La cooperazione di padre Pio al mistero della Redenzione è stata riconosciuta non solo da chi ha conosciuto l’interno della sua anima e da chi ne ha scritto la biografia, ma anche da tre Sommi Pontefici. Come sacerdote e come stimmatizzato, il Padre viveva sull’altare il mistero della morte e risurrezione di Gesù, per poi farlo rivivere ai fratelli nel confessionale.
La partecipazione di padre Pio alla Passione di Cristo, che ha segnato anche visibilmente il Santo durante la sua vita terrena per il fenomeno mistico della stimmatizzazione, è una tematica strettamente connessa a quella della sua partecipazione al mistero della Redenzione, mistero della sovrabbondanza dell’amore di Dio per l’uomo. Diversi autori hanno colto la centralità di tale aspetto nella vita dello Stimmatizzato del Gargano, a partire dal direttore spirituale del Santo, padre Benedetto da San Marco in Lamis (Gerardo Nardella), il quale, prima ancora della stimmatizzazione visibile, gli scrisse: «Tutto quello che avviene in voi è effetto di amore, è prova, è vocazione a corredimere, e quindi è fonte di gloria» (Ep. I, p. 1068). Si pensi in particolare alle due biografie ufficiali di padre Pio, ovvero quella di padre Alessandro da Ripabottoni (Raffaele Cristofaro), storiografo della Provincia Cappuccina di Foggia, e quella di padre Fernando da Riese Pio X (Pietro Tonello), biografo ufficiale della Postulazione dell’Ordine, che hanno come titolo, la prima: San Pio da Pietrelcina. Cireneo di tutti e la seconda: Padre Pio da Pietrelcina. Crocifisso senza croce.
Uno studioso, ma anche un semplice lettore, che intendesse prendere in esame queste due biografie ufficiali di padre Pio si ritrova immediatamente, già a partire dai titoli, ad avere nella mente l’immagine di questo Santo inserito in alcune scene della Passione del Redentore. Il riferimento al Cireneo, ovvero a Simone di Cirene che fu costretto a portare la croce di Cristo al Golgota (cf. Mt 27,32; Mc 15,21; Lc 23,26), nella biografia del Cristofaro, ricorda il lungo e faticoso cammino di Gesù verso il Calvario sotto lo schiacciante peso della croce ed indica la possibilità che Dio ha offerto all’uomo di associarsi a Cristo nel portare il peso dell’umana redenzione. L’epiteto “cireneo di tutti” attribuito a padre Pio permette, dunque, al lettore d’identificare padre Pio con colui che partecipa con Cristo alla redenzione universale, condividendo quel peso del peccato che accompagna i poveri figli di Adamo e che Cristo caricò sulle sue spalle. L’altra espressione: Padre Pio da Pietrelcina. Crocifisso senza croce, è in continuità con la definizione data dal Cristofaro. Se, infatti, il primo presenta un padre Pio che porta la croce, il secondo, nella succitata espressione, viene a comunicare con immediatezza un padre Pio che partecipa alla Redenzione ponendo maggiormente l’accento sulla sua identificazione con Cristo crocifisso. È un crocifisso, padre Pio, che non ha una sua propria croce, in quanto in Cristo e con Cristo porta nel suo corpo, nella sua stessa carne, ciò che quella croce ha significato per il Crocifisso: le mani, i piedi e il costato trafitti.
La cooperazione di padre Pio al mistero della Redenzione è tuttora generalmente riconosciuta, tanto che il nostro Santo viene menzionato anche in alcune delle recenti pubblicazioni che hanno come tematica il valore salvifico della sofferenza del battezzato in comunione con Cristo e gli ultimi tre predecessori di papa Francesco, ovvero il beato Paolo VI, san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ne hanno chiaramente fatto menzione. In particolare il papa Benedetto XVI ha affermato che padre Pio «afferrato da Cristo» (Fil 3,12), è stato «uno strumento eletto del potere perenne della sua croce: potere di amore per le anime, di perdono e di riconciliazione, di paternità spirituale, di solidarietà fattiva con i sofferenti».
