FEDE E CULTURA
C. Gnerre: il 4° volume di “Apologetica”
dal Numero 6 del 9 febbraio 2020
di P. Serafino M. Lanzetta

Gli articoli che settimanalmente Corrado Gnerre scrive per “Il Settimanale di Padre Pio” raccolti in un nuovo volume (N.4). L’augurio è che il lettore possa non solo leggere queste pagine interessanti e illuminanti, ma diventi anch’egli un apostolo dell’apologetica cristiana!

L’Apologetica, cioè il discorso in favore della Fede volto a mostrarne la sua ragionevolezza interna e a difenderla dagli attacchi dei suoi denigratori, con gli scritti di Corrado Gnerre ha conosciuto un grande risveglio e soprattutto un coinvolgimento che potremmo definire “popolare”. Gli interventi di Gnerre infatti si caratterizzano per la lucidità dell’analisi e per la semplicità dell’esposizione, così che ognuno possa trovarsi a suo agio nel leggere e nel poter verificare i fatti analizzati. Se si nega la realtà, in fondo si nega anche la fede e in ultimo si nega Dio. Fare apologetica significa rimanere fedeli al reale, a ciò che è, a ciò che è accaduto e che è dimostrabile per via di evidenze immediate o per testimonianza storica. Il fatto più importante, al di sopra di ogni evento, è che Cristo è morto ed è risorto; è vivo e ci interpella. Proprio qui palpita il cuore dell’Apologetica cristiana.

In questo libro, l’Autore raccoglie i suoi articoli apologetici (dal 2014 al 2016) per la rivista Il Settimanale di Padre Pio. Gli articoli che Gnerre scrive settimanalmente con devozione e con passione costanti spaziano dalla storia alla filosofia, dallo studio delle religioni alla teologia, offrendo quasi sempre una teologia della storia.

Tra i vari temi trattati, l’Autore si sofferma ad esempio sulla “sovranità di Dio” così come intesa nel Medioevo, una sovranità d’amore fondata sulla libertà del Creatore di porre in essere, per un puro atto di bontà, ciò che non è, al fine di manifestare la sua presenza e il suo amore. Contro questo concetto di bontà di Dio si erge il nuovo concetto di Dio che prende le mosse con il Nominalismo e quindi con la fine del Medioevo. Secondo la corrente filosofica nominalista, che ha il suo grande maestro in un francescano inglese, Gugliemo di Ockham (1285-1397), i concetti che la mente si forma non corrispondono alla realtà, sarebbero dei meri nomi vuoti di significato. Siccome quindi la bontà non è analogica e la conoscenza è solo sensibile, Dio diventa una sorta di indicibile. Non possiamo descriverlo, non sappiamo se abbia creato il mondo e quali siano le sue perfezioni. Con l’Empirismo, il Nominalismo porterà a delle conseguenze molto pragmatiche: il concetto di causalità, secondo cui da un effetto si risale alla sua causa, sarebbe solo un possibile nesso mentale, ma non ci è dato di sapere se effettivamente abbia consistenza, a meno che non lo si esperisca con i sensi.

Però, se non sappiamo se Dio abbia creato il mondo, come faremo a sapere se il mondo è ancora buono? E come faremo a sapere se l’uomo è veramente libero e non piuttosto schiavo della sua idea di libertà? Dal XIV secolo in poi la società si edifica su un nuovo concetto di Dio che l’Autore definisce una «sovranità nel terrore». Lo Stato si emancipa dalla Legge divina e il diritto positivo finisce con l’escludere un diritto naturale, fondato sulla natura dell’uomo in quanto creata da Dio. L’uomo e la società iniziano ad esistere per se stessi fino però a fare della libertà dell’uomo un fatto privato. Privatizzare la libertà significherà renderla allo stesso tempo una continua minaccia. Il peccato, la miseria morale, senza più il presupposto ontologico del bene, prendono così il sopravvento. Senza il riferimento al vero Dio, al Dio che è verità e bontà, l’uomo rimarrà in balia di se stesso.

Ciò condurrà a un momento nodale della storia che è la Rivoluzione protestante, il cui assunto fondamentale è che l’uomo non è libero di non peccare. Il libero arbitrio è un’illusione. L’uomo vive sotto l’imperscrutabile disegno di un Dio despota che predestina volontaristicamente chi alla gloria e chi alla condanna eterna. La vita diventa cupa e Dio il vero nemico dell’uomo. Questo porterà inevitabilmente ai nostri giorni. Segnerà un altro passaggio nodale che apre alla Modernità – il primato del soggetto e del volere sull’essere – e quindi alla nostra post-Modernità – il tentativo, dice Gnerre, di nullificare il concetto stesso di certezza – che è in realtà un post-Cristianesimo. La vera identità della religione di Nostro Signore Gesù Cristo andrebbe vista oggi nell’amore che mette da parte la verità. Mentre l’amore unirebbe, la verità porterebbe l’uomo a porsi contro un altro uomo perché in definitiva tutti vogliono la propria verità. Dipingendo Gesù come uno che ha fatto il bene, si potrebbe più facilmente adagiare il Cristianesimo nella culla del relativismo religioso, in cui ognuno sceglie ciò che gli fa più comodo e così la Religione di Cristo non perderebbe un’occasione propizia di fare un servizio utile alla società. Mentre pullula il relativismo, il Cristianesimo viene visto sempre più come un’agenzia di servizi sociali. E se poi anche all’interno della Chiesa non si perde occasione per parlare quasi unicamente di migranti e accoglienza dei rifugiati, allora il quadro sembra proprio completo e ben fisso alla cornice storica presente. Intanto però la fede si spegne e muore e la Chiesa vive in una sorta di agonia interna per aver smarrito la sua identità.

Ecco la necessità di un’apologetica che muovendo da una lettura oggettiva dei fatti storici, con le premesse del realismo filosofico, possa fornire le ragioni della fede a tutti i credenti e allo stesso tempo possa divenire invito e annuncio per chi ancora non crede. L’apologetica di Gnerre, il quale con la didattica di un professore di Religione che parla ai suoi alunni e con la sua capacità di sintesi volta a sbriciolare concetti anche difficili, adempie egregiamente a questo compito. L’augurio è che il lettore possa non solo leggere queste pagine interessanti e chiarificatrici, ma che diventi anch’egli un apostolo dell’apologetica cristiana donando ad altri ciò che egli ha ricevuto.

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