Con la forza della sua dottrina e la dolcezza della sua umiltà, il prodigioso cappuccino san Lorenzo da Brindisi contrastò l’eresia luterana in terra di Austria e Germania e, conquistata la fiducia dell’Imperatore, ebbe un ruolo di primo piano nelle vicende spirituali e politiche di quegli anni.
A mezz’anno dal ricordo del quinto centenario della rivolta luterana ci troviamo davanti a un altro centenario (il quarto) di una logica conseguenza della pseudo-Riforma. Quattrocento anni fa cominciava la Guerra dei Trent’anni, il più grande e più sanguinoso scontro in quest’Europa ormai spaccata dall’eresia luterana. La Guerra dei Trent’anni inizia con la famosa defenestrazione di Praga. Si tratta di una città di grande rilievo, che all’epoca degli imperatori Rodolfo II e Mattia è stata anche capitale dell’impero. Rodolfo volle spostare la corte da Vienna proprio a Praga per un motivo assai triste, soprattutto per un sovrano cristiano come egli avrebbe dovuto essere. Praga, infatti, era già una capitale: capitale dell’esoterismo europeo, e l’Imperatore fu un uomo affascinato da magia, alchimia ed astrologia. Proprio nella medesima città, a partire dall’anno 1600, svolgeva il suo apostolato il grande santo francescano – e futuro generale dell’Ordine cappuccino – san Lorenzo da Brindisi (1559-1619).
Una missione contrastata
San Lorenzo arrivò a Praga verso fine dell’anno 1599 con un gruppo di confratelli, per fondarvi il primo convento cappuccino, collocato vicino al palazzo imperiale. I frati, oltre agli oltraggi da parte dei protestanti che avevano cominciato a insultarli – e talvolta anche a percuoterli – già durante il viaggio verso la Boemia, ebbero da superare contrasti veementi dalla stessa corte imperiale. Infatti, la corte di Rodolfo era composta da un miscuglio strano di cattolici e protestanti, scienziati e variopinti ciarlatani. Tra di essi si trovava pure un grande astronomo, ma purtroppo anche alchimista, astrologo ed eretico convinto: il danese Tycho de Brahe.
Divergono le testimonianze intorno allo scontro tra i due grandi personaggi. Secondo alcuni, era semplicemente il suono delle campane nella chiesa dei cappuccini a disturbare lo scienziato, facendo vibrare gli strumenti delicatissimi del suo laboratorio. Secondo altri, era la fede protestante dell’astronomo a sentirsi minacciata da parte dei cappuccini. Infine, san Lorenzo godeva anch’egli della stima dell’imperatore Rodolfo, per cui sicuramente avrebbe potuto tentare di guarire il povero sovrano dalle sue superstizioni (delle quali approfittava certamente de Brahe). In ogni caso, il danese si impegnò a convincere Rodolfo che l’aver invitato i cappuccini a Praga era stata una pessima idea. Conoscendo un po’ la personalità del monarca, si può anche credere che (come racconta san Lorenzo) l’astronomo protestante sia ricorso all’argomentazione astrologica: secondo essa, il destino di Rodolfo sarebbe stato quello di essere ucciso da un cappuccino, per cui avrebbe fatto meglio a ritardare il momento fatale, ovvero a mandar via i poveri frati.
Sembra che in un primo momento a controbattere l’influsso dell’astronomo fu il gran cancelliere del regno boemo, Zdenek Popel. Egli convinse l’Imperatore di rimandare la decisione sul destino dei frati a più tardi. E nel frattempo, nell’ottobre del 1601, accaddero due eventi che risolsero la questione definitivamente. In Ungheria san Lorenzo con la croce in mano guidò le truppe imperiali dell’arciduca Mattia in battaglia contro i turchi vicino ad Albareale. Allo stesso tempo, a Praga, Tycho de Brahe moriva e moriva in maniera assai dolorosa e vergognosa (per lo scoppio della vescica), cosa che da molti venne considerata come il giusto castigo per la sua avversione per i cappuccini (così, del resto, scrive anche san Lorenzo nel suo resoconto De rebus Austriae et Bohemiae).
Scienza, zelo, amabilità
E così i cappuccini rimasero a Praga, svolgendo – con san Lorenzo a capo – un apostolato fecondissimo, a conforto dei cattolici e con numerose conversioni dei protestanti. Sicuramente, fu così grazie alla profonda scienza del Santo, del quale si diceva che conosceva a memoria tutta la Bibbia; inoltre conosceva perfettamente la lingua ebraica e i commenti scritturistici sia dei Padri, sia dei apologeti cattolici, sia anche degli eretici stessi, Lutero incluso. Fu così anche grazie alla sua bontà, pazienza e dolcezza. Formidabile nella lotta apologetica, lo stesso padre Lorenzo sapeva andare umilmente, da questuante, a casa di un barone che era particolarmente accanito contro lui. Il barone, infatti, più volte aveva pubblicamente espresso il desiderio di ammazzare padre Lorenzo; ma al vederlo, umile questuante, a casa sua, si commosse e convertì. Altri “ammollivano” i cuori (così diceva il Santo) al veder la sua umiltà. Narra il suo compagno: «Era solito il padre di prevenire gl’eretici con umiltà, e riverenza, e quando per strada l’incontrava, dava loro il luogo, si cavava il cappuccio, e faceva riverenza profonda».
