SPIRITUALITÀ
Pellegrino dell’Eucaristia
dal Numero 26 del 2 luglio 2023
di Paolo Risso

Si chiamava Casimiro Barello ed era destinato ad una vita fuori dall’ordinario. Fu pronto a rinunciare a tutto pur di seguire la sua singolare vocazione di “pellegrino eucaristico”, “pellegrino dell’Immacolata”.

A Cavagnolo, piccolo paese di campagna nella provincia di Torino, il 31 gennaio 1857 nasce Casimiro Barello, figlio di umili contadini, ricchi solo della loro forte fede nella divina Provvidenza. Dai genitori riceve un’educazione cristiana semplice e lineare. Frequenta saltuariamente la scuola e non va oltre la terza elementare, come la maggioranza dei ragazzi del suo tempo.
Il 13 agosto 1868 riceve la Cresima da mons. Ferrè, vescovo di Casale Monferrato e, un anno dopo, la prima Comunione. Ancora ragazzino, si distingue per l’amore alla preghiera e per la fortezza nell’affrontare le difficoltà della vita. La sua giovane mamma si ammala presto e lui l’assiste sino alla fine. Quando la mamma lo lascia, lui ha solo 12 anni.


Singolare chiamata
Un giorno d’estate, nel paese vicino si fa la festa patronale. La musica lo attrae e lui, quattordicenne, alla sera scappa per andare a fare quattro salti. Ma nel ritorno a casa, si accorge di quanto sia stato superficiale e decide di non dedicarsi più a cose tanto vuote. Nel 1872 si ammala gravemente. Per la festa dell’Assunta si reca in chiesa: lì gli appare la Madonna che lo guarisce e gli dice: «Tu dovrai servire Dio con una vita di preghiera». L’anno dopo si ammala nuovamente, la Madonna gli appare ancora e lo richiama: «Perché non hai mantenuto la promessa? Per questo sei infermo. Devi darti a una vita di penitenza e peregrinare per il mondo, come hai promesso. Questo vuole da te Gesù».
Preghiera e penitenza: è lo stesso messaggio di Lourdes. Casimiro continua a lavorare in campagna con i suoi pensando di darsi tutto a Dio. Nel 1874 vede di nuovo la Madonna che vuole sottrarlo alla vita ordinaria: dovrà partire, uscendo dalla sua terra... per dove? Dove Dio vorrà!


Sulle vie del mondo
Nel suo cuore cresce un grandissimo amore a Gesù Eucaristico. Inizia a passare tutto il tempo che può in chiesa, in adorazione, come se avesse quasi fisicamente percepito che, «se Gesù è lì vivo e vero, se Gesù è tutto, tu dove vuoi andare?». Alla preghiera unisce le forme tradizionali di penitenza. Una domenica dell’autunno del 1874, con il consenso del padre, parte. D’ora in poi sarà pellegrino, penitente, orante per il mondo, fermandosi nelle chiese a pregare, offrendosi per l’umanità, in riparazione dei peccati e per la santificazione dei sacerdoti.
La sua prima tappa è Torino: la Consolata e l’Ausiliatrice. Si confessa, partecipa alla Messa e rimane in adorazione fin quando la chiesa è aperta. Si guadagna il pane con umili lavori, quanto gli basta per vivere giornalmente e soccorrere i poveri. Guidato da un’ispirazione interiore che solo lui conosce, si dirige a Genova, dove resta fino al 1876: innamorato di Gesù, cerca sempre chiese dove si svolgono le Quarantore di Adorazione eucaristica. Non è mai sazio di stare alla presenza del Santissimo Sacramento. Prega in ginocchio anche 10-12 ore al giorno.
Alla fine di marzo del 1876 è a Roma, a San Pietro e a Santa Maria Maggiore: vede il papa Pio IX (oggi beato) e ne riceve la benedizione. Si porta, poi, a Napoli, con l’intento di imbarcarsi per la Palestina, la terra di Gesù, ma non riuscirà mai ad arrivarci. Anzi a Napoli è imprigionato per il suo genere di vita e riportato a Cavagnolo sotto scorta. È l’estate del 1876 e Casimiro, dopo breve sosta, riparte, diretto in Spagna, a Santiago di Compostela. Passa a La Salette e a Lourdes: recita molti Rosari alla Madonna di giorno e di notte.
Giunge in Spagna e si spinge fino in Portogallo. Per il Natale è di nuovo a Cavagnolo, pronto per prestare servizio militare. Ma al suo paese, lo aspetta anche una bella ragazza, di nome Rosina, che si innamora di lui. Casimiro non è insensibile al suo fascino e promette a Rosina di sposarla una volta tornato da militare.


