Qual è l’obiettivo ideologico di chi insiste a presentare e celebrare Altiero Spinelli come padre d’Europa e il “Manifesto di Ventotene” da lui firmato come l’atto di battesimo della causa europeista?
I quotidiani stanno dedicando, da qualche tempo, ampio spazio alle vicende che riguardano Ventotene ed il carcere di Santo Stefano con vari articoli anche a seguito dell’avvio del progetto di Invitalia sul recupero dell’ex carcere borbonico dell’isola.
Una rilevanza era stata data anche in occasione dell’80° anniversario del “Manifesto di Ventotene”, al Convegno in webinar “Dalla memoria il futuro d’Europa: il ruolo della ricerca storica” con la partecipazione di diversi autorevoli personaggi “per riflettere sul futuro del nostro continente”. Ma tante altre occasioni ci sono state per parlare di questo tesoro delle isole pontine.
In ogni caso è molto positivo che l’isola ed il carcere, già da qualche anno, siano stati portati all’attenzione del grande pubblico nazionale ed internazionale con indubbi ed auspicabili ritorni in termini di afflusso turistico.
Il decollo dell’attenzione, come si ricorderà, era iniziato, per la verità, con il vertice promosso da Matteo Renzi il 22 agosto del 2016 con la partecipazione di Francois Holland e di Angela Merkel sulla portaerei Garibaldi, perché – disse l’allora Presidente del Consiglio italiano – «l’Isola di Ventotene rappresenta i valori e gli ideali che hanno fondato l’Unione Europea».
Da allora il leit-motiv di tutte le manifestazioni è stato quello, appunto, di far passare sempre più l’idea che il “Manifesto” fosse la base, l’atto di battesimo della causa europeista. Più importante e meglio “disegnato” delle fondamenta volute e vagheggiate dai veri ed autentici padri dell’Europa: Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e Robert Schuman.
In realtà le istituzioni europee erano nate con tutt’altra ispirazione di quella del Manifesto, per principale impulso dei tre statisti, tutti e tre cattolici, i quali avevano preso le mosse dalle comuni radici cristiane dell’Europa ed avevano assunto come riferimento simbolico il Sacro Romano Impero (attualmente il massimo riconoscimento europeo è proprio e non a caso un premio intitolato a Carlo Magno) e pochi sanno che le stelle che circondano il vessillo europeo sono le stelle che ornano il capo della Vergine Maria.
Il filone “laico” era già allora presente, ma aveva i suoi antesignani nel francese Jean Monnet e nel belga Paul-Henri Spaak e non certo negli autori del Manifesto di Ventotene e nella loro Unione dei Federalisti Europei.
Ora ci si dovrebbe chiedere perché si insiste tanto su tale manifesto e perché si rende omaggio alla tomba di Altiero Spinelli, sepolto a Ventotene? Ciò è evidente. Perché la cultura e quindi il progetto politico attuale dell’Europa sono del tutto subalterni proprio a quei circoli politico-culturali, eredi del mondo da cui provenivano gli autori del Manifesto di Ventotene.
C’è dunque un obiettivo ideologico e ci sono poi gli aspetti simbolici per celebrare col massimo risalto possibile il “Manifesto di Ventotene”.
Scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colosini ed altri, infatti, è molto celebrato dalla cultura di Sinistra italiana, ma in effetti largamente ignoto altrove.
In pratica si sta facendo passare quel Manifesto come se fosse davvero la pietra angolare delle istituzioni europee e si parla dei suoi autori come se fossero davvero i padri dell’Europa.
La verità è che, redatto da intellettuali di Sinistra, futuri co-fondatori del Partito d’Azione, il documento è un vessillo di quell’idea d’Europa molto “laica”, se non laicista, e molto statalista, che in effetti all’inizio del processo di unificazione ebbe ben poco peso e che prevalse più tardi, solo dagli anni ’80 del secolo scorso, fino a condurre l’attuale Unione Europea nella situazione in cui si trova adesso.
In effetti l’Europa di Spinelli e compagni è oligarchica e mondialista, vuole superare le differenze nazionali e non è pensata come il coronamento di un’unità di popoli europei, basata sui loro caratteri comuni (etnici, culturali, religiosi), ma come l’embrione di una futura aggregazione di livello mondiale, che elimini definitivamente da tutta la faccia della terra ogni confine, ogni differenza culturale e che riunisca tutti i popoli del mondo. Insomma, l’Europa del Manifesto è solo un primo passo di una struttura che dovrebbe preludere ad un internazionalismo indifferenziato ed uniforme con un governo globale mondialista.
È la visione, per essere ancora più chiaro, di un insieme di tutti i popoli che costituiscono l’umanità, di cui la federazione europea dovrebbe essere il primo passo in attesa che diventi possibile l’unità politica dell’intero globo. Risulta chiaro pertanto l’impostazione antinazionale di tutto il progetto.
Basta leggere bene tutto il documento: nella prima parte del Manifesto si sostiene che gli Stati nazionali sono stati uno strumento utile a ridurre il potere reazionario del Vaticano, ma poi sono diventati gli artefici di nazionalismi e totalitarismi; sono stati una tappa, che è da superare in vista di una sempre più grande aggregazione statale, prima europea e poi mondiale.
Nessun riferimento alla comune identità europea, alla cultura, alle tradizioni, alla religione che hanno costituito la storia del Continente europeo è rilevabile all’interno del freddo e burocratico manifesto spinelliano.
Ancora, considerata la religione come fattore di oscurantismo, con la fratellanza universale (la eco di un’ispirazione massonica è facilmente identificabile) che ignora le differenze tra i popoli, il Manifesto di Ventotene ha, inoltre, un sapore oligarchico: Spinelli critica il processo democratico e la sovranità popolare e chiarisce che deve essere una minoranza “veramente rivoluzionaria” a guidare il processo di integrazione europea.
In pratica Altiero Spinelli avrebbe voluto alla guida della futura Unione Europea un organismo indipendente, senza legittimità democratica, non eletto, competente (i migliori di oggi), in una parola, un organismo tecnocratico... sembra quasi (ahimè) l’attuale Commissione Europea.
Mi chiedo se molti di coloro che parlano spesso del Manifesto di Ventotene lo abbiano mai letto nella sua integralità e se non sia il caso di aprire finalmente, al di là di ogni pregiudizio di parte ed ideologico, una riflessione seria ed approfondita.