Il trascorrere dei millenni non ha scalfito il potere dissipativo della diversità di espressione e, nonostante l’enorme facilitazione della comunicazione e degli scambi informativi, non si è annullata minimamente la tendenza dell’essere umano a formare gruppi chiusi, con linguaggi propri e spesso criptici.
Una volta fu richiesto a san Pio da Pietrelcina di esprimere un suo pensiero al riguardo dei tempi moderni (eravamo negli anni ’60) ed egli rispose con una battuta breve e folgorante: «Confusione di idee, predominio di ladri». È difficile anche oggi, a 60 anni di distanza, trovare una definizione più azzeccata della situazione sociale, istituzionale, politica ma soprattutto etica e morale che stiamo vivendo in Italia. Una ragione di fondo c’è ed è ineliminabile: gli esseri umani – come hanno notato da tempo gli studiosi di semiologia e semantica del linguaggio1 – riescono a comunicare fra loro fino ad un certo punto. Paradossalmente anche se siamo in piena era dell’informazione e comunicazione di massa, anche se attualmente disponiamo di mezzi tecnologici impensabili fino ad un secolo fa, la nostra capacità di esprimerci e di comunicare con gli altri non è affatto aumentata, anzi secondo alcuni esperti è perfino diminuita. Con l’avvento di internet, i social networks, facebook, twitter, i vari blogs, i forum e quant’altro, si pensava, e forse ci si augurava in modo utopico, che avvenisse una sorta di unificazione mondiale nella rete, una omologazione delle culture e perfino la nascita di un linguaggio universale. Dopo la formazione del cosiddetto “villaggio globale” (preconizzato fin dal 1968 da McLuhan [2]) si attendeva l’apparizione di un “Homo technologicus” quale evoluzione spontanea dell’Homo Sapiens, un essere colto, progredito e intellettualmente superiore, scevro e immune da condizionamenti di razza, di cultura, di religione, di tradizione e, inutile dirlo, di linguaggio (3). Quello che sta accadendo è invece esattamente il contrario: non solo non c’è stata unificazione ed integrazione (neanche culturale) ma si è registrato un esasperato aumento dei caratteri distintivi e divisivi a discapito di quelli unificanti.
Navigando in internet ci si imbatte in una miriade di gruppuscoli e associazioni, community e teams specializzati nei più disparati argomenti: può trattarsi di moda, di cucina, di salute, di musica, di sport, di vacanze, di video-giochi, di hobby, ecc., molte di queste novelle “corporazioni” spesso non dialogano affatto tra di loro ma sono appartate, esclusive, riservate, quasi “esoteriche”. Hanno sviluppato sensibilità e linguaggi criptici molto particolari: se non si è competenti oppure non si è tra gli “addetti ai lavori” dopo qualche scambio di opinioni gli appartenenti al gruppo subito se ne accorgono e ti trattano da neofita. Il fenomeno diventa evidentissimo e assume una connotazione tutta speciale quando si approccia il variegato “pianeta” dei giovani. Per esempio negli anni ’90 si è affermato lo stile di vita truzzi: adolescenti dediti soprattutto all’ascolto di musica house, abbigliati con costosi capi di moda tipo Dolce&Gabbana. All’opposto dei truzzi però sono nati gli emo. Il termine inglese, di incerta provenienza, è stato coniato per identificare una subcultura giovanile emersa negli Stati Uniti, in particolare a Washington D.C. Vestiti in modo “gotico”, amanti del punk rock e di altri generi di musica alternativa si riconoscevano subito perché portavano i capelli davanti al volto in modo da celarlo quasi completamente. Ambigui e quasi asessuati il loro stile è stato portato alla ribalta da gruppi musicali quali Tokio Hotel. Inutile dire che tra i truzzi e gli emo non è mai corso buon sangue, anzi c’è stato sempre antagonismo e scontro aperto. Se c’è qualcosa che ha accomunato truzzi ed emo è che sono state espressioni di vita effimere e passeggere come la nebbia del mattino: si sono “estinti”. Oggi a calcare la scena ci sono i nerd: scientisti e patiti al limite della dipendenza dai videogiochi, seguiti a ruota dagli hipsters sinonimo di giovane dal volto incorniciato di barba “ottocentesca”, baffi a manubrio, tatuati in modo impressionante e seguaci di tutte le forme di cultura alternativa. Un hipster non sopporta un nerd e viceversa. I primi esprimono la propria insofferenza delle regole recuperando i codici comportamentali più anticonformisti, i secondi invece sono completamente avulsi dal mondo reale e vivono immersi 24 ore su 24 nell’universo virtuale.