Arrivederci in Paradiso
Dal febbraio 1878 all’agosto 1880 è soldato a Torino, Venezia e infine a Pescara: diligentissimo negli incarichi affidatigli, tutte le libere uscite le passa in chiesa davanti al Tabernacolo. I commilitoni lo deridono, gli danno del “frataccio”, ma molti per il suo esempio cambiano vita. Nel maggio del 1879, una sera, mentre recita il Rosario, la Madonna gli appare per chiarirgli definitivamente che Gesù lo vuole pellegrino per il mondo: «Amami e donati tutto a me. Non essermi ingrato, esegui i miei ordini, onorami in presenza del mondo e non vergognarti di me... Raccomandati a me nei pericoli e Io non abbandonerò un peccatore che si pente e mi ama».
Casimiro scrive a suo padre: «Se tu vedessi le cose che io vedo, piangeresti di gioia... Arrivederci in Paradiso». Alla fidanzata scriverà: «Servirò Dio solo. Non pensare più a me. Ti volevo tanto bene, ma l’amore di Gesù e quel che provo nell’amarlo è infinitamente più grande». Rosina, davanti a quella lettera, decide anch’ella che non si sposerà e vivrà a sua volta per Gesù solo.
Imbarcatosi a Livorno per la Spagna, giunge a Barcellona e vi resterà fino alla primavera del 1881: la Spagna sarà la sua seconda patria. Diranno quelli che lo hanno conosciuto: «Casimiro parla poco, prega molto, ascolta tutti. Passa lunghe ore in chiesa, dorme sulla nuda terra, a volte sotto le stelle; aiuta i poveri con i risparmi del suo lavoro». Per un certo periodo, tra il 1881 e il 1882, vive come eremita con aspre penitenze, rivelandosi un giovane di straordinaria purezza.


Gesù unico tesoro
Apprendendo della morte del padre molti mesi dopo, si dirige verso l’Italia. Nel frattempo viene deriso, insultato, più volte arrestato, sempre lieto di soffrire per Gesù e per la conversione dei peccatori. Molti però comprendono il suo messaggio e lo venerano come uomo di Dio; altri, scossi da lui, si convertono.
A Cavagnolo, nel febbraio del 1883, rinuncia alla parte di eredità a favore del fratello Corrado, perché, come dirà: «Il mio unico tesoro, la mia vera eredità è Gesù». Il parroco, don Amione, racconta che quando era al paese natio, Casimiro si confessava sovente e ogni giorno assisteva alla Santa Messa e poi si fermava lungamente in chiesa, fissando lo sguardo sul Tabernacolo, invocando Gesù e piangendo, offrendosi in riparazione degli scandali, dei sacrilegi e dei disprezzi che il Signore riceve da parte degli uomini.
Nel marzo del 1883, riparte un’altra volta verso Genova. Lungo la strada parla di Gesù e delle verità eterne: il fine della vita, la salvezza dell’anima, la fuga dal peccato, l’inferno, il Purgatorio e il Paradiso, operando svariate conversioni. Il suo sconfinato amore per Gesù impressiona e risveglia in molti l’amor di Dio e il desiderio dell’Adorazione eucaristica. A Genova, il 17 aprile 1883, incontra don Semino che diventa il suo direttore spirituale e lo conferma nella sua singolare vocazione di “pellegrino eucaristico”, di “pellegrino dell’Immacolata”. Don Semino gli raccomanda la Comunione il più frequentemente possibile, anche quotidiana.


