Carissimi, ho recentemente appreso che il 23 novembre scorso la famosa cantante Giorgia si è esibita in concerto accompagnata dalla sua “storica” Band e dall’Orchestra all’interno del Duomo di Milano. Accanto all’Ave Maria di Schubert e White Christmas, ha eseguito i vari pezzi del suo repertorio pop (Gocce di memoria, Come saprei, Vanità e così via). Ne sono molto amareggiato. Tutti a evidenziare il fine nobilissimo (raccolta fondi per le famiglie povere con figli disabili) e nessuno a rilevare l’inopportunità della cosa! I soliti giornali laicisti hanno applaudito entusiasti all’evento, titolando: “La regina del pop sotto le volte gotiche per sostenere un’associazione benefica”. Si legge: «Una voce divina in una chiesa ci sta benissimo. Ma che voce, quella di Giorgia, e che chiesa, il Duomo di Milano. Un esordio in una cattedrale [...] che è il miglior debutto possibile per il nuovo disco Pop heart. In realtà il concerto non è legato all’album, tanto che ci sono solo due cover, Le tasche piene di sassi di Jovanotti e Anima di Pino Daniele [...]. Il debutto è stato coronato sicuramente da un ottimo incasso, considerato anche che il biglietto più economico veniva 600 euro e che sono stati occupati un buon migliaio di posti. Ma ottimo è anche, se non soprattutto, l’esito musicale: Giorgia, regina del pop, abituata a palasport e grandi arene, si disimpegna splendidamente anche sotto le volte gotiche del Duomo».
Pare che nessuno si sia sentito fuori posto, a cominciare dalla protagonista che ha spiegato: «I luoghi sacri sono pieni di energia: la sensazione o forza o atmosfera che avverti entrando in una chiesa e che non sai spiegare razionalmente. Per cui questa è un’esperienza eccezionale, un’emozione unica. Ma non è strano fare musica in chiesa, anzi la musica parla all’anima più di tante parole e concetti ed è una cosa che si fa insieme. Quindi va benissimo in un luogo sacro in cui emozione e condivisione sono di casa».
Scusate, con tutto il rispetto per Giorgia che stimo musicalmente, ma fino a che punto dovremo sopportare queste indebite occupazioni dei nostri più cari luoghi di culto? Non c’è nulla che possa porre un limite a queste iniziative? (Edoardo R.)
Caro Edoardo, è certamente grave e triste ciò che è successo nel Duomo di Milano. La musica profana non dovrebbe mai penetrare in un tempio sacro, nemmeno per il più nobile dei fini, poiché esso è “consacrato” a Dio. Compiervi atti non sacri, che in genere si fanno altrove (come un concerto pop), è una profanazione, cioè un andare fuori dal fanum (luogo sacro). Che bisogno ci sarebbe di un solenne rito di consacrazione, se poi il luogo sacro viene adibito al profano? Ma questa è purtroppo la coerente conseguenza di una generale perdita del senso del sacro. Se la chiesa diventa un semplice “contenitore polifunzionale”, nessuno si scandalizzerà se gli usi che ne vengono fatti a volte sono persino incompatibili con la fede, come in questo caso in cui a riecheggiare nel tempio cattolico è stata una musica che celebra non l’Amore di Dio ma il sentimento e l’amore umano, dispiegando una gamma di “messaggi” ed “emozioni” che risultano, se non scandalosi, almeno molto distanti dal sacro.
Spesso si scelgono le chiese come location di manifestazioni musicali per la bellezza della struttura architettonica unita alla garanzia di una buona riuscita acustica. Al di là di ogni valutazione estetica o acustica, però, resta il fatto che ogni chiesa, piccola o grande, antica o moderna, trova la propria ragione di esistenza nell’essere luogo particolare consacrato esclusivamente all’adorazione di Dio e alla preghiera dei fedeli. Il principio da tener sempre presente è quello espresso dal Codice di Diritto Canonico:
- «Nel luogo sacro sia ammesso solo quanto serve per esercitare e promuovere il culto, la religione, ed è vietato tutto ciò che non sia consono alla santità del luogo. Tuttavia l’Ordinario può permettere, caso per caso, altri usi, che però non siano contrari alla santità del luogo» (can. 1210). Tra questi usi figurano per esempio i concerti di organo e altre esecuzioni musicali, purché la musica sia sacra e religiosa.
