SPIRITUALITÀ
L’uomo che ha trovato Cristo San Bernardo di Chiaravalle | il santo del 20 agosto
dal Numero 30 del 14 agosto 2022
di Paolo Risso

«È cosa buona per me, o Signore, piuttosto stringermi a te nella tribolazione, averti con me nella fornace, che essere senza di te fosse pure in Cielo... Il motivo per amare Dio, è Dio stesso; la misura, amarlo senza misura».

Mattino di primavera 1112. Nell’abbazia di Citeaux, fondata appena 10 anni prima e già in decadenza, il portinaio – che ha sentito bussare con forza – va ad aprire: si trova di fronte un giovane ventenne e dietro di lui una trentina di suoi amici e coetanei. Si chiama Bernardo, il giovane, era nato da aristocratica famiglia a Fontaine nel 1090; gli altri ragazzi li ha trascinati dietro di sé dall’assedio del castello di Grancey. Lui e il suo seguito chiedono di entrare come monaci dell’abbazia, la quale, pressoché semivuota, si va riempiendo grazie a questa compagnia quasi sconcertante. Con il passare delle settimane e dei mesi, arrivano altri giovani a chiedere di seguire Gesù sulle orme di san Benedetto. Molti sono sposati, ma d’accordo con le mogli, le quali, a loro volta, entrano in monasteri femminili dove vestono l’abito monastico. 

Sono dei folli? Hanno perso la testa? Pare di sì, perché sono tutti accomunati, a cominciare dal loro leader, da un incandescente amore a Gesù. L’abate Stefano Harding, che aveva pensato di chiudere l’abbazia, è sconcertato.

Sono talmente tante le “vocazioni” che arrivano, che dovranno fondare una nuova abbazia.

In primis, Gesù

Due anni dopo, nel 1114, Bernardo – che non ha ancora 25 anni e non è ancora sacerdote ed è pure debole di salute –, con un piccolo gruppo di amici, è mandato in una vallata solitaria e luminosa, Clara Vallis, Clairvaux, presso il fiume Aube, a sud-est di Parigi. Bernardo non si preoccupa troppo dell’amministrazione, ma delle persone, delle anime che gli sono affidate, e intesse tra loro e Gesù tante storie di amore. Perché, la vita cristiana, la vita consacrata, e prima di tutto questo: una storia d’amore con Gesù.

I monaci costruiscono l’abbazia, bonificano, seminano, piantano frutteti, orti. Tutto in compagnia del Cristo. Un giorno, mentre i monaci pregano, Bernardo vede arrivare dalle colline circostanti persone di ogni ceto. Inizia così, sebbene in attesa, la grande fioritura cistercense.

Quando morirà nel 1153, a soli 63 anni, saranno circa 350 le fondazioni cistercensi in tutti luoghi d’Europa, dalla Scandinavia all’Italia.

Bernardo, a coloro che vogliono entrare in monastero, non chiede che siano già perfetti, ma che vogliano davvero diventare i migliori e santificarsi. «Da questo luogo di miseria – spiega Bernardo – è Gesù, il Verbo Incarnato che ci salva». Lo dice con un’amicizia tenera, premurosa, devota, che eccelle per confortare e consolare.

Conoscere gli uomini, di quale pasta siano fatti, e in un sermone spiega: «Dio ha offerto la carne a degli esseri che godono della carne, affinché imparino attraverso di essa a godere in ugual modo dello Spirito».

È la presenza di Gesù che risolve tutto. Il centro dei suoi sermoni è Gesù solo, l’historia Verbi, la storia del Verbo. E dentro il mistero dell’Incarnazione, la grandezza di Maria Santissima e la sua Maternità universale. Chi siamo noi sulla terra se non piccole formiche indaffarate in cose inutili e vane? Che vantaggio ne avrà l’uomo da tutte le opere per cui si affatica sotto il sole? Bernardo afferma che «solo per gustare la presenza di Cristo, vale la pena di vivere». Lo dice in modo magnifico nei suoi inni a Cristo: «Jesu dulcis memoria / dans vera cordis gaudia: / sed super mel et omnia / ejus dulcis præsentia [O Gesù, dolce al ricordo / sorgente di ogni gaudio al cuore: / ma più dolce del miele e di ogni dolcezza / è la sua presenza]». Con quel che segue: «Nulla si canta di più soave, / nulla si sente di più lieto, / nulla di più dolce si pensa, che Gesù, Figlio di Dio. Gesù, speranza per chi ritorna, quanto sei pietoso verso chi ti desidera! Quanto sei buono per chi ti cerca! Ma chi sarai per chi ti trova? Nessuna bocca può dire, nessuna parola può esprimere; solo chi ne ha fatto esperienza, può comprendere che cosa sia amare Gesù».