Pazzo per Dio
A un giovane che lo compassiona per le sue persecuzioni, Casimiro risponde: «Non si è mai sicuri di fare la volontà di Dio, come quando si soffre per Lui». A un altro giovane spiega: «Non è da superbi volersi fare santi, è questo il fine per cui siamo stati creati».
Il 2 maggio 1883, vigilia dell’Ascensione, attorno a lui scoppia un tumulto ed è portato in carcere. L’indomani, per opera dei nemici della Chiesa, è cacciato da Genova perché dà fastidio solo con la sua presenza! Verso la fine del mese è già a Rimini, in preghiera nella chiesa di Santa Chiara, all’altare di San Benedetto Giuseppe Labre, di cui sta leggendo la biografia e che imita nello stile di vita. Si ferma a Loreto nella Santa Casa, poi a Lanciano nella chiesa del Miracolo eucaristico, dove il 5 giugno viene accolto nel Terz’Ordine Francescano.
Mons. Luigi Agazio, vescovo di Trivento che lo accoglie in quei giorni, lo considera un santo e dirà: «Casimiro sceglieva i luoghi dove c’erano più sacerdoti e più Messe, per non mancare mai alla possibilità di prender parte al Sacrificio eucaristico e di accostarsi alla Comunione con Gesù».
A Campobasso viene arrestato nuovamente e ricondotto a Cavagnolo: è contento di essere rivisto dai compaesani con le manette ai polsi e di essere umiliato per rendersi ancora più simile a Gesù durante la sua Passione. Il fratello ne chiede la liberazione e lo ospita in casa sua. Casimiro trascorre le sue giornate in chiesa, davanti all’altare, svolge i lavori più duri e dorme sulla paglia, sotto le stelle.
In quell’inizio di ottobre del 1883, si reca alla festa del Rosario a Monteu, in Piemonte, dove prega a lungo in ginocchio davanti alla cappella di San Grato, in modo da essere visto da tutti nel suo stato di “penitente”: «Da giovinetto – spiega – qui ho dato scandalo, ora intendo riparare». A un compagno di adolescenza che cerca si imitarlo, risponde: «Dicano quel che vogliono, anche se molti del paese mi stimano pazzo. Meglio essere pazzi per Dio che sapienti per il mondo». È il suo stile, il suo programma, la follia della croce, del divino Crocifisso che salva il mondo sul patibolo più infame.


Schiavo del Tabernacolo
L’8 ottobre 1883 lascia Cavagnolo per sempre. Raggiunta la Spagna, l’8 dicembre è in preghiera al Santuario di Montserrat. A Valenza, ospite di un buon prete, don Cervera, Casimiro riceve una lettera da don Semino: «Confessati sovente, ricevi la Comunione tutti i giorni. Ripara le ingiurie che Gesù riceve in questo suo Santissimo Sacramento. Trasformati in Lui». Obbedisce alla perfezione.
Nei luoghi dove passa, austero e gioioso, edifica e converte con la sua presenza. A Xàtiva, nel febbraio 1884, in giorni freddissimi, pregando, soccorrendo i poveri, i malati, i carcerati, predica di fatto una vera missione al popolo. Quindi, si incammina verso Santiago, dove però non arriverà mai, accompagnato da molti che vogliono stargli vicino, pregare con lui, e dicono: «È un santo, un altro Gesù». 
Ad Alcoy, ospite di un negoziante di stoffe, Giuseppe Valerio, il 23 febbraio, fa da padrino di Battesimo al bambino del commerciante, che viene chiamato Casimiro. Ormai sente vicina la sua ultima ora. Il Mercoledì delle Ceneri, dopo la preghiera, dichiara a chi viene a fargli visita: «Alcoy è colpevole di un grande peccato. La vostra industria è in declino, perché non santificate più la domenica, giorno del Signore, per la vostra sete di guadagno. Cambiate vita!». È il suo testamento, e viene ascoltato.
Gli ultimi giorni, benché arso dalla febbre per la polmonite gravissima che lo ha colpito, Casimiro li trascorre in chiesa: «Il pensare che Gesù è presente nell’Eucaristia, il pensare che vi sta per mio amore, mi vede, mi sente, mi ascolta, mi è motivo di grandissima gioia e non partirei mai dalla sua presenza».
Per una chiamata singolare che la Madonna gli ha fatto sentire, Casimiro è stato l’eroico adoratore di Gesù Eucaristico, “lo schiavo del Tabernacolo”, sorgente unica di santità e di ogni grazia.
Alle 16.30 del 9 marzo 1884, Casimiro Barello va dolcemente incontro a Dio. È la seconda domenica di Quaresima, la domenica della Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor. Ha soltanto 27 anni.
Nel 2001, il Santo Padre Giovanni Paolo II lo ha proclamato venerabile, eroico nell’esercizio delle virtù cristiane, segno vivo che si può vivere non solo per Gesù, ma di Gesù solo. Come Lui ha assicurato a Cafarnao: «Chi mangia di me [chi adora me] vivrà per mezzo di me» (Gv 6,57).   

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