SPIRITUALITÀ
Dal trono all’altare. Il beato Carlo d’Asburgo a 100 anni dalla morte
dal Numero 12 del 20 marzo 2022
di Paolo Risso

Il 1° aprile 1922 moriva l’ultimo Imperatore austro-ungarico, il cui trono fu rovesciato da quella grande operazione strategica che fu la Prima Guerra mondiale, progettata dalle logge massoniche per edificare una nuova Europa repubblicana sulle rovine dei grandi imperi europei. 

Nella pianura del Danubio, cavalcava sul suo cavallo bianco, splendido nella sua divisa, durante le manovre militari. Colto e affabile, soldati e ufficiali lo sentivano fratello. Al mattino e alla sera, i suoi uomini potevano trovarlo nella sua tenda o davanti al Tabernacolo, raccolto in orazione con la fede semplice e forte di un bambino. Era il principe Carlo d’Asburgo, d’Austria.

Il nonno suo era fratello dell’imperatore Francesco Giuseppe. Il papà era Ottone d’Asburgo, la mamma era Giuseppina di Sassonia. Lui era nato il 17 agosto 1887 a Persenbeug sul Danubio. La mamma, ricca di fede e di carità, sottrasse il piccolo agli istitutori dello Stato e lo educò personalmente e affidandolo ad ottimi maestri cattolici (scuola parentale, vi pare?!).

Cresceva come un bambino dolcissimo, limpido e buono. L’ambiente di corte raffinato e frivolo, in cui viveva, neppure lo sfiorò. Adolescente, circondato da cento occasioni di male, si distinse per la purezza e la bontà. Intelligentissimo, tra i coetanei del Liceo di Vienna, si faceva amare per il suo altruismo. Molti pensavano solo a divertirsi; Carlo aveva una sola passione, l’adorazione eucaristica davanti al Tabernacolo e la Messa-Comunione quotidiana. Era assetato e affamato di Dio.

Un giorno, Miss Casey, addetta alla sua persona, si accorse che nell’armadio erano rimaste solo due camicie consunte. Le altre, le più belle, Sua Altezza le aveva donate ad alcuni bambini poveri, suoi piccoli amici. Gli orfani, a causa di guerre o di epidemie, erano i suoi prediletti.

Principe ereditario

A 16 anni, già intraprese la carriera militare. Viveva come uno qualsiasi dei suoi soldati. Sapeva comandare e ubbidire. Nelle ore di libertà, conversava con soldati e ufficiali, spesso interessati solo di “avventure”, ma lui parlava loro di Gesù e della vita di amicizia con Lui.

Frequentò l’Università a Praga, studioso e appassionato delle lingue, in primo luogo a quelle parlate nell’Impero d’Austria. Durante le manovre militari del 1907, ormai ufficiale d’ordinanza dello zio Francesco Ferdinando, principe ereditario, si dimostrò un capo perfetto nel talento militare e nel senso tattico. Aveva 20 anni, parlava una decina di lingue, era ammirato da tutti e da non poche principesse d’Europa... E capitava spesso di vederlo pregare in pubblico, inginocchiato per terra come un fratino.

Alla corte di Vienna, aveva conosciuto la principessa Zita di Borbone-Parma, nata a Lucca nel maggio 1892. Tra i due sbocciò l’amore. Nell’aprile del 1911, si iniziò a parlare di nozze. In occasione del fidanzamento ufficiale, Zita e sua madre, andarono in udienza dal Santo Padre Pio X. Il quale accennando a Carlo, lo chiamò “principe ereditario”. Zita rettificò: «Non è lui l’erede al trono». Un’altra volta Pio X affermò: «È un dono della Provvidenza di Dio alla Casa d’Austria».

Sotto la guida del gesuita padre Andlau, Carlo e Zita si prepararono al Matrimonio cristiano, pregando e facendo opere di penitenza e di carità, mentre attorno a loro volteggiavano balli e si tessevano avventure. Il 21 ottobre 1911, nel castello di Schwarzau, mons. Bisleti, inviato dal Papa, benedisse le nozze di Carlo e Zita. Alla fine del rito, Carlo disse alla sua sposa: «E ora dobbiamo aiutarci insieme a raggiungere il Paradiso».

