La vista dei tormenti del Figlio si converte in una vera spada per il Cuore della Madre, che le causa tale strazio, tale agonia da renderla una viva effigie della divina Passione.
Il divino Agnello, vissuto per trent’anni nell’oscurità di una vita nascosta, iniziando la sua missione pubblica e riempiendo la Palestina di miracoli, di dottrine e di grazie, si abbandona, nell’ora stabilita dal Padre, in mano ai deicidi. Essi lo hanno legato, infamato, schernito, e, dopo infiniti strazi, lo strascinano per le strade di Gerusalemme, per condurlo al luogo del supplizio.
Quanto più si avanza l’ora delle tenebre, tanto più l’odio dei sacerdoti e degli scribi si inferocisce. Si affrettano a caricare della Croce la Vittima insanguinata, costringendola a camminare tra insulti e sferzate. Chi più di tutti doveva tenersi lontana da tale spettacolo, eccola che avanza, la Santissima Madre, avvolta nel suo manto, dignitosa, silente, mesta sforza il suo passo, mentre si apre il varco tra la calca di forestieri, venuta per la Pasqua, e le bestemmie dell’invasata gentaglia.
La compassionevole Madre tutto vede, tutto sente, a nulla bada. Un oggetto occupa la vastità del suo Cuore trafitto: Gesù, l’eterno Figlio dell’Altissimo.
Ma questo Figlio non compare... Una ruvida massiccia Croce, in mezzo ad una selva di lance, cammina lenta lenta con i gravi passi del condannato.
O cieli! Quel condannato è il Figlio adorato che ansante si trascina sotto la Croce!
La Madre, scorgendolo, trema tutta e quasi sta per cadere in deliquio. Eccolo, il Figlio si avvicina ed è già di fronte a Lei. Un brivido di adorazione le scorre nel petto. Coperto di lividure, di piaghe, di sangue e di sozzi imbratti, Colui la cui bellezza rapisce tutto l’amore del Padre. Ha perso l’umana sembianza, ma gli occhi della Madre l’hanno riconosciuto.
Gesù alza le sue palpebre sanguinanti e incontra gli occhi della Madre, che vede in Lui ciò che nessuno può vedere e soffre ciò che nessuno può soffrire. I loro sguardi si incontrano, i loro Cuori si parlano e le sofferenze del Figlio penetrano, come spade, nell’anima sua conducendola ad un’agonia mortale.
La Madre stende le braccia e si accosta al Figlio, ma i barbari soldati la allontanano. Senza un minimo cenno di impazienza, la Vergine agonizzante segue a distanza i passi del Figlio per salire con Lui il Calvario, tra spinte, pedate, gomitate e bestemmie, per condividere con Lui pene, lacrime, strazi, agonie e venire, infine, con Lui spiritualmente crocifissa.
Ella ha perso ogni diritto materno e deve guardarlo silenziosa da lontano in mani altrui.
Ella, l’amantissima Madre, lo aveva portato sulle sue braccia da bambino con maggiore venerazione che non lo avrebbero portato gli angeli, lo aveva nutrito, allattato e, con tanto riverenziale amore, lo aveva tante volte guardato mentre dormiva. Il contatto con il suo corpo divino la riempiva di sacra e timorosa venerazione, mentre gioiva, tremava, si scioglieva in lacrime di adorazione ad ogni tocco di quel tenero suo Figlio. Ed ora vede una calca indemoniata che lo accerchia, che gli scarica addosso sputi, pugni, flagelli, mentre il pesante legno della Croce urta sul sacro capo, conficcandogli maggiormente le punte della corona di spine.
La vista dei tormenti del Figlio si converte in una vera spada per il Cuore della Madre, che le causa tale strazio, tale agonia da renderla una viva effigie della divina Passione.
Giunto al termine del suo dolorosissimo viaggio, Gesù dopo alcuni istanti è raggiunto dalla Madre, accompagnata da Giovanni, dalla Maddalena e da altre pie donne. No, questo addolorato Redentore non può mai separarsi da questa addolorata Corredentrice che, sulla spianata del Calvario, muta, impietrita dal dolore lo guarda, lo contempla, lo adora con affetti più ardenti delle adorazioni dei serafini del Cielo!
Intanto, alcuni soldati si affrettano ad allestire strumenti, funi, chiodi, martelli, temendo che muoia prima di inchiodarlo sulla Croce. Maria trema al solo pensiero di vederlo crocifisso, e ne prova in anticipo gli atroci dolori e tormenti. Ella vede il Volto del Figlio estenuato, pallido, rigato di sangue, tormentato dalle spine, e resta assorta in strazianti riflessioni. Vede i panni del Figlio furiosamente strappati, che portano con sé il Sangue e brandelli di pelle delle ferite a cui si erano attaccati.
