La Guerra dei Trent’anni, con la successiva “pace di Vestfalia” che ha sancito la fine della cristianità medioevale, fu preceduta dalla famosa “defenestrazione di Praga” e dalla battaglia del Monte Bianco. Ripercorriamo questo tratto di storia a 400 anni dagli eventi.
Il 23 maggio sono ricorsi i quattrocento anni (1618) della celebre Defenestrazione di Praga. È probabile che a più di qualcuno questo nome sia rimasto impresso, ma che non sappia bene a cosa si riferisca. Cogliamo l’occasione per rinfrescarci la memoria e capire perché ha avuto tanta importanza per tutta l’Europa.
La rivoluzione protestante in Boemia
Praga allora era capitale della provincia di Boemia che era una parte dell’Impero Asburgico. In seguito alla rivolta protestante luterana prima (1517) e calvinista poi (1536) l’eresia aveva preso piede in molti luoghi dell’Europa centro-orientale e la Boemia non faceva eccezione. Dopo la pace di Augusta del 1555 si era sancito il principio per cui la religione del principe stabiliva anche la religione della popolazione che doveva scegliere se convertirsi o trasferirsi.
Il trattato, però, riguardava solo le religioni cattolica e luterana e non quella calvinista. Le conversioni dei principi, poi, potevano portare a nuovi contrasti. Tutto questo ancora non aveva portato ad una generale guerra di religione a causa della frammentarietà degli schieramenti, ma questa non sarebbe tardata a venire.
Il 23 maggio una folla inferocita di protestanti, guidata dal conte Thurn, invase il castello di Praga, pretendendo di rovesciare il governo del neo eletto Re di Boemia e Sacro Romano Imperatore Ferdinando d’Asburgo e giustiziare i due membri cattolici più in vista del consiglio cittadino, Martiniz e Slavata, che, a differenza del primo, erano presenti. In breve tempo chiusero tutte le uscite ed erano determinati ad infliggere loro la pena capitale tramite l’antica usanza ceca (usata, pare per l’ultima volta, sempre a Praga dai Comunisti 330 anni più tardi) e cioè gettandoli dalla finestra.
I due consiglieri decisero di resistere il più possibile e invocarono l’aiuto della Santa Vergine. Mentre quelli che avrebbero dovuto essere i loro uccisori li stavano già gettando fuori dalla finestra gli dissero: «Vedremo se la vostra Maria vi potrà aiutare». Pochi secondi dopo, attoniti, dovettero dire: «Per Dio, la loro Maria li ha aiutati!». Infatti, caddero provvidenzialmente su un mucchio di letame che era stato accumulato da dei contadini nei pressi del Castello e, nonostante il salto di più di dieci metri, uno non subì alcun danno, mentre l’altro ebbe soltanto un breve svenimento. L’inseguimento si fermò e per il momento non successe altro, ma ormai era rivolta aperta.
I protestanti in guerra
La politica della tolleranza religiosa, portata avanti con la “lettera di Maestà” dal predecessore Rodolfo II, non solo non aveva prodotto alcun effetto positivo, ma aveva rafforzato lo schieramento protestante che ormai, alla guida del Conte Thurn, aveva raccolto un’armata di 11.000 uomini per marciare direttamente su Vienna. La maggiore libertà non aveva placato gli animi dei protestanti, ma aveva soltanto consentito loro di prepararsi meglio ad una vera e propria insurrezione armata contro il legittimo sovrano. La dieta della Città di Praga, ormai in mano ai protestanti, quasi all’unanimità elesse, l’anno successivo, il giovane calvinista Federico del Palatinato come proprio Re e formò una confederazione con le province dall’Alta e Bassa Austria, della Slesia e della Moravia per rafforzare il protestantesimo. Il giovane Federico, appena insediato, decise di inaugurare il suo regno con lo spogliamento sacrilego della cattedrale di San Vito, facendo bruciare e distruggere pubblicamente tutte le immagini presenti in essa. Di fronte a tanta protervia anche il pontefice Paolo V spinse perché Ferdinando formasse un’alleanza cattolica con la Spagna e la Baviera e contribuì con una generosa offerta in denaro alle spese. Si rischiava di perdere non solo la Boemia, ma pure tutta l’Austria. Dove prendevano il potere i protestanti, infatti, come prima cosa vietavano la celebrazione della Santa Messa e l’amministrazione dei Sacramenti cattolici.
La battaglia della Montagna Bianca
Nel luglio del 1620 un’armata di 25.000 uomini marciava dalla Baviera verso la Boemia capitanata in vece dell’Imperatore, che pur essendo un cattolico tutto d’un pezzo ed un diplomatico di valore non era altrettanto abile nel dirigere un esercito, dal celebre condottiero belga Giovanni Tilly. Questi, noto come “il monaco in armi”, era devotissimo della Beata Vergine Maria e, da giovane, aveva considerato di entrare tra i Gesuiti. In seguito, però, preferì usare dei talenti che Dio gli aveva concesso in modo da giovare alla causa cattolica in un ambito un po’ differente.
Dopo alcuni scontri non risolutivi e di poca importanza, lo scontro decisivo avvenne l’8 novembre 1620 nei pressi di Praga in una zona chiamata “Montagna Bianca” da cui il nome della battaglia. Lo schieramento cattolico guidato da Tilly prima della battaglia ricevette l’assoluzione da un sacerdote carmelitano scalzo, Domenico di Gesù e Maria, che mostrò loro un’immagine della Vergine orribilmente mutilata dai Calvinisti (gli erano stati cavati gli occhi) e da lui ritrovata qualche giorno prima tra le cianfrusaglie nel castello di Strakonice.