Questione di linguaggi
Questi esempi così eclatanti sono molto indicativi sotto il profilo sociologico perché dimostrano che nonostante l’enorme facilitazione degli scambi informativi non si è annullata per niente la tendenza dell’essere umano a formare gruppi chiusi, frammentati, poco comunicanti e addirittura bellicosi. Sembra quasi che ci sia qualcosa nel nostro DNA che ci spinge alla discordia, che ci porta a guardarci in cagnesco, a formare collettività rivali, in continua competizione... si pensi al fenomeno (degenerato) del tifo calcistico, alla curva sud contro la curva nord: lo sport che diventa occasione settimanale di violenza. Indubbiamente tutto questo è un retaggio della natura decaduta dell’essere umano, del peccato originale che ha deturpato il rapporto con Dio e tra i simili. Dopo Caino e Abele si è insinuato tra di noi il tarlo del rancore fratricida che ha segnato in modo irreversibile ed indelebile ogni rapporto umano. Tuttavia se spingiamo lo sguardo alle radici della nostra specie rinveniamo un episodio singolare avvenuto poco dopo il diluvio universale. Si legge nel libro della Genesi al capitolo 11: «Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: “Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco”. Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero: “Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra”. Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: “Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro”. Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra» (Gen 11,1). Anche se volessimo darne una interpretazione simbolica e non letterale il discorso non cambierebbe di molto: la diversità dei linguaggi, dei dialetti, dell’espressione verbale non è innata in noi ma è piuttosto la conseguenza di un altro peccato successivo a quello primordiale, di un altro atto di sfida all’Altissimo: la costruzione di una città e di una torre che “toccasse” il cielo come risposta provocatoria contro Colui che dal paradiso terrestre ci aveva scacciati. È interessante notare come sia bastato confondere la lingua e la comprensione reciproca per suscitare disorganizzazione, confusione di idee, dissipazione dell’identità di un popolo e far fallire l’ambizioso progetto. Ahimè, il trascorrere dei millenni non ha scalfito minimamente il potere dissipativo della diversità d’espressione e tuttora ne patiamo le limitazioni. Siamo riusciti a ridurre l’ambiguità della semantica solo in campi di conoscenza ristretti: è nato così il linguaggio della Logica, della Matematica (con i suoi tanti simboli adatti per descrivere assiomi, teoremi e corollari del mondo dei numeri), quello della Musica (le note e il pentagramma) per tradurre su un foglio di carta le armonie e le composizioni strumentali che altrimenti potrebbero solo essere ascoltate.
Nell’unica Fede il rimedio
Esiste parimenti il linguaggio della Fisica per esprimere quantitativamente e qualitativamente i comportamenti della natura, della Chimica e così via. Il prezzo da pagare è stato alto: c’è poco da equivocare: 2 + 2 = 4 e basta, ma che difficoltà nell’adoperare segni, simboli: tanti di noi dicono di non comprendere la matematica perché è troppo “difficile”. Per millenni, nel mondo ha regnato la confusione e l’incertezza ereditata da Babele ma con l’avvento di Nostro Signore Gesù Cristo tutto è cambiato. Dopo la sua morte e risurrezione Egli ha voluto donare alla sua Chiesa, al suo Corpo mistico, un volto preciso, un’identità unica, una univocità di intenti, di sentimenti, di pensieri che le conferisse quella forza soprannaturale necessaria a rintuzzare gli assalti dell’inferno: «Le porte degli inferi non prevarranno» (Mt 16,18). È così che lo Spirito Santo nella Pentecoste “rimedia” alla tragedia di Babele: «Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: “Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio”. Tutti erano stupiti e perplessi, chiedendosi l’un l’altro: “Che significa questo?”» (At 2,1).
Significa che la Chiesa è nata sotto il “segno dello Spirito Santo”: gli uomini, pur parlando lingue diverse, si capiscono, comunicano, sono diventati un sol popolo con un Cuor solo quello di Cristo Signore. È con la fede in Dio onnipotente e con l’ausilio dell’amore divino che l’umanità supera le limitazioni intrinseche della sua natura corruttibile, incomunicabile e violenta. Contro la discordia, l’odio e la confusione dominante retaggio di Babele non c’è ideologia (comunista, capitalista o populista) che tenga, non c’è rivoluzione scientifica, informatica e telematica che possano affrancarci dall’antica maledizione del peccato. Solo nel Redentore otteniamo la salvezza, la scienza e la tecnologia non ci salvano. Solo in Cristo troveremo l’unificazione vera delle anime e delle coscienze e non in internet o in qualche altro ritrovato bislacco della comunicazione di massa.
