“Lei ci ha misticamente generati ai piedi della Croce attraverso il più atroce martirio che cuore di madre abbia mai conosciuto. Noi siamo veramente figli delle sue lacrime” - San Leopoldo Mandic
Sul monte Calvario c’erano i farisei duri e perfidi fino a gongolare del più velenoso vanto per l’agonia e la morte di Gesù sulla croce, addirittura sfidandolo crudelmente a discendere dalla croce sotto i loro occhi per potergli credere (cf. Mt 27,39-44).
Quale contrasto si avverte qui contemplando la presenza compostissima della divina Madre Maria, pur immersa, come nessun altro, nel dolore più acerbo e nel pianto senza misura, da nessuno compresi nella loro portata di carità salvifica per tutto il genere umano!
Per tutto il genere umano, ossia «pro peccatis suae gentis», come si esprime il beato Jacopone da Todi in una terzina del celebre poema mariano Stabat Mater.
La Parola di Dio ci istruisce e ci illumina dicendoci che «senza effusione di sangue non c’è remissione» (Eb 9,22). La remissione delle colpe, il perdono dei peccati, la riparazione delle infedeltà: da tutto questo, quindi, l’umanità deve essere redenta con il sangue e per tutto questo è avvenuta, difatti, la sanguinosa Redenzione universale.
L’espressione «suae gentis» fa riflettere: qui si tratta della famiglia umana che appartiene a Maria Santissima e che è suo popolo non solo per vincolo di sangue con la discendenza adamitica, ma anche, e soprattutto, per diritto di conquista con il prezzo della Redenzione da Lei versato come Corredentrice unita al Redentore nell’opera del riscatto pagato da Gesù con il sangue della sua Passione e Morte, pagato da Lei con il sangue della sua anima trapassata dalla “spada”.
È importantissima, a questo riguardo, la dottrina secondo cui Maria Santissima ai piedi della Croce, quale Corredentrice del genere umano, per rigenerare «la sua gente», ossia per «restaurare la vita soprannaturale» (Lumen gentium, n. 61) in tutti noi, pagando il prezzo del nostro riscatto insieme al Figlio, ha visto ognuno di noi e ha conosciuto tutti i nostri singoli peccati per espiare e meritarci la salvezza (1).
Come ha ben scritto il teologo Bertrand de Margerie su questo tema,
«ai piedi della Croce, in modo particolare, Ella ha ricevuto dal Figlio e dallo Spirito Santo una scienza infusa dei peccati di coloro alla cui salvezza Ella ha collaborato in modo unico [...]. Ella ha ricevuto dal Figlio tutta la conoscenza necessaria per essere una degna e vera Corredentrice del genere umano, poiché Ella soffriva e intercedeva per ciascuna persona umana» (2).
Quanto c’è da meditare su questo punto, immergendosi nelle profondità del nostro spirito, per rivedere la nostra vita cristiana e il compimento dei nostri doveri di cristiani, tante volte maltrattati e calpestati con le nostre passioni, vizi e difetti, dei quali la Madonna Addolorata ebbe visione distinta e completa per riscattarci con le sue sofferenze materne unite a quelle del divin Figlio Redentore universale.
Scrive con acume anche il card. Journet contemplando Maria che sul Calvario ha sofferto per ciascuno di noi, che siamo la «sua gente» e ancora più i suoi figli:
«La Vergine Maria conosce allora la misteriosa immensità della Redenzione. Vede, da un lato, tutta l’infinita dignità del dolore a prezzo del quale è compensato» (3).
La Madonna “vede”: non confusamente, non in genere, non in massa. “Vede” chiaramente e distintamente. Ogni generazione di un figlio ha la sua singolarità in quanto è concepito, fatto e partorito dalla madre. Così Maria, sul Calvario ci ha rigenerati, corredendoci, non in massa o in genere, ma singolarmente, uno per uno, in unione con il figlio Gesù Redentore.
Unirci al suo pianto
Entrare nel mistero e unirsi alla Passione e Morte di Gesù significa entrare nel mistero santo e salutare, unendosi al dolore sofferto dall’uomo-Dio per la nostra Redenzione. Ma Colei che entrò, che fece parte e che condivise interamente e ineguagliabilmente questo mistero del dolore redentivo di Cristo è stata soltanto Lei, Maria Santissima, la nostra divina Madre Corredentrice.
Per questo le sue lacrime materne sono state il sangue della sua anima trapassata soprattutto dalla spada della Passione e Morte di Gesù per noi peccatori: lacrime di dolore e di amore incommensurabili, lacrime, perciò, amarissime nella loro forza espiatrice e dolcissime nella loro fecondità materna di grazia salvifica. Per questo, «noi siamo veramente figli delle sue lacrime» (4), scriveva un altro grande santo francescano, san Leopoldo Mandi?: noi siamo ancora più figli delle sue lacrime corredentrici.
Ebbene, ancora il beato Jacopone da Todi, con umiltà e delicatezza, chiede proprio a Lei, alla Madre Corredentrice, la grazia di poter condividere anch’egli quelle sue lacrime materne di dolore e di amore, lacrime espiatrici e feconde: «Fac me tecum pie flere» (Fa’ che mi unisca a te nel pianto). Lacrime che egli vuole versare con Lei, e vuole versarle non con strazio o con impeto, ma piamente, ossia con devozione filiale, con pietà sentita, con riverenza e affetto insieme.
Sono proprio queste le lacrime più preziose che diventano sempre salutari e consolanti perché ci stringono più intimamente a Lei, al suo Cuore di Madre Addolorata, ci fanno sperimentare più intensamente la sua maternità d’amore senza limiti e confini.
Scrive bene, infatti, il padre Faber, rivolgendosi a Maria Santissima con queste sante parole:
«Noi possiamo piangere di gioia pensando alla grandezza del vostro trono; ma quelle lacrime non sono come quelle che possiamo versare con voi sul Calvario: non ci riescono di uguale sollievo. Quando noi rivediamo il vostro viso mestamente soave, improntato di materne afflizioni, con le lacrime che scorrono lungo le vostre gote, con la vostra serena calma in mezzo a sì orrendi patimenti... Oh Madre!, ci sembra allora di avervi ritrovata dopo avervi perduta... ci pare almeno che voi siate più una madre per noi quando eravate sulla sommità del Calvario, che quando salivate sulle inaccessibili sommità del cielo» (5).
Note
1) Tutti gli uomini redenti, come dice il Carbone, rispetto alla Madonna, sono «la sua gente», ossia «sono legati a Maria con un triplice vincolo, funiculus triplex difficile rumpitur: per legame cioè di natura, di grazia, di conquista»: mons. C. Carbone, L’inno del dolore mariano: Stabat Mater. Studi critico-dogmatico-letterari, Roma 1911, p. 281.
2) Padre B. de Margerie, SJ, La scienza di Maria e il sacrificio di Gesù, in Maria Corredentrice. Storia e Teologia, Casa Mariana Editrice, Frigento 2001, vol. IV, p. 14. L’autore si fonda sugli insegnamenti del Suarez, del papa Pio XII, citando san Tommaso, san Bonaventura, san Pietro Canisio, il card. Lepicier e il card. Newman.
3) Card. C. Journet, Maria Corredentrice, Ares, Milano 1989, pp. 49-50.
4) San Leopoldo Mandi?, L’Immacolata Concezione, in Bollettino francescano, 15 (1916) 160.
5) Padre F. W. Faber, Il piede della Croce, ossia i dolori di Maria, Marietti, Torino-Roma 1929, p. 80.