Il termine centrale per capire san Bernardo è questo: esperienza. Lo scrive e lo dice di continuo: solo chi ne fa esperienza, può dire che cosa sia amare Gesù. Come nell’innamoramento, di cui Dante nel sonetto a Beatrice scrive: «Intender non lo può chi non lo prova». Bernardo insiste: «Amiamo Dio perché abbiamo provato e sappiamo quanto sia dolce il Signore».

In primo piano nella Chiesa

Forte di questa esperienza di amore a Gesù, Bernardo è chiamato in causa per le nomine dei vescovi, percorre l’Europa predicando contro l’eresia catara e contro quella di Arnaldo da Brescia: l’eresia è sempre una gnosi, una sapienza umana che pretende di prendere il posto del Figlio di Dio fatto uomo. Davanti a questo, a chi gli “tocca” Gesù, diventa veemente, infuocato, contro ecclesiastici, teologi, contro i suoi stessi cistercensi che tralignano.

Su tutto prevale il richiamo incandescente a far proprio il più grande tesoro: l’esperienza della dolcezza di Gesù, un “amore del cuore”.

Bernardo non vuole saperne di dispute, di discorsi vuoti. La sottigliezza accademica proprio non gli va giù, al punto che arriva a scrivere: «Hæc mea subtilior, interior philosophia, scire Jesum et hunc crucifixum [Questa è la mia più sottile e più interiore filosofia, sapere Gesù e Lui crocifisso]». Non ne vuol sapere di curiositas, che è autosufficienza e radice di ogni peccato, che è perdersi dietro le cose futili, e dimenticare Gesù, che il Sommo Bene.

È ancora giovane Bernardo, quando Abelardo, che pare un gran “dottore” e si professa monaco, trascina la Chiesa e l’Europa con le sue dispute sofistiche, che mettono in pericolo la verità del Credo cattolico. Per obbedienza alla Chiesa, Bernardo viene trascinato in queste dispute. Abelardo nel 1121 ha già avuto una censura dal Concilio (locale) di Soissons, ma Bernardo lo tratta con dolcezza e discrezione. Ma nel 1140 capisce che non si tratta solo di parole, ma “Christus est in causa”, è in causa Gesù Cristo, e così facendo si deride la fede degli umili, dei puri di cuore. Bernardo non sopporta questo affronto al suo Gesù e ai suoi amici. In Abelardo si concentrano tutti gli errori di Ario, Pelagio, e Nestorio (un po’ come in un certo pensiero teologico di oggi).

A Sens, il 2 giugno 1140, arriva Abelardo con lo stuolo dei suoi ammiratori, per “discutere” con Bernardo, che porta con sé solo un appunto. Quando la disputa dovrebbe cominciare a dare un grande spettacolo, Bernardo legge le affermazioni eretiche di Abelardo, subito chiamato a rinnegarle pubblicamente e a riparare lo scandalo che fa dilagare da anni. Abelardo si infuria e se ne va “indignato” e dice di volersi appellare al papa. Ma a Roma le tesi di Abelardo sono condannate. Bernardo ha vinto come il piccolo Davide che ha sfidato Golia. Il Cristo, grazie a lui, non è scoronato. 

Circa un decennio prima, nel 1130, aveva dovuto salvare la Chiesa da uno scisma. Alla morte di papa Onorio II, il 2 febbraio 1130, era stato eletto papa il card. Guido de Saint-Ange, con il nome di Innocenzo II, ma era pure stato eletto, da un’altra fazione di cardinali, l’antipapa Anacleto II, cioè il card. Pietro de Léon che aveva comprato l’elezione con le bustarelle. Bernardo, che ama la pace del suo cenobio, percorre l’Europa per sostenere papa Innocenzo II e la Chiesa a non dividersi, a non soccombere davanti alle intromissioni dei poteri di questo mondo. Un anno dopo l’altro, papi, cardinali e re chiamano Bernardo – che gode fama di santità e di uomo di governo – a porre rimedio alle difficoltà della Chiesa, davanti alla quale esclama con amarezza: «Statum Ecclesiæ miseramur [Abbiamo pietà dello stato della Chiesa]».