Quel santissimo corpo, dalla testa ai piedi, piove tutto sangue che, a spesse gocce, cade a terra. Gesù pare uno scheletro insanguinato, vicino ad esalare l’ultimo respiro. L’addolorata Madre conosce allora di non essersi immaginata neppure metà della carneficina di quel santo corpo celato dalle vesti.
Ella, però, non parla, non grida, non sviene. Lo contempla, estatica di dolore.
I perfidi giudei distendono il mansueto Agnello sulla Croce e, fra bestemmie e grida di scherno, inchiodano il benedetto Gesù al duro legno.
Un gelido sudore bagna la verginale fronte della Madre, mentre quel martello, che echeggia nel suo materno Cuore, crocifigge anche la sua santissima anima. Nello stesso modo che Gesù è perforato nelle mani, l’amore trafigge invisibilmente Maria nelle mani. Come Gesù è torturato in tutte le parti dell’adorabile suo corpo, così Maria. Come Gesù è confitto nei piedi, così lo è pure la Madre, nonostante che Dio solo veda i suoi strazi. E in tal modo – dice sant’Agostino – Ella rimane spiritualmente inchiodata sulla Croce del Figlio.
Ma non è tutto. Ella vede, attraverso i piedi degli sgherri bagnati di Sangue, il Figlio disteso sulla Croce, con le pupille dolcemente rivolte al Cielo. Una lacrima spunta nei suoi sguardi feriti e, sempre immobile, impietrita dal dolore, alza gli occhi al Cielo, perché Dio solo può misurare l’immenso dolore dell’anima sua.
Poi innalzano la Croce e la fanno precipitare a tonfo nella fossa appositamente scavata. A quel crollo orrendo, Maria vede il corpo di Gesù dondolare per l’enorme scuotimento; vede squarciarsi le ferite delle mani e dei piedi, quasi a distaccarsi dai chiodi. Sente uscire dalla bocca di Gesù un gemito di dolore, mentre rivoli di Sangue fluiscono da tutte le piaghe.
La Madre non cade esanime, perché è anch’Essa inchiodata alla Croce col Figlio agonizzante. Ella resta muta, immobile, impietrita dal dolore con gli occhi mestamente fissi sul Figlio.
Ritta come la Croce, modesta come un angelo, imperturbata come l’Eterno Padre. Torturata nel Cuore dal dolore più immenso, per tre ore continue, Ella non si distrae neppure un istante da Gesù.
Attentissima, contempla nell’arco di queste tre lunghissime ore, una per una, le spine penetrate nel capo, una per una le contusioni e le lividure, i solchi delle piaghe, gli strazi delle membra, le ossa scarnate e, attraverso quell’umanità sfracellata, venera l’eterna Persona del Verbo, lo compassiona, lo benedice, lo glorifica, lo ringrazia.
Siccome non vi fu mai né vi sarà mai unione più completa di quella che stringeva in un solo amore i loro due Cuori, Maria soffriva nello stesso modo che soffriva Gesù. È vista tremare come il Figlio trema, scolorirsi come il Figlio si scolora, impallidire come il Figlio impallidisce, agonizzare con il Figlio che agonizza.
“Tutto è compiuto!” (cf Gv 19,30). A queste parole del Figlio morente, un tremito di nuova eccessiva afflizione scorre per le sacre membra della Madonna. Non è il suolo che sorregge i suoi piedi, ma la destra dell’Altissimo che la sostiene. “Tutto è compiuto!”: ripete anch’Ella.
Gesù piega il capo verso la Madre, che pende estatica dal suo viso. I loro sguardi si incontrano, si parlano. Così l’uomo-Dio socchiude le palpebre, versa una lacrima, si abbandona col corpo e muore mirando la dolcissima Madre.
Gli occhi della Vergine Santa non vedono più niente, le sue orecchie non odono più nulla. Ella trema, agonizzando e adorando l’immacolata Vittima che ci ha redenti, e se non muore anch’Ella mentre il Figlio emette l’ultimo respiro è perché l’Onnipotenza divina la circonda, la sostiene.
Cristiani che leggete queste pagine, che meditate questi misteri, comprendete quale ingiustizia enorme sarebbe se, dopo aver visto quanto sono costati i nostri peccati e la nostra salvezza, continuaste a spendere gli affetti per il mondo, il demonio e la carne!