SPIRITUALITÀ
Candido come un giglio | Fabrizio Boero è servo di Dio
dal Numero 2 del 8 gennaio 2023
di Lia Lafronte | Postulatrice

Il 12 novembre 2022 il vescovo di Alba, Marco Brunetti, ha dato “avvio al processo canonico circa la vita, le virtù e la fama di santità” del servo di Dio Fabrizio Francesco Boero. Chi è questo giovane tenace e ardente nella sequela di Cristo, da cui abbiamo molto da imparare? Lasciamocelo raccontare dall’avvocato Lia Lafronte, postulatrice della causa di Fabrizio.

Il giovane Fabrizio Francesco Boero, nato il 12 giugno 1974 e salito al Cielo il 24 settembre del 1993, vissuto a Canale d’Alba, tra le splendide colline del Roero, in Piemonte, è dal 12 novembre 2022 servo di Dio! Si tratta di un titolo che viene riconosciuto alla persona per la quale è stata iniziata una causa di beatificazione. La diocesi di Alba ha infatti ufficialmente accolto il “supplice libello” con cui, da parte dell’associazione “Amici di Fabrizio Boero”, si è chiesto l’avvio di questo procedimento ecclesiastico per il giovane canalese. 
Inizierà a breve l’inchiesta diocesana, cioè l’istruttoria della causa. Gli scritti di Fabrizio saranno esaminati da una commissione di teologi, per verificare che in essi non ci sia nulla di contrario alla fede cattolica, e tutti i documenti presentati saranno vagliati da una commissione di storici affinché sia dato un parere sulla sua personalità e spiritualità, considerando particolarmente il contesto in cui il Servo di Dio è vissuto. Dopo aver anche interrogato i testimoni che hanno conosciuto Fabrizio, l’incartamento contenente tutti gli atti arriverà al Dicastero delle Cause dei Santi a Roma. In seguito, se si riconoscerà che Fabrizio può essere considerato degno di venerazione, essendo vissuto esercitando le virtù evangeliche in grado eroico ed avendo una certa fama di santità, il Servo di Dio sarà dichiarato “venerabile”. Non si deve però pensare che per questo la Chiesa richieda fatti straordinari o che la fama di santità riguardi particolari eventi mistici o miracoli mentre il ragazzo era in vita. L’eroismo richiesto può consistere anche solo nel continuo e tenace esercizio delle virtù evangeliche e, per “fama di santità”, che deve persistere anche attualmente, s’intende la persuasione della purezza di vita e delle virtù del Servo di Dio. 
In attesa fiduciosa che tutto ciò avvenga, ci chiediamo: chi è stato questo giovane e in cosa può esserci d’esempio? 


Un semplice ragazzo...
Fabrizio è un tesoro tutto da scoprire. È un angelo di ragazzo che il Cielo ha voluto donare al mondo come dona tutti i suoi santi, sia quelli dichiarati ufficialmente, sia quelli celati tra le mura domestiche nella loro semplice vita di tutti i giorni e che sono, anch’essi, la ricchezza della Chiesa. 
Tutti siamo chiamati alla santità, ma ci sono persone che rispondono alla chiamata di Dio in modo più profondo di altri. 
Fabrizio è stato un semplice ragazzo di campagna, vissuto in una famiglia modesta ma ricca di Dio; umile, mite, dolce e paziente, ha ricevuto la grazia dell’amore del Signore («un Amore che, ricambiato, dà la vita eterna», come ha scritto lui stesso) e ha saputo rispondere con un “sì” pieno alla Sua chiamata alla santità, costantemente e con convinzione: «Maria ha continuato a dire il suo “Eccomi” ed è stata vicina a Gesù anche nel momento di maggior dolore, quello della Croce. Gesù – scrive Fabrizio – è appunto segno di contraddizione: o siamo con Lui o siamo contro di Lui. Non possiamo essere cristiani tiepidi».
La fede granitica nella Parola del Signore lo rendeva saldo nelle gioie e nelle difficoltà e gli donava una costante serenità che non sfuggiva a chiunque lo avvicinasse. Fin da piccolo egli ha illuminato il suo ambiente familiare e poi quello scolastico e parrocchiale con il suo sorriso e la sua tenerezza, soprattutto con la sua gioia di vivere nel Signore.
Fabrizio ha incarnato i principi evangelici nella loro totalità, è stato interamente di Cristo, pur rimanendo un bambino, e poi adolescente, normale, con la sua vita familiare, scolastica, parrocchiale e sociale di ogni giorno.


