Sacra Scrittura, Sacra Tradizione e Magistero sono strettamente interconnessi fra loro. Il Magistero è un servizio reso alla Parola di Dio, per salvaguardarla e rettamente interpretarla, e non può mai porsi al di sopra di essa.
«La sacra Tradizione e la sacra Scrittura sono tra loro strettamente congiunte e comunicanti. Poiché ambedue, scaturendo dalla stessa divina sorgente, formano in certo qual modo una cosa sola e tendono allo stesso fine. Infatti la sacra Scrittura è parola di Dio in quanto è messa per iscritto sotto l’ispirazione dello Spirito Santo; la sacra Tradizione, invece, trasmette integralmente la parola di Dio, affidata da Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli apostoli e ai loro successori, affinché questi, illuminati dallo Spirito di verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino, la spieghino e la diffondano; accade così che la Chiesa attinga la sua certezza su tutte le verità rivelate non dalla sola sacra Scrittura. Perciò l’una e l’altra devono essere accettate e venerate con pari sentimento di pietà e con riverenza» (Dei verbum, n. 9).
Queste splendide parole del nono paragrafo della Dei verbum presentano una formidabile sintesi del rapporto inscindibile sussistente tra Sacra Scrittura e Sacra Tradizione in quanto fondato su una e medesima fonte di origine, che è in entrambi i casi la sorgente divina della Parola di Dio, con la differenza che nella Sacra Scrittura essa si manifesta come Parola “messa per iscritto”, mentre nella Tradizione come Parola “trasmessa in via orale” attraverso la predicazione. Non esiste pertanto, quanto meno dal punto di vista cattolico, alcuna opposizione tra le due, né si può lecitamente optare per una a discapito dell’altra, perché entrambe, insieme, costituiscono quell’unico e sacro deposito della Parola di Dio rivelata che è stato da Dio affidata alla Chiesa e alla sua custodia.
È in questo contesto che emerge il ruolo del Magistero della Chiesa, che ha il compito dell’interpretazione autentica della Parola di Dio scritta o trasmessa. Il fondamento di tale carisma risiede anzitutto nella Sacra Scrittura stessa (1) e poi nelle affermazioni dogmaticamente vincolanti della Costituzione Dei Filius del Concilio Vaticano I (1870) (2). Stupende, tuttavia, anche in questo caso sono le assai opportune puntualizzazioni della Costituzione, che spiega gli ambiti legittimi di esercizio del Magistero e i suoi limiti intrinseci e assolutamente invalicabili, in particolare per ciò che concerne la doverosa soggezione del Magistero stesso alla Parola di Dio, nei cui confronti non si trova “al di sopra”, ma al di sotto, in condizione di umile servitore. È bene anche in questo caso, stante l’importanza e la delicatezza del tema in questione, mettersi in testuale ed esplicito ascolto della seconda parte del paragrafo 10 della Costituzione: «Il compito di interpretare autenticamente la parola di Dio, scritta o trasmessa, è affidato al solo magistero vivo della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo. Questo magistero però non sta sopra la parola di Dio ma ad essa serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l’assistenza dello Spirito Santo, piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella parola, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone da credere come rivelato da Dio» (Dei verbum, n. 10).
Il Magistero, dunque, è un servizio reso alla Parola di Dio scritta o trasmessa, di salvaguardia della sua integrità e corretta interpretazione e per ben esercitarlo le autorità competenti (ossia i vescovi e il Romano Pontefice) devono porsi anzitutto in pio ascolto della Parola (perché anch’essi sono in tutto e per tutto ad essa soggetti e mai superiori), comprendere il loro mandato come dovere di “custodire santamente” senza alterazioni e mutamenti il sacro deposito ed esporre fedelmente e correttamente tutto ciò che ha a che fare con la divina Rivelazione, con il potere di definire ciò che è da credere come divinamente rivelato e ciò che tale non è. Alla luce di questi principi, si badi bene, ogni qualvolta si trovasse un esercizio della potestà del Magistero suscettibile di diverse interpretazioni, l’unico modo che dovrà considerarsi lecito e possibile sarà sempre e solo quello che si trova in continuità con la Tradizione e con il Magistero pregresso. Nessuno, infatti, ha sulla terra la possibilità di porsi al di sopra della Rivelazione.
In questa mirabile prospettiva, si comprende peraltro (e infine) l’indisgiungibile interconnessione e legame tra Scrittura, Tradizione e Magistero, di modo che non si possono concepire e comprendere l’uno senza l’altro, ciascuno nella propria specifica funzione e particolarità, ma dentro una mirabile unità. Di nuovo ci mettiamo in ascolto delle parole della Costituzione che offrono tale sintesi conclusiva: «È chiaro dunque che la sacra Tradizione, la sacra Scrittura e il magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti da non poter sussistere l’uno senza l’altro, e tutti insieme, ciascuno secondo il modo proprio, sotto l’azione del medesimo Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime» (Dei verbum, n. 10).
NOTE
1) «Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio» (2Pt 1,20-21). «La magnanimità del Signore nostro giudicatela come salvezza, come anche il nostro carissimo fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; così egli fa in tutte le lettere, in cui tratta di queste cose. In esse ci sono alcune cose difficili da comprendere e gli ignoranti e gli instabili le travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina» (2Pt 3,15-16).
2) «Si devono credere con fede divina e cattolica tutte quelle cose che sono contenute nella Parola di Dio, scritta o trasmessa per tradizione, e che vengono proposte dalla Chiesa, o con solenne definizione, o con il magistero ordinario e universale, come divinamente ispirate, e pertanto da credersi» (Denz. 3011).