SPIRITUALITÀ
La testa di Giovanni su un piatto d’argento
dal Numero 24 del 18 giugno 2023
di Suor Ostia del Cuore Immacolato

Erodiade aveva tentato di eliminare per sempre la testimonianza di Giovanni Battista. L’ha invece esaltata, perpetuandone l’eco che, in questi tempi scristianizzati, fa udire ancora il suo rimprovero. 

La testa di Giovanni Battista “su un piatto d’argento” (cf Mc 6,25) mi ha sempre tanto impressionata. Quando ero bambina, infatti, nella chiesa da me frequentata potevo scorgere, su una colonna a lato, proprio una grande testa di marmo su un piatto. Questo ricordo mi è sempre rimasto nella mente e, anche se allora non capivo di chi fosse quel capo troncato, l’impressione non era negativa ma suscitava in me profondo rispetto. Credo che la grazia del Battesimo, in un bambino, lavori anche nell’inconsapevolezza, e tante volte immagini, capitelli e statue sacre sono un “catechismo” che si incide fortemente nelle anime. 
Quando venni a sapere della tremenda vicenda del martirio di san Giovanni Battista, mi colpì il fatto che quel capo troncato era l’emblema di una testimonianza che riguardava tutti. Infatti, san Giovanni predicava con schiettezza ai farisei, come alla gente comune e ai potenti. Erode, in particolare, era un pagano, pervertito dal vizio e Gesù, quando fu portato davanti a lui, non volle degnarlo di una parola. Il suo silenzio è stato eloquente tanto quanto tutti i discorsi che san Giovanni aveva fatto a Erode prima di essere ucciso. In un certo senso, allora, la testa di san Giovanni parla ancora ed è una testimonianza che dovrebbe far tremare le coscienze della nostra epoca immersa nei piaceri peccaminosi e nei disordini morali: gli “Erode ed Erodiade” si sono moltiplicati, lo scandalo è ormai la normalità e il peccato della carne molto spesso porta anche a quello dell’omicidio per gli aborti che si praticano. 
Al banchetto di Erode assistiamo ad una catena di peccati, uno più grave dell’altro ma legati tra di loro. I peccati elencati in questa pericope evangelica (cf Mc 6,17-29) ci parlando della superficialità umana allorquando si è soggiogati dalle passioni, dalla frivolezza e dall’ambizione. San Giovanni, come Gesù, fu un grande rimprovero per Erode, e tuttavia non riuscì a portarlo alla conversione poiché era troppo immerso nella sua perversione. Il giuramento davanti ai commensali non aveva alcun valore, costituiva, anzi, un peccato peggiore di tutti quelli che aveva commesso fino a quel momento. Sant’Agostino, commenta: «In mezzo alle intemperanze e alla sensualità dei convitati, si fanno giuramenti temerari che poi sono empiamente adempiuti». Con queste parole, il Dottore d’Ippona vuole spiegare l’invalidità di un giuramento adempiuto per rispetto umano, e che, nella sua assurdità, aveva come prezzo la vita altrui: lì dove l’abitudine al vizio provoca la cecità dell’intelletto, il rispetto umano può causare le più grandi tragedie, con conseguenze che colpiscono innocenti e giusti. 
Un altro aspetto che torna attualissimo è il considerare la cattiveria e la malvagità di Erodiade: questa donna volle rendere lecito il suo “poter peccare alla luce del sole”. Quante donne, oggi, cadono nella stessa tentazione... Pensiamo solo a tutte quelle che pretendono di legittimare il proprio diritto ad uccidere il bambino che portano in grembo in nome della “libertà”: la loro iniquità è simile a quella di questa donna del Vangelo, ed è riconducibile all’incapacità di introspezione, effetto del peccato grave che acceca l’anima. 
Erodiade non si accontentò di contemplare il “trofeo” della sua perversione. Si narra, infatti, che, non soddisfatta del gesto compiuto e ottenebrata da sentimenti di odio e di vendetta, ella volle forare la lingua della testa decapitata con una grande spilla per capelli. Questa sua ulteriore profanazione evidenzia lo stato angoscioso nel quale riversava la sua coscienza: era talmente raccapricciante da potersi quasi paragonare al rimorso delle anime dannate, condannatesi da se stesse all’inferno eterno, amando il male invece che il bene, fino alla fine. Il gesto di vendetta di Erodiade ha un importante significato e spiega tante dinamiche delle conseguenze del peccato. Per lei, san Giovanni continuava ad essere “voce” di rimprovero: con il martirio non era più la sua parola a riprenderla ma il sangue da lei versato. È come se nel far tagliare la testa del Precursore del Signore, lei stessa avesse dato voce ancora maggiore a quella “voce che gridava nel deserto” (cf Mt 3,3). Infatti è proprio sulla lingua del Santo che ella dà maggiormente sfogo alla sua infelicità e insoddisfazione. L’uomo più santo nato da donna (cf Lc 7,28) è stato martirizzato dalla pertinacia di una donna che voleva “cancellarne” la testimonianza, e che invece l’ha resa esemplare per tutti i secoli. 
L’aspetto più tremendo di questa vicenda, infatti, è il suo ripetersi nei secoli e, in particolare, nel nostro tempo. La testa di san Giovanni continua a “parlare” ogniqualvolta la verità viene azzittita, calunniata, disprezzata e perfino profanata. Gli esempi sarebbero innumerevoli e basterebbe vedere il grande potere dei mass media nel travisare il vero con il falso per rendersi conto che quella “catena di peccati” del banchetto di Erode continua a ripetersi nell’illusione di potersi costruire una “propria” verità priva di fondamenti e contraddittoria in se stessa. La “voce” di colui che è il primo grande testimone e precursore del Verbo Incarnato continua dunque a parlare nei secoli: lì dove si proclama la verità e la giustizia, san Giovanni Battista ne è eco fedele, testimonianza irrevocabile di come la verità non sia mai negoziabile.  

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