D’Annunzio rivelava l’amara infelicità trovata in fondo al calice della sensualità. Questa è la sorte di tutti i lussuriosi e di quanti non sanno domare le proprie passioni. Uomini che sanno dominarsi rispettando la Legge di Dio sono un bene per la famiglia e per l’intera società.
Dalla castità dipende il bene della persona. La lussuria, «quel furore che la meschina gente chiama amore» (Poliziano), rende l’uomo squilibrato. Il lussurioso non possiede la grazia di Dio né la vera gioia; non è in grado di rapportarsi con gli altri, non possiede quella onestà e generosità nel donarsi a chi è nel bisogno; se è padre o madre è del tutto incapace di educare i figli.
Spieghiamoci meglio. Non può essere nella grazia di Dio, ossia in quello stato soprannaturale di amicizia divina, chi non lo ama; Nostro Signore ha detto: “Chi mi ama osserva i miei Comandamenti” (cf Gv 14,15), chi ama fa la volontà dell’amato, non ne disprezza né i consigli né tantomeno i precetti. Chi non rispetta gli insegnamenti di Cristo non lo ama e non lo possiede in sé.
Non ha in sé neanche la gioia. Grazia divina e gioia vanno insieme; anzi, i maestri di vita spirituale garantiscono che la vita di castità (e soprattutto la vita verginale consacrata) apporta all’anima una gioia intensa, propria di chi ha messo sotto i piedi ogni schiavitù delle passioni, e domina vittorioso sulle proprie miserie, pur dovendo ancora combattere contro di esse. Nessuna meraviglia: il Signore è magnanimo nel ricompensare chi dona (e si dona) a Lui con generosità. La lussuria – e il peccato in generale – può causare una “gioia” apparente, momentanea, ma non arreca mai la gioia vera, quella profonda che arriva fino in fondo al cuore e che non lascia rimpianti. Ma ascoltiamo le parole di Gabriele D’Annunzio, che non ha saputo negarsi nulla in quanto a piacere carnale: «La tristezza si trova al fondo del piacere, come alla foce di tutti i fiumi si trova l’acqua amara... Mi sento tanto e tanto infelice. Riandando al passato mi accorgo di non aver gustato mai un’ora di completa felicità».
I lussuriosi, poi, non sanno rapportarsi con gli altri perché per entrare in relazione con “l’altro” è necessario saper amare; ma abbiamo visto che, se la castità è garanzia di puro amore, la lussuria è garanzia di puro egoismo. Il lussurioso è solo in grado di usare l’altro: se e in misura del soddisfacimento personale.
Viene di conseguenza che non siano capaci di donarsi e che non vi sia nei loro cuori l’onestà. Per donarsi bisogna saper rinunciare a qualcosa di sé. Ma il lussurioso non sa donare niente di se stesso se non ne ricava un piacere. Inoltre, il dono di sé e la rinuncia richiedono una certa violenza contro se stessi, mentre il lussurioso, e chiunque sia schiavo di qualsivoglia passione, non è capace di questa violenza nemmeno per amore di se stesso, dimostrandosi invece tanto debole da non sapersi vincere.
Infine, come possono educare i loro figli a quei valori e a quelle virtù che essi per primi non posseggono e persino disprezzano? La loro “educazione” sarà nient’altro che causa di rovina per la loro prole (e, di conseguenza, per la società).
Non si angoscia l’anima al solo considerare tanta miseria?
Quanto soavi le parole di Gesù: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8). Basterebbe guardare ai santi e in primis alla Santissima per eccellenza, la Vergine Maria, la Vergine per antonomasia. Chi più di Lei, purissima di corpo e di anima, vede e vedeva Dio? Lo vedeva in fondo all’anima, lo vedeva dinanzi agli occhi dello spirito in ogni suo movimento interiore ed esteriore: tutto in Lei era amore purissimo perché tutto in Lei era casto; Ella non vedeva mai se stessa, ma si lasciava guardare da Colui che si innamorò della “piccolezza della sua Ancella” (cf Lc 1,48). Quanta differenza tra tutte queste anime inghiottite dal peccato della carne e la Vergine Santissima! Al solo pensarla, non si viene avvolti da un candore di pace, da un desiderio arcano di Cielo e di cose pure?
