Padre Pio non amava gli scatti fotografici e l’abbondanza delle foto che lo ritraggono è un vero mistero. Chi fu a scattare la maggior parte di quelle foto?... Abbiamo incontrato Elia Stelluto nella sua abitazione per farci raccontare come divenne “il fotografo di padre Pio”.
Elia Stelluto è il nome che si trova a tergo di tante foto belle e suggestive di san Pio da Pietrelcina, che in qualche modo ci fanno entrare in contatto con questo grande Santo e ce lo fanno sentire più vicino. Egli non è semplicemente un fotografo di san Pio, neanche avrebbe potuto esserlo, visto che il Santo non amava e non voleva fotografi intorno a lui, né in chiesa e tantomeno in convento.
Elia Stelluto è innanzitutto un figlio spirituale di san Pio la cui vita, fin dall’infanzia, si è intrecciata con quella di san Pio attraverso un reciproco affetto, forte e sincero: «Padre Pio era per me madre e padre, era tutto!». Sono queste le sue testuali parole, quelle che ci ha ripetuto quando abbiamo incontrato il “fotografo di Padre Pio”, nella sua abitazione di San Giovanni Rotondo. La testimonianza che Elia Stelluto ci ha donato è una testimonianza bella, che tocca le fibre più intime del cuore, perché egli parla del suo Padre spirituale con un amore e un entusiasmo freschi e coinvolgenti, portando quasi a respirare quell’atmosfera soprannaturale che si viveva accanto a padre Pio. Egli ci ha raccontato la sua vita con l’evidente desiderio di trasmettere la sua esperienza di vita con san Pio, come una preziosa eredità, di cui fare tesoro. Cercheremo di riportare nel modo più fedele possibile questo racconto nell’articolo presente e in quelli che seguiranno.
Elia Stelluto nasce a San Giovanni Rotondo il 6 gennaio 1935. Padre Pio era a San Giovanni Rotondo da circa venti anni ed era già diventato il punto di riferimento di tantissimi sangiovannesi. Lo era anche della mamma di Elia, la signora Carolina Grifa, che spesso saliva al convento dei Cappuccini per partecipare alla Messa del Santo e confessarsi con lui.
Il contesto sociale in cui Elia si trova a vivere nella sua infanzia è quello di una estrema povertà, segnato dalle vicende della guerra che dappertutto seminava distruzione e morte. Con un gruppo di bambini egli si muoveva verso la campagna, nella speranza di trovare qualcosa da mettere sotto i denti: ciliegie, fichi, noci, ecc... Non di rado i ragazzini arrivavano fino al convento dei Cappuccini; una volta incontrarono padre Agostino che offrì loro del pane con zucchero. Ritornarono ancora al convento dai Frati, e padre Agostino pensò di invitarli a partecipare al catechismo e alle lezioni per chierichetti, affinché imparassero a servire la Messa. I bambini furono ben contenti e accettarono l’invito, soprattutto perché i Frati oltre ad istruirli li ristoravano sempre con la merenda! Così Elia cominciò a servire la Messa di padre Pio, con grande soddisfazione della mamma, la quale era ben contenta che anche il figlio frequentasse il Santo. Lo Stelluto ricorda con commozione quando, dopo aver servito la Messa, poteva baciare la mano di padre Pio, avanti e indietro, e sulle labbra e il volto rimaneva qualche traccia del sangue e delle escare delle stimmate.
Elia aveva cominciato le scuole elementari, ma non poté proseguire oltre la seconda classe in quanto l’edificio scolastico non poté più essere utilizzato per la scuola, ma servì ad ospitare gli sfollati che a Foggia, nei terribili bombardamenti dell’estate del 1943, avevano perso la casa. La guerra non faceva che portare morte, difficoltà e povertà di ogni genere. Un giorno, dopo aver servito la Messa, il solito gruppo di bambini andava in giro per il convento cercando qualcosa da mangiare, ma era una giornata nera pure per i Frati, i quali non poterono offrire loro niente. Andarono allora verso il paese e cominciarono a raccogliere delle mandorle ancora acerbe da un albero, e a mangiarne. Una donna del vicino negozio fotografico di Federico Abresh li apostrofò: «Ragazzi, state rubando!». «No... – rispose Elia – stiamo mangiando». La donna fu colpita dal fatto che quei bambini mangiassero, per la fame, mandorle amare e dalla risposta calma e, in fondo, del tutto veritiera del ragazzino, e invitò il gruppetto a scendere gli scalini verso il piano sottostante. I bambini, intimiditi e impauriti, pensavano che la signora volesse castigarli e chiamare i carabinieri. Invece ella fu molto gentile e offrì a ciascuno di loro un pezzo di pane con zucchero. La buona signora si rivolse ad Elia chiedendogli se era disposto a fare alcune commissioni per il negozio, che si trovava ad una certa distanza dal paese. Elia, pieno di buona volontà, non se lo fece ripetere ancora e cominciò subito il suo lavoro presso il “negozio”. Imparò anche a lavorare con le foto, guadagnandosi ben presto la fiducia del suo maestro, il quale ebbe poi in lui una via “preferenziale” anzi “unica” per penetrare nel convento dei Frati Cappuccini e immortalare padre Pio in tanti momenti ed eventi della sua vita. Il ragazzino si procurò, negli acquisti a Bari che faceva per conto di Abresh, una piccola macchina fotografica, anche se di poco valore; di questa macchina “da quattro soldi”, si servì per scattare al Santo tante foto, anzi, tutte le foto che volle. Infatti avendo con il Santo una grande familiarità, come di figlio con il proprio padre, egli aveva accesso e via libera in convento e approfittava di ogni occasione per fare qualche foto al Padre, senza che lui ne fosse mai infastidito. Diverse volte gli chiese persino di mettersi in posa... e la richiesta, cosa difficile a credersi, veniva sempre accolta, perché Elia per padre Pio non era un fotografo, ma “u uaglione”, il ragazzino chierichetto che giocava a fare il fotografo.
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