In continua ascesi
Felice di partecipare alla Santa Messa con i familiari, è stato subito così preso dal sentimento religioso, trasformatosi nel tempo in vero fervore, che ha iniziato ad andarvi anche da solo già a pochi anni, favorito dalla vicinanza della sua casa alla chiesa parrocchiale. In prima elementare scriveva delle sue visite solitarie al Tabernacolo per pregare Gesù e la Madonna, e fa tenerezza quando, assistendo alla prima Comunione di bambini più grandi di lui, annotava: «Che bello vedere quei bambini vestiti di bianco!». Quella bellezza percepita con gli occhi e con l’anima era la premessa di quel sentire religioso che aveva messo radici in lui e che stava non solo germogliando, ma esplodendo in un trionfo di profumi d’amore celeste che lo avvolgevano, travolgendo anche chi lo conosceva o chi lo incontrava. Le persone che erano in contatto con lui, infatti, erano conquistate dalla limpidezza dei suoi occhi e dalla bellezza del suo esempio di giovane cristiano, ricco di candore evangelico. 
Quando è toccato a lui prepararsi, con gli insegnamenti del catechismo, ad accogliere Gesù per la prima volta, il suo spirito ha iniziato ad elevarsi in un’ascesi intima peculiare, percependo Qualcosa, Qualcuno, di immenso. La comunione intima con Gesù è iniziata per Fabrizio ancor prima di ricevere l’Eucaristia. Egli lo sentiva, lo amava, “sapeva” (per quel sapere infuso dallo Spirito Santo anche a un piccolo bambino), che era prezioso e che sarebbe arrivato dentro di lui come un dono unico, a renderlo ricco di Sé, a trasformarlo con la sua presenza viva.
Non è facile immaginare cosa abbia avuto nel cuore Fabrizio il giorno in cui ha vissuto Gesù nell’Ostia per la prima volta. Sappiamo che è stato a lungo fermo, inginocchiato, con il viso tra le mani, mentre gli altri bimbi erano già distanti a festeggiare con gli adulti. Egli, invece, era fuori dal mondo, perso sicuramente in un dialogo intimo speciale e non c’era spazio nella sua mente per altre distrazioni: si sentiva per la prima volta unito pienamente a quell’Amico che avrebbe amato per tutta la vita, a cui sarebbe stato fedele nella totalità del suo essere, e che mai avrebbe tradito o disconosciuto, per nessun motivo.
Il legame con l’Eucaristia, preceduta da una Confessione desiderata e cercata come occasione di gioia e grazia, è stato sempre un punto fermo nella vita di Fabrizio, e non sarebbe potuto essere diversamente. L’Eucaristia era il suo nutrimento spirituale, l’incontro con il suo Tutto, l’abbraccio stretto con la ragione del suo vivere. Quest’incontro perfetto tra Fabrizio e Cristo è stato per il Servo di Dio la fonte primaria della sua forza spirituale. Nell’Ostia sacra il giovane trovava il cibo che solo poteva nutrire la sua anima, renderla sana e bella; egli aveva “fame” di Gesù e di Lui non poteva privarsi. 
Fabrizio naturalmente pregava, pregava. La preghiera era per lui un dissetarsi nello spirito, un coinvolgersi col mondo celeste come un filo intrecciato che non poteva spezzarsi. Tanti lo descrivono come un ragazzo più del Cielo che della terra, come un “marziano spirituale”, come un angelo nel mondo. Certamente, la preghiera era un laccio che lo teneva stretto ai suoi amori divini anche quando pedalava con l’immancabile bici per le campagne attorno a casa e si divertiva come un normale ragazzo della sua età.