Forse non tutti sanno che vi è una specifica Lettera della Congregazione per il Culto Divino (De concentibus in ecclesiis, 5 novembre 1987) che regola la questione dei concerti nelle chiese aperte al pubblico. Essa ricorda la natura e la finalità delle chiese:
- «Secondo la tradizione illustrata dal Rituale della Dedicazione della chiesa e dell’altare, le chiese sono anzitutto luoghi dove si raccoglie il popolo di Dio. Esso, adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, è la Chiesa, tempio di Dio edificato con pietre vive, nel quale viene adorato il Padre in spirito e verità. Giustamente fin dall’antichità il nome “chiesa” è stato esteso all’edificio in cui la comunità cristiana si riunisce per ascoltare la parola di Dio, pregare insieme, ricevere i Sacramenti, celebrare l’Eucaristia, e adorarla in esso come sacramento permanente. Le chiese pertanto non possono considerarsi come semplici luoghi “pubblici”, disponibili a riunioni di qualsiasi genere. Sono luoghi sacri, cioè “messi a parte”, in modo permanente, per il culto a Dio, dalla dedicazione o dalla benedizione. Come edifici visibili, le chiese sono segni della Chiesa pellegrina sulla terra; immagini che annunciano la Gerusalemme celeste; luoghi in cui si attualizza fin da quaggiù il mistero della comunione tra Dio e gli uomini» (n. 6).
Quale conclusione se ne deve trarre? La Lettera la esprime con estrema chiarezza nelle “Disposizioni pratiche”, affrontando il tema dell’uso extra-liturgico dell’aula ecclesiale:
- «Il principio che l’utilizzazione della chiesa non deve essere contraria alla santità del luogo determina il criterio secondo il quale si deve aprire la porta della chiesa a un concerto di musica sacra o religiosa, e la si deve chiudere ad ogni altra specie di musica [...]. Non è legittimo programmare in una chiesa l’esecuzione di una musica che non è di ispirazione religiosa e che è stata composta per essere eseguita in contesti profani precisi, sia essa classica, o contemporanea, di alto livello o popolare: ciò non rispetterebbe il carattere sacro della chiesa [...]. Spetta all’autorità ecclesiastica esercitare liberamente i suoi poteri nei luoghi sacri (cf. can. 1213), e dunque regolare l’utilizzazione delle chiese salvaguardando il loro carattere sacro» (n. 8).
Per musica sacra s’intende la musica composta per la Liturgia, mentre per musica religiosa quella che «si ispira al testo della Sacra Scrittura o della Liturgia, che richiama a Dio, alla Vergine Maria, ai Santi, o alla Chiesa». È chiaro che non possono bastare vaghe espressioni d’amore o pallidi riferimenti spirituali come versi quali «siamo anime in una storia», «aspettiamo solo un segno, un destino, un’eternità...» per imprimere il carattere religioso alla musica in questione.
Caro Edoardo, il suo disappunto non è quindi fuori luogo ma frutto di quel senso del sacro che ancora abita il cuore dei fedeli, i quali comprendono che ad essere “di casa”, in una chiesa, più che l’“emozione e la condivisione” è l’augusta Presenza del Signore. C’è da augurarsi che molti che come lei hanno avvertito la gravità del fatto trovino il coraggio e le giuste modalità per esprimersi con le autorità competenti e far sentire il loro dissenso, nella speranza di arginare tali fenomeni.
Concludiamo con un invito alla riflessione, suggerito sempre dal documento citato:
- «In una società di agitazione e di rumore, soprattutto nelle grandi città, le chiese sono luoghi adeguati dove gli uomini raggiungono, nel silenzio o nella preghiera, la pace dello spirito o la luce della fede. Ciò sarà possibile soltanto se le chiese conservano la loro identità. Quando le chiese si utilizzano per altri fini diversi dal proprio, si mette in pericolo la loro caratteristica di segno del mistero cristiano, con danno più o meno grave alla pedagogia della fede e alla sensibilità del popolo di Dio, come ricorda la parola del Signore: “La mia casa è casa di preghiera” (Lc 19, 46)» (n. 6).