Si può comprendere, dunque, perché lo storiografo della Provincia Cappuccina di Foggia, nel dover sintetizzare la figura di questo Frate stimmatizzato nella collana Santi e santità nell’Ordine Cappuccino, non trovò di meglio che utilizzare la seguente espressione: Padre Pio da Pietrelcina: una vocazione a corredimere. E padre Pio è stato chiamato proprio ad espletare questa sua missione come battezzato, segnato dal carattere sacramentale dell’ordine e da quello carismatico delle stimmate. Egli è per la storia il primo sacerdote stimmatizzato. E, come ha sottolineato padre Fernando da Riese Pio X, «il Frate crocifisso del Gargano saliva all’altare come al proprio Calvario, per raccogliere i tesori della redenzione, che poi distribuiva ad ognuno nel confessionale. Sull’altare viveva il mistero della morte e risurrezione di Gesù; lo stesso mistero faceva rivivere, in salvezza e in grazia, nel confessionale». Sebbene, infatti, il Santo vivesse la sua associazione all’offerta vittimale di Cristo, dopo l’ordinazione sacerdotale, durante «tutta la sua esistenza», mentre offriva il Sacrifico eucaristico la sua unione con il Redentore, sacerdote e vittima, era di un’intensità particolare. A conferma di ciò si può riportare la seguente risposta data da padre Pio a chi gli chiese cosa fosse la sua Messa: «Figlio mio, in croce ci siamo sempre... e durante la Messa si passa a vivere le tre ore del Calvario».
Nella Messa, come soleva dire, bisogna leggere «tutto il Calvario»; per questo la sua Messa era, come la definiva, «un pasticciotto sacro con la Passione di Gesù», avendo egli, come affermò, una «responsabilità [...] unica al mondo». In effetti «padre Pio, portando continuamente nel corpo i patimenti di Gesù morente, viveva nella carne una vita che era segno visibile della vita che viveva nella fede: non era più lui a vivere, ma il Signore così pienamente viveva in lui da essere addirittura confitto fisicamente con Cristo in croce». Per tal motivo questo «Crocifisso del Gargano, segno efficace di Cristo, all’altare riattualizzava al vivo, nella sua carne, il Crocifisso del Calvario», rivivendo ancor più profondamente «nella Messa la Passione di Cristo». Cleonice Morcaldi sull’argomento ha anche scritto: «Prima credevo che il Padre soffrisse e piangesse perché pensava alla Passione di Gesù. Dopo il Signore mi fece comprendere altri misteri racchiusi in quella Messa, differente dalle altre per la reale, cruenta partecipazione del celebrante alla Passione del redentore nostro, Gesù. Per assicurarmi di questo gli domandai, dopo la Confessione: “Padre, io penso che il vostro sacrificio sull’altare è incruento rispetto a Gesù, cruento per parte vostra, mi sbaglio?”». E padre Pio non poté che rispondere: «Eh, questa volta non ti sbagli».
Durante la celebrazione del Sacrifico eucaristico padre Pio viveva, quindi, «più intensamente i dolori della Passione del Figlio di Dio; tuttavia, [...] non era tanto questa intensità di dolori che contava, bensì il dolore interiore, il punto focale della immolazione percepita nel suo più profondo significato e nella sua più cruda realtà», come fanno intendere, pur nel perdurare del mistero, le poche pagine dell’Epistolario (cf. Ep. I, p. 1040; pp. 1053-1054; Ep. IV, p. 1024) in cui egli svela qualcosa di quanto sperimentava mentre era all’altare.
I fedeli che partecipavano alla Santa Messa celebrata da padre Pio percepivano qualcosa di ciò che viveva il Santo. Per questo il papa Giovanni Paolo II, che da giovane sacerdote ebbe la possibilità di partecipare alla Messa celebrata dallo Stimmatizzato del Gargano, ha affermato: «chi non ricorda il fervore col quale padre Pio riviveva nella Messa la Passione di Cristo? Da qui la stima che egli aveva della Messa – da lui chiamata “un mistero tremendo” – come momento decisivo della salvezza e della santificazione dell’uomo mediante la partecipazione alle sofferenze stesse del Crocifisso», potendo anche asserire che i fedeli, assiepati intorno al suo altare, «erano profondamente colpiti dall’intensità della sua “immersione” nel Mistero e percepivano che “il padre” partecipava in prima persona alle sofferenze del Redentore».