Beati i puri di cuore... non solo nella vita futura, ma anche in questa, perché il puro di cuore vede Dio sin d’ora, come era per la Madre Santissima; vive alla presenza del Signore e la percepisce nella propria vita. Il puro di cuore è felice, vive nella gioia dell’amore di Dio e del prossimo; sa armonizzare in se stesso le esigenze del corpo e dell’anima, sa dare a Dio quel che gli spetta, sa vivere in questa vita preparandosi una eternità di pace.
Vantaggi per la famiglia e per la società
Non possiamo negare ciò che ormai è sotto gli occhi di tutti in questa nostra società secolarizzata: tanti matrimoni falliti, famiglie sfasciate e tanto disordine nella società. Si parla e ci si batte per l’approvazione e l’assestamento di pseudofamiglie certamente non benedette da Dio, mentre per le “nostre”, quelle istituite da Cristo, non una parola in difesa da parte di tanti, anzi, anche qui una battaglia ma per favorirne il “decesso”, diciamo così, per creare nient’altro che confusione, dolore, smarrimento e illusione. Questo male dalle singole famiglie si riversa a scapito della grande famiglia che è la società e l’umanità.
Certo, tale constatazione è dolorosa ma per nulla sorprendente; come meravigliarsi che un matrimonio vada in fallimento presto o tardi, quando alla base di esso non vi è l’amore, quello vero, quello divino che è “carità”, ma semplicemente passione e sentimento fatuo? È come il seme di Dio caduto in mezzo ai rovi delle passioni e delle gioie mondane: non può che rimanerne soffocato (cf Lc 8,14).
È importante costruire bene le fondamenta della propria “casa matrimoniale” sin dal fidanzamento. Se il fidanzamento è un tempo di discernimento e una preparazione al matrimonio, dev’essere vissuto proprio in conformità a questo fondamentale valore della castità, del corpo come del cuore, perché – ripetiamo – il matrimonio non è un lasciapassare a tutte le bieche voglie dell’uomo “animale”; ma, del resto, non vivrà in castità neanche durante il fidanzamento chi attende il matrimonio per motivi tanto loschi. Se “il buon giorno si vede dal mattino”, non ci si illuda di poter valicare ogni soglia del pudore durante il fidanzamento con la pretesa di poter sistemare tutto con una Confessione precedente al matrimonio. Possiamo prendere in giro noi stessi e la fidanzata (o il fidanzato), ma nessuno può prendersi gioco di Dio.
La castità, questo amore di carità che procede da Dio, attraverso i coniugi e poi attraverso la prole da essi santamente generata, vuole estendersi a tutta la società; non solo vuole, ma anzi non può non farlo, perché il bene è per sé diffusivo, e l’amore di Dio è il bene massimo e il bene in se stesso. Ci troviamo ora in una società che almeno in questo campo e nei campi correlati ha poco di umano e molto di animale; poco di civile e molto di selvaggio. Non solo il divorzio e l’adulterio, ma l’unione omosessuale, l’aborto, l’utero in affitto... non è evidentemente tutto frutto guasto della sessualità, dell’egotismo sfrenato e idolatra? In certi casi più accentuato, in altri forse più celato, ma la madre di tutte queste figlie è sempre quella.
Se c’è da una parte chi si batte per la distruzione della società, da un’altra – ed è già qualcosa – ci si lamenta di una società che va a rotoli; ma perché, invece, non ci si impegna in una gara di virtù? Questa sì, sarebbe “la buona battaglia” di cui san Paolo si è mostrato vincitore (cf 2Tm 4,7-8). Una battaglia che ci condurrebbe alla vera, intima, sconfinata felicità. Poveri noi, ancor più poveri i nostri figli, costretti a vivere in un ambiente tanto malsano dov’è così facile smarrirsi! Ma il puro di cuore non si smarrisce, egli ha dinanzi agli occhi Dio e il suo Regno. La purità rimette in ordine l’uomo, la famiglia e la società.
Voglia la Madonna, la Vergine purissima, che vi siano ancora coniugi “come Dio comanda” che crescano ed educhino figli con i valori immortali che Gesù Cristo ci ha trasmesso. Lo voglia e la preghiamo per questo, per il loro bene che è il bene di tutti noi.
/ continua