Mentre i soldati si lanciarono all’attacco al grido di “Ave Maria”, padre Domenico teneva innalzata l’icona della Madonna con in grembo il Bambino: secondo i resoconti dei protestanti dalla figura della Vergine, brandita dallo “stregone spagnolo” (come chiamarono il padre Domenico), si sprigionarono dei raggi luminosi che accecarono l’esercito avversario costringendolo alla fuga. La vittoria, ottenuta nel giro di un’ora, fu talmente schiacciante che l’Elettore Federico che, al momento della battaglia, stava pranzando nel suo Palazzo, si diede alla fuga con moglie e figli al seguito, mente la Città si arrendeva alle truppe dell’Imperatore Ferdinando senza opporre resistenza. In onore della Beata Vergine da molti vista come la vera artefice della vittoria fu costruita una Chiesa a Lei dedicata sotto il titolo di Nostra Signora della Vittoria che fu affidata alla cura dei Carmelitani Scalzi e sarebbe di lì a poco divenuta celebre in tutto il mondo per la statua miracolosa del Gesù Bambino ivi contenuta. L’immagine miracolosa di Santa Maria della Vittoria in seguito arrivò a Roma, nell’omonima chiesa carmelitana (celebre per l’Estasi di Santa Teresa del Bernini), ma nell’Ottocento l’originale bruciò in un incendio.
La ricattolicizzazione della Boemia
Le conseguenze della vittoria furono importanti per tutta la regione perché la Fede cattolica poté ricominciare ad essere professata liberamente e si diede inizio all’applicazione delle norme di riforma sancite dal Concilio Tridentino. Purtroppo l’Imperatore nel suo zelo per la Fede cattolica andò un po’ oltre le misure restrittive che pur si erano rivelate necessarie. Infatti, è comprensibile l’allontanamento della sleale e virulenta componente calvinista che, pur essendo minoritaria, aveva fomentato e capeggiato tanti disordini fino ad arrivare all’insurrezione, abusando della fiducia e tolleranza accordatagli. Anche il processo e la condanna a morte per alto tradimento di ventisette membri dell’alta nobiltà (erano 50 i condannati, ma a 23 fu condonata la pena) non può destare scandalo ed anzi fa risplendere ancor più la correttezza del comportamento dell’Imperatore che li volle sottoposti a giusto processo. Altre norme repressive, invece, verso la componente luterana della popolazione che era rimasta fedele in gran parte all’Imperatore possono suscitare delle perplessità. Il nunzio papale Carlo Carafa intervenne, quindi, perché l’Imperatore collaborasse con il neo eletto cardinale arcivescovo, Harrach, trovando dei modi più miti per riportare l’Impero alla Fede cattolica (meno di un quarto della nobiltà austriaca aveva perseverato nella fede dei suoi padri, e c’erano forti infiltrazioni anche in Ungheria dove, la minoranza calvinista, era finanziata e sostenuta dall’Inghilterra), cosa che di fatto avvenne. La Boemia, odierna Repubblica ceca, assieme alla Moravia, rimase un Paese con una forte tradizione cattolica fino alla caduta del Comunismo nel 1989.
La Guerra dei trent’anni
Purtroppo, però, la ben triste situazione boema era comune a tutta la Germania e non poteva essere risolta così facilmente. I principi protestanti con l’aiuto delle luterane Svezia e Danimarca e dell’Olanda calvinista fondarono la “Lega Evangelica” in funzione anticattolica, dimostrando ancora una volta che l’unica cosa che non cessa mai di unire i protestanti tra loro è e resta l’avversione al Cattolicesimo. La Spagna si alleò, quindi, con la Casa d’Austria e la Baviera mentre la Francia guidata dal cardinal Richelieu, purtroppo, in nome della “ragione di Stato” preferì intervenire in favore dello schieramento protestante. La guerra proseguì con varie interruzioni fino al 1648 e, per questo, fu chiamata Guerra dei Trent’anni, senza che ci sia stato un vero vincitore.
Uno sconfitto, però, c’è ed è la Cristianità. Questo grande dono del Medioevo all’Europa, che andò progressivamente indebolendosi a partire dal XV secolo per la brama dei governanti di avere le “mani libere” dalla religione in nome dei “sovrani interessi dello Stato” e che aveva subito un colpo gravissimo con la rivolta protestante, fu dichiarato morto ufficialmente con la pace di Vestfalia del 1648 che poneva fine alla Guerra.
La pace di Vestfalia e la morte della cristianità
Fu in quella data che, si può dire, nacque lo “Stato moderno”. Infatti, in quell’occasione si decise formalmente di fare a meno della religione nella politica internazionale. La religione diventa un affare interno, privato, che non deve più interferire con la politica. Al massimo può servire come strumento per tenere buoni i sudditi, ma non deve influire sulle scelte della politica. A nulla valsero le proteste della Santa Sede. I governanti, o meglio i sovrani, avevano deciso che potevano ed anzi dovevano fare a meno di Dio. Lo Stato Leviatano che non deve rendere conto a nessuno del suo operare, né a Dio né ai sudditi, e che stabiliva con le sue leggi ed a suo piacimento cosa fosse “giusto” e “sbagliato” – perché queste sono solo parole vuote prive di significato – aveva ormai preso corpo. Ci penserà poco tempo dopo Thomas Hobbes a dargli una compiuta forma teorica (1651). Ancora oggi vediamo le estreme conseguenze di quell’atto luciferino con cui l’Europa ha voltato le spalle a Cristo. Unico fine, ormai, è il potere e non importa se tutto questo non ha portato alcun beneficio ed è costato milioni di morti. Si può dire con Lord Byron in un dialogo della sua celebre opera Caino, un mistero (1821): «Dimmi, sei felice?» chiese Caino ad un demonio. «No – risponde il demonio – però sono potente».