FEDE E CULTURA
Meglio Robespierre che i moderati
dal Numero 17 del 26 aprile 2020
a cura di Riccardo Pedrizzi

Il mondo cattolico attraversa un particolare momento di confusione e non è in grado di respingere l’attacco laicista. Restano di estrema attualità le “profezie” di Augusto Del Noce. Pertanto torna molto opportuna questa intervista che Riccardo Pedrizzi fece al Filosofo in occasione del Bicentenario della Rivoluzione francese.

- Pensatore di altissimo livello, intellettuale tra i più acuti del nostro tempo, professore universitario emerito tra i più stimati del mondo accademico, scrittore controcorrente, sui cui testi si sono formate le ultime generazioni di cattolici non succubi di culture altrui, cristiano seriamente impegnato in quell’opera di inculturazione della Fede, che invocò tanto Giovanni Paolo II, soprattutto uomo libero da ogni vincolo di consorteria partitica, Augusto Del Noce, mi ricevette nella sua nuova casa di Roma, nella quale si era trasferito con le decine di migliaia di libri, che teneva distribuiti in ogni parte. Gli richiesi di darmi qualche giudizio sulla Rivoluzione francese, in occasione del Bicentenario dell’Ottantanove (l’intervista fu pubblicata nel volume Rivoluzione e Dintorni di Riccardo Pedrizzi).

La Rivoluzione francese, come rivoluzione borghese, ha trionfato in questi ultimi anni sulla rivoluzione russa. Non è quindi un evento ormai lontano nel tempo, ma un successo presente, quello che i partiti della borghesia laica, liberali, socialdemocratici, radicali oggi festeggiano. Neppure è un caso che si faccia di tutto per esaltare Condoret e per deprimere Robespierre: si vuol mettere da parte quel che sembrava collegare le due rivoluzioni.


- Joseph de Maistre scriveva che «la rivoluzione francese è una grand’epoca e che le sue conseguenze, in ogni genere, si faranno sentire molto al di là del tempo della sua esplosione e del luogo della sua fucina»; non possiamo, dunque, come cattolici, permetterci il lusso di essere assenti da queste celebrazioni che sembrano orchestrate apposta per rilanciare e riaffermare i principi della “Rivoluzione”. Non le pare?

Certamente, De Maistre ha condotto una fenomenologia della rivoluzione di una profondità insuperabile; soltanto Dostoevskij può stargli alla pari. Quel che i cattolici potrebbero fare, oggi, paradossalmente, è assumere una certa difesa di Robespierre. Non si può isolare il momento “moderato” della Rivoluzione, senza cadere in quella mentalità individualistica ed egoistica, il cui pericolo Robespierre avvertiva e che sta oggi raggiungendo la punta massima.


- Giovanni Paolo II va ripetendo insistentemente che «occorre superare quella frattura tra Vangelo e cultura che è, anche per l’Italia, il dramma della nostra epoca; occorre por mano ad un’opera di inculturazione della Fede che raggiunga e trasformi, mediante la forza del Vangelo, i criteri di giudizio, i valori determinanti, le linee di pensiero ed i modelli di vita». In che modo, perciò, i cattolici italiani potrebbero far sentire la propria opinione, i propri giudizi, la propria interpretazione di quell’avvenimento che sconvolse l’Europa e pose le basi per la nascita del mondo moderno?

    Mostrando che cosa si nascondesse nella dichiarazione dei diritti, per esempio la distruzione dei corpi intermedi, il capovolgimento dell’asserita uguaglianza nella maggiore diseguaglianza, ecc. Stranamente, le critiche mosse da Marx alla Rivoluzione francese possono, oggi, dopo il naufragio del marxismo, essere fatte proprie dai cattolici.


- La Chiesa è stata sempre contraria ai principi ed alle ideologie illuministiche e rivoluzionarie; all’inizio scendendo direttamente in campo, poi sempre meno apertamente ed ufficialmente. Perché e come mai è potuto accadere questo “accomodamento”, come lo chiama Romano Amerio?