Quel Rosario speciale...
Erano tante le preghiere che Fabrizio amava, anche quella del cuore senza parole, solitaria, a tu per tu con l’Interlocutore celeste cui si rivolgeva. Una soprattutto, però, lo affascinava: la preghiera del Rosario. Fin da piccolissimo sgranava la corona recitando le tante Ave Maria alla Madonna insieme alla nonna Delfina e alla mamma, e poi da solo, in silenzioso raccoglimento o – più tardi – nei gruppi parrocchiali. Un suo amico ricorda che, da piccolo, Fabrizio gli aveva confessato che amava tanto il Rosario da recitarlo non solo una ma più volte al giorno.
Un particolare interessante: tre suore delle Orsoline della Beata Vergine Immacolata di Gandino (suor Emerita, suor Irenea e suor Regina), affezionatissime a Fabrizio e certe della sua santità, mentre lui era in coma prima di raggiungere il Cielo, erano andate in udienza privata da Giovanni Paolo II per implorare preghiere per la grazia della sua guarigione. Il Pontefice aveva dato loro un Rosario per la mamma Gabriella, per darle forza durante la malattia del figlio. La guarigione non è arrivata, secondo i disegni imperscrutabili del Signore: Fabrizio si è addormentato su questa terra ma ora e per sempre avrà con sé quel Rosario, donato da un grande Santo, che gli è stato posto tra le mani nel suo ultimo giaciglio. Questo particolare ha talmente colpito una donna, il cui marito era in coma da tempo a seguito di un ictus, da rivolgere questa particolare preghiera a Fabrizio (di cui, fino a poche ore prima di pregarlo, quando ha letto un libricino scritto su di lui, non conosceva nulla): «Ti prego, di’ una decina di quel Rosario, che hai tra le mani, per mio marito!». Quel marito, neppure due giorni dopo è uscito dal coma, ha recuperato tutte le capacità mentali e ora è guarito quasi completamente dalle paralisi che lo avevano colpito. Egli racconta che si è sentito svegliare dalla voce di un ragazzo (che ha riconosciuto poi in Fabrizio) che, accanto al suo letto, con la mano avvolta da un Rosario bianco, gli diceva: «È ora di svegliarsi, stai tranquillo!». Fino al momento del risveglio, quel signore non sapeva neppure chi fosse quel ragazzo. Non è possibile pronunciarsi su questo fatto; occorrono prove per parlare anche solo di presunto miracolo (è sempre la Chiesa che decide), ma la moglie e il figlio vivono l’accaduto come una grande grazia ricevuta dal Signore per intercessione del Servo di Dio.
L’amore per il Rosario era per Fabrizio una cosa sola con l’amore alla Madre di Gesù, che egli sentiva tanto profondamente da accogliere con passione il richiamo dei principi fondanti il movimento GAM (Gioventù ardente mariana), che don Eligio Mantovani, conosciuto verso i suoi 10 anni e poi divenuto suo confessore e direttore spirituale, proponeva ai gruppi di giovani che seguiva nella parrocchia di Canale.


Un angelo in carne
Chierichetto delicato e ispirato sull’altare, con la sua veste bianca Fabrizio raffigurava ciò che egli stesso ammirava da piccolo, il candore e la purezza del giovane seguace di Cristo. Egli era pronto a dare se stesso al Signore, a seguire la sua Parola con fede assoluta. Egli praticava tutte le virtù, ma si può percepire quale fosse quella che lo attirava di più: la purezza. Egli ha cercato per tutta la vita quella virtù che secondo le Beatitudini lo avrebbe portato, un giorno, a vedere il Volto di Dio. Non cercava solo una vita casta, ma una vita interamente pura nei pensieri e nelle azioni. 
Come san Domenico Savio e santa Maria Goretti, i giovani santi a cui si ispirava, desiderava farsi santo attraverso un’esistenza pura e chiedeva alla Mamma celeste la forza di essere come Lei e loro, per essere candido dinanzi a Dio. Ci sono molte analogie tra Fabrizio e i due giovani santi: Fabrizio conosceva la loro storia, seguiva il loro esempio e alcuni suoi pensieri rispecchiano quelli dell’uno e dell’altra. 
Forse può sembrare un po’ fuori dal tempo attuale questo ragazzo modesto di paese, che anelava alla Vita eterna e alla visione beata del Signore e che così scriveva su quel momento tanto desiderato: «Saremo talmente abbagliati che nel nostro cuore si inciderà a caratteri di fuoco la parola Amore». La purezza era la strada maestra che lui seguiva per salire la scala della santità e scriveva: «La purezza forse è la più grande virtù della Madonna, io la vivo con semplicità [...], occorre avere una grande fede e quindi occorre pregare molto. Bisogna possedere una forte volontà che viene accresciuta man mano che il cammino di fede va avanti. È importante anche confessarsi spesso [...] per poter ripartire con slancio [...]. Mi è sempre piaciuto il paragone tra questa virtù e il giglio che è un fiore veramente candido come è l’anima di una persona pura». Chi è puro, ha in sé tutte le virtù!
Certamente non si può pensare che questo modo di essere piacesse a tutti, specialmente tra i giovani, nel paese dove Fabrizio viveva. Molti lo deridevano, lo schernivano perché era fedele al Vangelo, al GAM, perché seguiva don Eligio, ma lui non si vergognava di essere ciò che era. Chiedeva al Signore la forza di portare la sua croce, perché sicuramente non era facile vivere una vita normale (scuola, amici, parrocchia, famiglia) sapendo di essere oggetto di scherno, sapendo che gli avevano dato nomignoli dispregiativi, subendo a volte il cosiddetto bullismo che tante vite di giovani ragazzi ha rovinato e sta rovinando in questa nostra società. I ragazzi sanno essere più o meno coscientemente crudeli e ci vuole forza per sopportare la derisione senza rinunciare a quello che si è.
Fabrizio era così convinto della sua fede che la viveva quotidianamente con umiltà senza macchiarla in alcun modo e senza svestirsene mai. Per il suo “DNA spirituale”, non poteva fare diversamente. Sapeva di dover essere coerente con i suoi principi e necessariamente contro la corrente della deriva morale. Non cedeva a compromessi, accettava quello che poteva essergli ingiustamente inflitto senza ribellione ma con fare altamente evangelico: perdonando e amando di più, consapevole del valore del sacrificio e del perdono. Non era un debole ma un ragazzo solido, forte come un sabra, un giovane devoto a Maria che aveva la forza e la resilienza spirituale per non lasciarsi abbattere dal contesto sociale negativo. Scriveva: «Dipende da noi, se accettiamo oppure no la Sua chiamata. E accettare di seguire Gesù vuol dire innanzitutto accettare delle sofferenze». Si può parlare per lui di un vero martirio bianco. Il candore della sua anima e la solidità della sua fede quasi “pretendevano” questo martirio. Egli mai si sarebbe ribellato né mai avrebbe ceduto. Le azioni degli altri contro di lui si sono invece trasformate in occasioni di grazia e di salita verso le vette celesti, perché aumentavano la sua pazienza, la sua umiltà, la sua misericordia, la sua capacità di perdono. 
L’aver abbracciato la spiritualità GAM, proposta dal suo direttore spirituale e confessore don Eligio, era stata una conseguenza e non la causa del suo essere spirituale nel modo in cui lo era: certamente il carisma di don Eligio ha supportato la peculiarità devozionale di Fabrizio, ma certamente Fabrizio era “Fabrizio” ben prima che don Eligio giungesse a Canale.  