L’odierna Babele
La paganizzazione dei costumi e il neo-umanesimo antropocentrico che indica l’uomo come dio di se stesso ci allontanano inesorabilmente dalla via della Verità: saremo sempre più confusi, discordi e bellicosi nonostante il web, le televisioni e la rete mondiale di social network. La logica del mondo è rimasta affetta dalle conseguenze perniciose di Babele, barcolla continuamente tra le poche certezze morali e il tanto relativismo, geme sotto l’influsso nefasto del “confusionario” che vuole scompigliare il genere umano per condurlo alla rovina. La logica del mondo è una logica incoerente, inconciliabile con quella divina. Gesù così si rivolge al Padre: «Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi [...]. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità» (Gv 17,9ss).
Come possiamo comprendere invece che il mondo giace ancora sotto il “segno di Babele” e che la situazione attuale sembra divaricarsi ed allontanarsi sempre più dalla Volontà di Dio? Ci sono temi e problemi contemporanei molto scottanti, che rappresentano altrettante torri di Babele del terzo millennio. L’umanità non cessa di offendere Dio, come amaramente ha fatto notare la Santissima Vergine Maria nella terza apparizione a Fatima, e, pervicacemente pone in campo vere sfide consumate per giunta in un clima di quasi assoluto consenso e suffragio universale. Citiamo tre esempi cospicui:
1) la teoria del gender e dell’identità sessuale. Qual è il criterio per stabilire se una persona è maschio o femmina? Fino a pochi anni fa la risposta era fornita dal naturale dimorfismo sessuale. Oggi si opta per un criterio “soggettivo-volontarista” molto prevaricatore: tu sei quello che ti senti di essere, maschio, femmina o qualcosa di mezzo o né l’uno né l’altro...
2) La famiglia e l’unione uomo-donna. Suor Lucia di Fatima, avvisata dalla Santa Vergine, scriveva a padre Augustin Fuentes che la sfida finale tra Dio e Satana si sarebbe incentrata sulla famiglia (1959). Il quadro attuale infatti è apocalittico, si è complicato a dismisura: convivenze, unioni di fatto, famiglie, coppie omosessuali uomo-uomo, donna-donna, famiglie allargate, famiglie ricostituite, divorziati-risposati, separati-ricongiunti... La famiglia di oggi – se è ancora ragionevole adoperare questo termine – ha assunto una differenziazione e frammentazione che rasenta l’assurdo: famiglia mono-genitoriale, pluri-genitoriale e perfino famiglie provvisorie o temporanee! Una vera Torre di Babele.
3) Il significato, il valore e la dignità soprannaturale della vita umana. Chi può arrogarsi il diritto di stabilire quando nasce e quando termina? È nella disponibilità e nell’arbitrio del singolo individuo decidere se vivere o morire? Dall’aborto all’eutanasia passando per la banalizzazione dell’esistenza intesa come mero processo biologico per cui siamo tutti robot-fatti-di-carne, si è iniziata, e non se ne intravede la fine, una catena di errori, di eresie e stravolgimenti (si pensi all’uomo-chimera, mezzo uomo e mezzo animale) che non solo offendono Dio unico Signore della vita ma abbassano il rango dell’essere umano al di sotto di quello bestiale: siamo ormai arrivati alla visione di un uomo-macchina-utensile.
Resta tristemente riaffermata l’asserzione di Rabelais: «La scienza senza coscienza diventa la rovina dell’anima». Si potrebbe parafrasarla dicendo che un’umanità sottoposta al segno di Babele senza il segno dello Spirito Santo è destinata alla rovina universale.
NOTE
1) Roland Barthes, Elementi di semiologia (1915-1980), pubblicata nel 1964, ed anche Ferdinand de Saussure, Cour de linguistique générale.
2) Marshall Herbert McLuhan, Teorico delle comunicazioni sociali, Edmonton 1911, Toronto 1980. L’autore, professore di letteratura inglese in varie università, è stato dal 1963 direttore del Centre for culture and technology dell’università di Toronto. Ha studiato l’influenza dei mezzi di comunicazione di massa sul comportamento individuale e collettivo.
3) Giuseppe O. Longo, Homo technologicus, Booklet, Milano 2005, Collana: Le melusine.