Subito partirono per Mariazell, il santuario mariano dell’Austria, dove si consacrarono alla Madonna. Negli anni appresso, vennero i loro primi bambini, accolti come dono di Dio.

Una sera del maggio 1914, Francesco Ferdinando invitò a cena, nella reggia di Vienna, Carlo e la sua famiglia. Il principe ereditario gli disse: «So che tra poco mi uccideranno. Ti affido i documenti di questa scrivania». Da anni, da decenni, qualcuno dice, dai tempi di Mazzini, poteri subdoli e invasivi tramavano all’eliminazione dell’Impero d’Austria erede del Sacro Romano Impero, di ispirazione cattolica. Il 28 giugno 1914, Francesco Ferdinando cadeva ucciso nell’attentato di Sarajevo e Carlo diventava l’erede al trono.

Costruttore di pace

La guerra iniziava su tutti i fronti d’Europa. Due anni dopo, alla morte del vecchio infelice Imperatore Franz Josef, il 21 novembre 1916, Carlo d’Asburgo saliva al trono imperiale. Andò di nuovo a Mariazell e là cominciò a regnare: dinanzi a Maria Santissima.

Da quei giorni ebbe un solo pensiero: la pace. Nessuno ascoltò il papa Benedetto XV nel ricercare la pace come fece Carlo. Ma le propose del Papa fallirono. Carlo si rivolse a Guglielmo di Germania per indurlo alla pace. Questi si illudeva ancora di poter vincere la guerra. Anzi, propose a Carlo di lasciar passare in Austria Lenin, esule in Svizzera, perché andasse in Russia ad abbattere con la rivoluzione comunista l’impero dello zar Nicola, quindi ad assicurare la fine delle ostilità sul fronte orientale. Carlo inorridì: «Guai se il comunismo dovesse trionfare: sarebbe il danno più grave alla fede cristiana». I fatti gli avrebbero dato ragione, ma lui si era inimicato massoneria e comunismo.

Si rivolse allora con tutti gli sforzi possibili alle altre nazioni di guerra. Erano chiamate “le missioni Sisto”, dal nome del suo cognato, Sisto di Borbone, che faceva da mediatore. Ma il nemico numero uno dei tentativi di pacificazione era la massoneria che aveva giurato di far sparire dall’Europa quell’Imperatore cattolico che viveva la sua fede in chiesa come in politica e che non aveva mai permesso che una loggia massonica si aprisse nei suoi stati.

«È tra le più grandi personalità di tutti i tempi – affermava Stefan Zweig –. Se si fossero seguite le sue idee, l’Europa non avrebbe conosciuto in seguito le più aspre dittature». Diceva l’anglicano Gordon: «È capace di pensare con undici menti e di amare con undici cuori, uno per ogni nazionalità del suo Impero. Carlo è sempre uno nella fede e nella vita: fede e vita in lui si fondono in uno fino a farsi indistinguibili nell’esercizio della regalità» Papa Benedetto XV assicurava: «Carlo d’Austria è un santo».

Il novembre del 1918, segnò il crollo dell’Impero. Era la rivolta. Il 12 novembre a Vienna si proclamava la repubblica. Tutto avveniva secondo i piani massonici. Cominciava per lui l’esilio. Il 24 marzo 1919, riparava in Svizzera.

L’esule, il martire

Allora la massoneria tentò il ricatto, proponendo al sovrano, la restituzione della corona se fosse venuto a patti con essa. Carlo rispose: «Come principe cattolico, non ho alcuna risposta da darvi». Quando quelli se ne andarono, lui aggiunse: «Ora ogni mia cosa avrà cattiva riuscita». Nel mondo, vennero diffuse contro di lui calunnie e oltraggi. Carlo rispose sempre da cristiano: servendo la verità e perdonando.

Nel 1920, mons. Eugenio Pacelli, Nunzio apostolico a Monaco di Baviera, ebbe l’occasione di viaggiare in treno con lui. Al ritorno, il Nunzio andò in cappella dove disse ad alta voce: «Ti ringrazio, Gesù, di avermi fatto incontrare oggi una così grande anima».