«Ma c’è Gesù!»

Quest’ultima espressione di san Bernardo è simile a quella di Gesù, quando, davanti alla folla affamata e senza pane, aveva detto: «Misereor super turbam [Ho pietà di questa folla]» (Mt 15,32). Bernardo prima di tutto è monaco e ama Gesù con “cuore di monaco”, cioè indiviso, e sa che Gesù, anche per mezzo di lui, sta provvedendo alla sua Chiesa, per la quale ha sparso il suo Sangue. L’uomo che tratta con i potenti d’Europa è il medesimo che gode a trattare con i genitori di un ragazzo che vuole farsi monaco: «Il vostro Goffredo – dice loro – corre verso la gioia, non verso le lacrime. Non piangete. Io stesso sarò per lui padre e madre, fratello e sorella». (Gli uomini di Chiesa sanno ancora dire a ragazzi che cercano la loro via, parole simili? Parole di amore?).

Anche se avanti negli anni, Bernardo si commuove quando un ragazzo gli dice che vuole seguire “Gesù solo” in monastero, e lo sostiene e intesse tra lui e Gesù un’altra storia d’amore. Nel 1145, uno dei suoi ragazzi (Bernardo dei Paganelli), monaco da anni, è eletto papa con il nome di Eugenio III. Bernardo gli scrive un vero vademecum per la sua vita di papa: il De consideratione, che è un testo straordinario, attualissimo anche oggi. Bernardo mette in guardia Eugenio dai profittatori e dagli ipocriti che ha attorno («Sono lupi, altro che agnelli!»), dall’abuso del potere, dalla superbia. E poi gli domanda: «Come mai i tuoi predecessori hanno sospeso la predicazione del Vangelo, mentre esiste ancora il paganesimo? Quale scusa abbiamo per nascondere la verità?». E ancora: «Pensa anche a salvare la tua anima, mentre ti occupi di tutta la Chiesa».

L’illustre abate di Chiaravalle che scrive al papa con cuore “venerabundus sed liber” è il medesimo che obbedisce al papa Eugenio, quando gli comanda di predicare incitando ad una nuova crociata; Bernardo lo fa, ma lui pensa la crociata come un grande “giubileo” di conversione a Cristo.

Dal punto di vista militare fu un fallimento e Bernardo ne soffrì allo spasimo, ma lui aveva predicato Gesù a rapinatori, adulteri, spergiuri, violenti, affinché, affascinati da Gesù, avessero a tornare a Lui, che è la vera gioia, il bene sommo della vita: e la vita va vissuta per Gesù solo.

Chi vuole conoscere quest’anima santa e grandissima, legga le sue opere, e sarà da lui trascinato a un invincibile amore a Gesù e a sua Madre, della quale si sentiva il “cavaliere”.

Gli spiriti “magni” come Dante Alighieri sentiranno il suo fascino: Dante lo porrà nell’alto dell’empireo, a intercedere la visione di Maria Santissima («Vergine Madre, figlia del tuo Figlio», con quel che segue nel XXXIII canto del Paradiso) e la visione di Dio.

«Sino alla fine dei suoi giorni – scrive Antonio Socci – Bernardo servì la Chiesa, difendendo la fede dei semplici» (Gesù il Verbo Incarnato, Gesù uomo-Dio, amico, fratello, Signore, Sposo, unico Salvatore!).

Un vero miracolo fu lui stesso e la sua Clairvaux, che era come l’anticamera del Paradiso. Avendo desiderato di poterci vivere, ma inutilmente, poté morirci il 20 agosto 1153. Aveva appena pronunciato per i suoi confratelli, il suo ultimo sermone, commentando le parole di san Paolo: «Per me il vivere è Cristo e il morire è un guadagno» (Fil 1,21).

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