L’amore a chi erra non lo portava (com’è ovvio) ad amare l’errore. E viceversa, l’odio verso l’errore, non diminuiva il suo amore verso i poveri erranti. Più volte, tuttavia – a motivo della diffusione sia dell’eresia, sia della magia e superstizioni –, il Santo nelle sue prediche prediceva alla città il terribile castigo divino. Uno dei testimoni racconta che san Lorenzo «predicava le sciagure che dovevano succedere alla città di Praga». Eppure, la Praga d’allora, all’avviso dello stesso testimone, «era molto florida, né si vedeva segno di ciò, ma dopo si è verificato pur troppo», con la terribile Guerra dei Trent’anni e con la battaglia della Montagna Bianca che portò allo sterminio di gran parte di nobiltà boema protestante. Tuttavia, san Lorenzo non si limitava alle minacce: «Dopo aver predetto le sciagure, pregava la divina Clemenza per la misericordia». E forse anche grazie alle sue preghiere, superate tantissime sofferenze, la Boemia poté ancora rifiorire cattolicamente nell’epoca dello stupendo barocco, dopo il trattato del 1648.
Preparazione alla guerra
Dopo un intervallo – durante il quale san Lorenzo era stato generale dell’Ordine – il Santo ebbe nel 1606 ordine di tornare a Praga. Strada facendo, passava per una città bavarese, chiamata Donauwörth. Quel paese era del tutto dominato dai protestanti e, in base ai trattati di pace precedenti, godeva di una grande autonomia. Tuttavia, sempre conformemente ai detti trattati, la maggioranza protestante doveva anche rispettare i diritti della minoranza cattolica. E così non fu. San Lorenzo e i suoi compagni, in vari modi insultati e maltrattati sulle strade di Donauwörth, a stento giunsero a un monastero benedettino, ultimo baluardo del Cattolicesimo in zona. Lì il Santo seppe che poco prima i protestanti avevano osato perfino disperdere la processione del Corpus Domini. Trovandosi di nuovo a Praga, san Lorenzo non esitò a presentare con insistenza il caso all’Imperatore, ottenendo alla fine ch’egli indicesse un bando contro la città protestante. Fu il duca di Baviera, Massimiliano il Grande, a intervenire, per ordine dell’Imperatore, a Donauwörth. Lo stesso san Lorenzo, racconta (nel De rebus Austriae et Bohemiae) che «fu notorio a tutti che se non fusse stato a Praga fra Lorenzo da Brindisi [...] non si sarebbe fatto niente, temendo di non irritare con quest’attione gl’heretici».
Tuttavia, se è vero che l’intervento di san Lorenzo e del duca Massimiliano ridonò la libertà ai cattolici di Donauwörth e incoraggiò i fedeli in tutta la Germania, è altrettanto vero che «quest’attione» veramente irritò «gl’heretici». E così si arrivò alla formazione della Lega evangelica; per cui la parte cattolica dovette pure organizzarsi. E qui, di nuovo, un enorme contributo di san Lorenzo da Brindisi che affiancò in questo progetto il duca Massimiliano, portando – dopo tante fatiche, inclusi i viaggi tra Monaco di Baviera, Madrid, Roma e Praga – a compimento la formazione della Lega Cattolica. Se nel 1618 la defenestrazione di Praga trovò le forze cattoliche pronte alla guerra, fu in gran parte merito di san Lorenzo da Brindisi.
La lotta di san Lorenzo contro l’eresia proseguì per tutto il tempo della sua predicazione a Praga e in Germania. Famoso fu lo scontro che san Lorenzo ebbe con un predicatore luterano, Policarpo Laiser, venuto a predicare a Praga. Confutato dal Santo cappuccino, Laiser fuggì di nascosto dalla capitale, ma poi pubblicò un libello provocatorio contro san Lorenzo. In risposta il Santo cominciò a compilare quella sua meravigliosa Ipotiposi del luteranesimo che purtroppo venne pubblicata solo molto dopo la sua morte.
Modello ancora valido!
Come si vede, san Lorenzo da Brindisi ebbe un ruolo, per accidens, nello scoppio della Guerra dei Trent’anni. Cosa che potrebbe scioccare, quasi scandalizzare. Va detto, comunque, che tale guerra pareva esser stata ormai inevitabile e l’episodio di Donauwörth non sembra esser stato che un pretesto, forse una delle molte scintille che affrettarono lo scontro. Come si sa, lo svolgimento della guerra non portò a una conclusione né veloce, né buona. Purtroppo, durante la guerra anche la parte cattolica commise degli errori e dei crimini. Forse anche perché quel santo guerriero di san Lorenzo morì poco dopo l’inizio della guerra e nell’angolo opposto dell’Europa (a Lisbona). Non poté, dunque, esser lui a fare da cappellano delle truppe cattoliche in questo scontro epocale.
In ogni caso, per la mentalità moderna, pervasa di un irenismo e di un ecumenismo falso (che prescinde dalla verità), la persona di san Lorenzo da Brindisi, in particolare inserita nel contesto degli eventi del 1618-1648, diventa scomoda. Ma come, combattere l’errore? Difendere i diritti della fede, rischiando di dispiacere ai propri persecutori? A simili dubbi e simili accuse sembra rispondere in anticipo san Giovanni XXIII, il pontefice che volle proclamare dottore della Chiesa questo grande Santo e «difensore della legge cattolica», il quale, «servendosi di una vasta conoscenza, tenta di sradicare dal popolo quegli errori che i maestri dell’eresia avevano sparso».
Anche oggi, e forse ancor più oggi – proprio per gli errori dell’irenismo –, san Lorenzo è un modello per tutti i cristiani. Lo sottolinea san Giovanni XXIII dicendo: «Dato che di nuovo oggi si sono introdotte delle pesti veramente moleste e gli uomini sono tratti in inganno dall’invenzione di false opinioni e da altre depravazioni, sembra giusto porre san Lorenzo in una luce più diffusa perché i fedeli cristiani siano confermati nel giusto splendore delle virtù e si possano nutrire degli insegnamenti della sua salutare dottrina».