In questi tempi di sbandamento ed in cui molti sacerdoti sembrano non portare più avanti la Fede cattolica ed avere comportamenti quanto meno discutibili, molti siti cattolici hanno consigliato di non dare più l’otto per mille delle tasse alla Chiesa Cattolica, ma destinarlo allo Stato e ad altri culti. Credete che sia moralmente lecito un atteggiamento del genere? Da parte mia penso che con una presa di posizione così radicale si vada a colpire anche quei sacerdoti, pochi o tanti che siano, che vogliono ancora, tra mille sofferenze, essere fedeli alla vera fede ed alla disciplina cattolica e si creano così condizioni ancor più agevolate per il declino ecclesiale... (Mauro M.)
Caro Mauro, la sua posizione è molto equilibrata e sincera. I problemi interni alla Chiesa non danno adito ai fedeli che si ritengono cattolici di voler seppellire del tutto la Chiesa. Infatti senza i contributi per la realizzazione del culto che per fede sono dovuti dai fedeli sia dal punto di vista biblico (la famosa decima: cf. Lv 27,30-32), sia dal punto di vista teologico (perché anche i catechismi, riprendendo il precetto biblico, mettono tra i precetti fondamentali che vincolano i cristiani anche quello di sovvenire alle necessità della Chiesa), la Chiesa non potrebbe materialmente sostenersi e operare. Secondo il Catechismo di San Pio X (1907) il quarto precetto fondamentale della Chiesa Cattolica sotto pena di peccato mortale prevedeva: «Pagare le decime dovute alla Chiesa, secondo le usanze» (n. 474). Nel nuovo Catechismo il quarto precetto diventa il quinto ma non cambia la sostanza: «Il quinto precetto (“Sovvieni alle necessità della Chiesa”) enuncia che i fedeli sono tenuti a venire incontro alle necessità materiali della Chiesa, ciascuno secondo le proprie possibilità [cf. Codice di Diritto Canonico, n. 222; Codice dei canoni delle Chiese Orientali, n. 25. Le Conferenze Episcopali possono inoltre stabilire altri precetti ecclesiastici per il proprio territorio; cf. Codice di Diritto Canonico, n. 455]» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2043).
È quindi un obbligo morale sotto pena di peccato mortale il sostenere la Chiesa da parte dei credenti, dato che la Chiesa dispensa i Sacramenti e l’istruzione biblica e catechetica e dà la possibilità di vivere in grazia di Dio. Senza la possibilità materiale di farlo (il costruire e mantenere chiese e tutto ciò che riguarda la Liturgia e l’istruzione) questa possibilità non potrebbe più essere offerta a vantaggio dei fedeli.
Se poi vi sono mancanze morali da parte di uomini di Chiesa, ciò non vuol dire che per questo i fedeli sono autorizzati a colpire tutti i membri della Chiesa tra cui se stessi perché con la chiusura della Chiese e l’abolizione dei Sacramenti verrebbe meno la vita di grazia e quindi la vita della Chiesa stessa all’interno della società. Questo era il grande desiderio della massoneria quando si è sovrapposta alla Chiesa nel controllo dei suoi beni, incamerando illecitamente tutti i beni ecclesiastici con l’istaurazione del Regno d’Italia (1861) e concedendo molto in ritardo con i patti Lateranensi del 1929 un esiguo risarcimento alla Chiesa per i beni derubati.
Con il nuovo concordato del 1984 in Italia si è addivenuti alla formula piuttosto laica e aconfessionale del sistema dell’8x1000, per cui gli stessi fedeli e non più lo Stato detraggono dalle proprie tasse ciò che vogliono destinare alla propria Chiesa. Dell’8x1000 infatti beneficiano non solo la Chiesa Cattolica ma tutte le confessioni religiose riconosciute presenti in Italia.
Se un cattolico decide di dare l’8x1000 ad un’altra confessione religiosa diversa da quella cattolica commette il peccato di scisma o di eresia (cf. Catechismo, n. 2089).
Se lo dà allo Stato, sostiene un sistema politico laicista, che sta portando la nostra società alla scristianizzazione più completa.