L’“accomodamento” è avvenuto dopo la seconda Guerra mondiale e in relazione a quello che può essere chiamato “il mito del ’45”. Tradizionalmente la Chiesa aveva visto la radice dei mali del mondo moderno nell’ateismo e nel secolarismo. In conseguenza dell’ideologia di guerra, larga parte dei cattolici ravvisò invece il “male radicale” nel “fascismo” (che certamente è un momento tra i mali del secolo, ma soltanto “un momento”), considerato poi come sviluppo di uno spirito reazionario (il che è falso) da cui la vecchia Chiesa sarebbe stata contagiata.


- Oggi, infatti, dobbiamo rilevare che nessun rappresentante ufficiale della gerarchia, nessun ambiente ufficiale ha fatto sentire la propria voce, ha espresso alcun giudizio, nell’ambito di questo secondo centenario, sull’Ottantanove e le sue conseguenze?

Su questo punto, la prudenza era certamente consigliata. Se il bicentenario fosse passato sotto silenzio sarebbe stato meglio. Ora, bisogna preventivamente ascoltare le ragioni dei suoi celebratori per poterlo controbattere. In certo modo Giovanni Paolo II l’ha già fatto, nella critica così alla parte capitalistica come della comunistica; i due mali a cui hanno portato la parte moderata e la giacobina dei rivoluzionari.


- Eppure in occasione del primo centenario, le cui celebrazioni, anche allora, come ricorderà, durarono ben quattro anni (1887-1891), la Chiesa ed il Pontefice in persona, anche se non direttamente, furono attivi e presenti con encicliche (Libertas del 1888, Sapientiae christianae del 1890, Rerum novarum del 1891), con iniziative, specialmente in Francia con “l’Association Catholique de la Jeunesse francaise”, con elaborazioni culturali come quelle del Toniolo. Come giustifica oggi questo silenzio?

Bisogna tener conto che allora il radicalismo combatteva la Chiesa Cattolica in nome dei principi della Rivoluzione francese. Successivamente, nella cultura del Novecento (si pensi all’idealismo italiano) il richiamo ad essi si era fatto estremamente blando. Si può dire che la rivendicazione della sua attualità sia un fatto abbastanza recente.


- Da quanto siamo andati dicendo potrebbe da qualcuno dedursi che la Chiesa prima era contraria agli immortali principi “libertà, fraternità e uguaglianza”, oggi invece non più. È esatto?

Questi principi sono suscettibili di un’interpretazione cristiana e di una secolaristica. La Chiesa li ha combattuti, e continua a combatterli (almeno nelle sue voci più autorizzate), in questa seconda versione.


- Professore, il Manzoni scrisse un saggio critico Sulla rivoluzione francese, che la cultura ufficiale tenta in ogni modo di far dimenticare e di demolire. Ora addirittura sembra che si voglia abolire lo studio del Manzoni dalle scuole italiane. Cosa ne pensa di questa proposta?

Realmente, il saggio manzoniano meriterebbe oggi una conoscenza e un approfondimento maggiori. Quanto alla sciagurata proposta di estromettere i Promessi Sposi dalla scuola, non credo sia da addebitare a iniziative della parte seria della intellighenzia laica italiana, ma di qualche suo servo sciocco. È vero che sul piano delle istituzioni, i servi sciocchi contano; non credo tuttavia che la proposta possa andare in porto.


- Ma allora ciò significa che “la Rivoluzione” ha veramente raggiunto tutti gli obiettivi che si era proposta?

Non lo credo: non penso infatti che i maggiori uomini della Rivoluzione potessero prevedere i risultati a cui la loro opera ha condotto. Bisogna pur riconoscere che i risultati vanno oltre le intenzioni e l’intransigenza nella polemica non deve togliere di mezzo il rispetto.

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