Nel 1921, seguirono da parte del sovrano due tentativi di riprendere la corona di Ungheria a cui non aveva mai rinunciato. Ma il 24 ottobre, Carlo fu fatto prigioniero dalle truppe di Horthy, reggente di Ungheria e consegnato agli inglesi. Caricati su una nave, attraverso il Danubio, il Mar Nero, il Mediterraneo, Carlo e Zita furono deportati nell’isola di Madera, in mezzo all’Atlantico. Ora aveva perso davvero tutto, il trono, i beni temporali, povero tra i poveri. Solo il Papa pensava a lui e ai suoi familiari.

A Madera, finalmente poterono raggiungerli i loro bambini, il più grande dei quali, Ottone, aveva solo nove anni. Carlo aveva avuto il permesso di avere una cappellina con Gesù Eucaristico. Chi voleva trovare l’Imperatore, doveva cercarlo là, davanti al Tabernacolo. Maturò un’idea: offrire la vita per il bene dei suoi popoli. Fissando i suoi occhi sulla chiesa della Madonna “Auxilium christianorum” di Madera, offrì la vita come vittima con Gesù.

Qualche giorno dopo, sempre più a corto di mezzi, lasciò la casa per trasferirsi in una povera abitazione, priva di tutto, sopportando ma diffondendo luce e pace attorno a sé: «Così Dio vuole; perché preoccuparmi? Tutto per Lui!». Il 9 marzo 1922, Carlo prese un forte raffreddore e fu subito gravissimo con sofferenze acute. La tosse lo squassava. Le cure sommarie, il vitto scarso. L’unico a essere sereno era lui, Carlo, il sovrano dalla fede granitica e dolce. Zita annotava una per una le ultime parole del suo amatissimo sposo: «Adesso voglio dirti che ho sempre cercato di conoscere la volontà di Dio e di farla nel modo più perfetto». «Io devo ancora soffrire tanto per i miei popoli, affinché si ritrovino ancora tra loro». «Gesù, proteggi i nostri bambini, ma prendili con Te piuttosto che commettano un solo peccato mortale». «Gesù, sia fatta la tua volontà». Pregavano insieme Carlo e Zita con il Rosario e le Litanie alla Madonna. Cantavano il Te Deum in ringraziamento a Dio, per la croce posatasi sulle loro spalle. E Carlo era morente!

1° aprile 1922. Il cappellano amministrò a Carlo l’Unzione degli infermi. Carlo volle avere vicino il figlioletto Ottone: «Desidero che veda come muore un re cattolico». Il sacerdote espose il Santissimo Sacramento nella stanzetta. Carlo non finiva di adorarlo: «Gesù, io confido in Te; Gesù in Te vivo, in Te muoio. Gesù, io sono tuo nella vita e nella morte. Tutto come Tu vuoi».

Il sacerdote gli diede la Comunione eucaristica come Viatico per l’eternità. Il sovrano si raccolse sereno, ilare di un’intima gioia. Zita gli disse: «Gesù viene a prenderti». Rispose: «Oh, sì, Gesù vieni!». E ancora: «Oh, Gesù, Gesù!». Erano le 12 e 23 minuti. Carlo d’Austria, 35 anni non ancora compiuti, contemplava Dio. Il medico che lo curava, miscredente, esclamò: «Ora, alla morte di questo santo, devo ritrovare la fede perduta». E si convertì. Da tutta l’isola, vennero a rendergli omaggio. Ai funerali, erano in 30mila persone.

La sua fama di santità andò crescendo. Era stato martire della fede, per causa dei più crudeli prevaricatori che la storia conosca. Il 3 ottobre 2004, il Santo Padre Giovanni Paolo II, con la solenne beatificazione in San Pietro a Roma elevava alla gloria degli altari Carlo d’Asburgo, l’Imperatore che dal trono d’Austria, agnello in mezzo ai lupi, attraverso la via regale della Croce di Cristo, ha scalato la vetta più sublime: la santità. Anche l’Imperatrice Zita, che ha raggiunto Carlo nel 1989, cammina verso la gloria degli altari.

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