“Sempre pronto”
Nonostante le difficoltà, Fabrizio era consapevole di poter e di voler essere docile alla volontà divina, qualunque essa fosse, pronto a ribadire il suo “sì” senza compromessi. «L’essere cristiani impegnati – scriveva – vuol dire [...] affidarci totalmente a Lui, consci della nostra nullità, affinché faccia di noi secondo i suoi disegni, affinché riusciamo a vederlo in chi ci è vicino, in chi soffre, in chi ha bisogno di una speranza. Così facendo, anche noi possiamo essere modello per gli altri: santo non è solo chi fa grandi opere o miracoli, ma anche chi riesce a fare bene le piccole cose».
Fabrizio era un ragazzo che teneva in modo particolare alla testimonianza evangelica. Tendeva alla santità nelle piccole cose quotidiane e voleva essere un testimone vivente dell’amore di Dio, al punto da scrivere questa preghiera: «O Vergine Immacolata, Madre di Dio e Madre mia, ti prego, aiutami ad assomigliarti. Donami la purezza del cuore [...], ti affido il mio cuore, formalo come vuoi Tu, riempilo di pensieri, parole, azioni pulite come le tue [...]. Ma soprattutto fa’ che la mia vita possa splendere come lampada che arde affinché quanti mi avvicinano abbiano a scoprire anche in me che “Dio è amore”».
Per un incidente automobilistico Fabrizio rimase in coma per 10 mesi, prima di salire al Cielo, a cui agognava e per cui (forse in una percezione della fine imminente) si teneva, come diceva, “sempre pronto”, con la Confessione frequente e la Comunione pressoché quotidiana; quei mesi furono un vero calvario. Il ragazzo, tuttavia, era disposto ad accettare qualunque cosa il Padre volesse da lui e scriveva, più o meno come santa Teresina del Bambin Gesù: «Se ci hai dato un compito per realizzare i tuoi disegni è segno che conosci bene ciò che noi possiamo fare e ciò che invece sono i nostri limiti e quindi il nostro dovere può essere pesante ma non irrealizzabile se crediamo in te». 
Già in vita tante persone furono colpite dalla figura speciale di Fabrizio e si ispirarono a lui. Da quando è mancato, tanti lo hanno pregato e lo pregano (ovviamente in maniera assolutamente privata e non comunitaria), lo chiamano a intercedere presso Dio per le loro necessità. Diverse sono state le grazie ricevute, specialmente guarigioni complete e inaspettate (alcune davvero speciali) e conversioni del cuore. 
Possiamo dire che si è realizzato il desiderio grande di Fabrizio, quello di testimoniare l’amore di Dio con il suo candore spirituale. Egli è lampada che arde ancora.
Un simile esempio di giovane può insegnarci ad essere più fedeli ai principi evangelici, non temendo di andare controcorrente ma sperimentando e testimoniando che la forza della fede può renderci capaci di piccoli e inaspettati eroismi. 

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