Un altro particolare momento nel quale si percepiva maggiormente la partecipazione di padre Pio alla Passione del Redentore era l’amministrazione del sacramento della Penitenza. È stato scritto, infatti: «Il mistero della morte e risurrezione del Signore si riflettevano al vivo sul suo volto. Chi non ha notato lo sforzo titanico che il Padre doveva fare nel pronunciare quel Ego te absolvo: uno sforzo sovrumano che il Crocifisso del Gargano doveva sostenere per debellare il principe di questo mondo nelle anime?». Le stimmate e il suo stato mistico lo portavano «a condividere la dimensione divina del sacramento». Padre Pio aveva in quei momenti le stesse sembianze dolorose che aveva durante la consacrazione eucaristica, «con il medesimo assorbimento e con la stessa cadenza di voce». Le sue stimmate «erano inserimento nell’oceano del peccato» e «i momenti della Confessione coincidevano col suo stato di crocifisso sanguinante»; per questo la sua Confessione «diventava propiziazione espiatrice e intercessione di grazie». Per padre Pio ogni assoluzione era «come un parto», poiché «si offriva e diventava vittima con Cristo caso per caso, onde strappare la grazia del pentimento, cui consegue il ritorno della vita divina nell’anima del peccatore». La visione di padre Pio sofferente «colpiva e si stampava, in modo indimenticabile» nell’animo di chi riceveva la sua assoluzione. Un penitente di Padova, infatti, affermò che ciò che maggiormente lo «sconvolse durante la sua prima confessione con padre Pio, non fu sentirsi elencare i peccati, specie per specie, quanto invece l’aver visto il volto sofferente del Padre nel momento dell’assoluzione».
Nell’offrirsi in Cristo e con Cristo vittima di espiazione e di riparazione per i peccati degli uomini durante il Sacrifico eucaristico e nell’essere «generoso dispensatore della misericordia divina, rendendosi a tutti disponibile attraverso l’accoglienza, la direzione spirituale, e specialmente l’amministrazione del sacramento della Penitenza», padre Pio consentì a tutti coloro che gli si avvicinarono «di attingere alle fonti della grazia», insegnando nello stesso tempo «ai sacerdoti a farsi strumenti docili e generosi della grazia divina, che guarisce le persone alla radice dei loro mali, restituendo ad esse la pace del cuore».
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Fernando da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina. Crocifisso senza croce, Postulazione Generale dei Cappuccini, Roma 1975; V. Frezza, Sacerdozio ed Eucaristia in padre Pio, in G. Di Flumeri, Atti del 1° Convegno di studio sulla spiritualità di padre Pio (San Giovanni Rotondo 1-6 maggio 1972); A. Negrisolo - N. Castello - S. M. Manelli, Padre Pio nella sua interiorità, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998; Padre Tarcisio da Cervinara, La Messa di padre Pio, Edizioni “La Casa Sollievo della Sofferenza”, San Giovanni Rotondo 1977; San Giovanni Paolo II, Discorso, 23 maggio 1987; Idem, Discorso, 3 maggio 1999; Idem, Discorso, 17 giugno 2002, ai pellegrini convenuti per la canonizzazione di san Pio da Pietrelcina; Idem, Omelia, 16 giugno 2002, in occasione della canonizzazione di san Pio da Pietrelcina; Benedetto XVI, Omelia, 21 giugno 2009, tenuta durante la Visita pastorale a San Giovanni Rotondo; T. Zullo, Padre Pio confessore. Straordinario e singolarissimo vivificatore di anime morte, in G. Di Flumeri, Atti del 1° Convegno di studio sulla spiritualità di padre Pio; C. Morcaldi, La mia vita vicino a padre Pio, Edizioni Dehoniane, Roma 2000.