendo. Mentre i ragazzi svolgevano l’ultima prova scritta, il professore li guardava uno ad uno, domandandosi: “Che ne sarà di loro nella vita?”.
Stefano, che aveva già finito e non riusciva a star fermo, gli domandò: «Scusi, professore, ma perché lei, così buono, così intelligente e colto non si è mai sposato? I suoi figli sarebbero stati dei privilegiati ad avere un papà come lei!».
Non si aspettava, Luca, quella domanda un po’ imbarazzante, ma quasi all’istante rispose con un sorriso: «Sai, è che mi sono “dimenticato” di sposarmi. Non ho avuto tempo. Ho trovato prima di ogni altro amore un Amore unico, infinito: Gesù! E i miei figli, sì, proprio i miei figli, siete tutti voi! E ora sta’ bravo, leggiti qualcosa per conto tuo, perché i tuoi compagni possano finire».
Stefano lo guardò a bocca aperta. Tutti i ragazzi avevano sollevato gli occhi dal foglio, avvinti da quella stupenda dichiarazione. Gli occhi di Max si riempirono di lacrime. In un gran silenzio, tornarono a scrivere, mentre Stefano aveva già ripreso a dondolarsi sulla sedia.
Luca si coprì il volto con le mani: “Dunque – pensò – questi ragazzi già hanno scoperto il mio segreto, il centro unico della mia vita. Fa’ o Gesù, che crescendo negli anni, vivano tutti di te, come te, e per te”.
Ricordò i ragazzi che aveva educato e cresciuto negli anni passati, i poveri che aveva incontrato e aiutato, soprattutto gli assetati di verità che è il bene più grande.
Vide in un attimo il suo futuro: a lui era stato dato un Amore infinitamente più grande e più bello dell’amore di una sposa, di una famiglia propria; gli era stato dato in dono l’amore di Gesù che faceva traboccare la sua vita di ogni altro bene e di un’immensa gioia. “Il centuplo e l’eternità”, come ha promesso il divino Maestro a chi segue “Gesù solo”.  
 

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