È stata scoperta la praticella Xi: una particella composta da tre quark di un tipo mai visto prima. È un primo passo in una regione della fisica delle particelle ancora inesplorata, che permetterà di comprendere meglio le caratteristiche di quel “collante” che tiene unita la materia...
Il libro della Genesi si apre con la meravigliosa descrizione effettiva e simbolica della creazione dell’universo da parte di Dio. L’universo è stato creato in “vista” di Nostro Signore Gesù Cristo che è l’Alfa e l’Omega di tutto il Creato – come afferma san Paolo nella lettera ai Colossesi –: «Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui» (Col 1,15). Alla luce di questa verità così abbagliante ed assoluta si comprende il valore intrinseco della scienza umana. In effetti Dio interpella il nostro intelletto, la nostra volontà e tutte le possibilità offerte dai nostri sensi per farsi conoscere, amare, adorare, servire e glorificare in questa vita (nello spazio-tempo-energia) per poi godere la sua visione beatifica nella Vita eterna (extra spazio-temporale). Dunque la scienza ha un compito nobilissimo e fondamentale per la salvezza dell’anima: farci scoprire il Creatore attraverso la conoscenza della natura, attraverso la Fisica, la Chimica, la Biologia, la Cosmologia, l’Etologia e quant’altro. Ma anche attraverso speculazioni astratte come la Logica, la Matematica pura, la Filosofia, ecc. Si può affermare che l’uomo è potenzialmente “scienziato” e “santo” fin dalla fondazione del mondo. In definitiva qualunque nozione o conoscenza possiede un duplice scopo:
1) rivelarci l’esistenza di un Essere perfettissimo, Padre di tutto il cosmo che, di per sé, abita una luce inaccessibile, e aprirci così le realtà invisibili;
2) concederci il dominio di tutte le risorse che ci sono state donate, saperle sfruttare, poterle modificare per vivere degnamente come figli di Dio. Questa è propriamente la Scienza applicata e la tecnologia.
Queste idee di fondo, che sono contenute e informano anche la Rivelazione nella Sacra Scrittura, sono state formalizzate solo a partire dagli ultimi trecento-quattrocento anni. La nascita della Scienza ufficiale e della Rivoluzione scientifica si suole far risalire ai tempi di Niccolò Copernico, di Johannes Kepler nel 1609 e successivamente di Galileo Galilei, Isaac Newton e i fondatori del Metodo scientifico, prima si parlava più propriamente di Philosophiae Naturalis1.
Gli antichi Greci pensavano che la materia fosse divisibile fino ad un certo punto dopo di che si trovava l’atomo. Era così chiamato perché era considerato l’unità più piccola ed indivisibile della materia (cf. Leucippo, Democrito ed Epicuro). Ma verso la fine dell’Ottocento fu dimostrato che l’atomo era in realtà divisibile essendo a sua volta composto da particelle più piccole le cosiddette particelle subatomiche: la prima ad essere scoperta fu l’elettrone. Nel 1902, Joseph John Thomson propose il primo modello fisico dell’atomo: egli immaginò che un atomo fosse costituito da una specie di sfera fluida di materia caricata positivamente in cui però vagavano gli elettroni che con la loro carica negativa rendevano l’atomo complessivamente neutro. Si sbagliava. Nel 1910, due allievi di Ernest Rutherford fecero un esperimento cruciale: bombardarono un sottilissimo foglio di oro con degli elettroni (particelle alfa) e questi, attraversando la lamina, lasciarono una traccia del loro passaggio su uno schermo. L’esperimento portò alla constatazione che i raggi alfa non venivano quasi mai deviati; solo l’1% dei raggi incidenti era deviato considerevolmente dal foglio di oro e alcuni venivano completamente respinti. Questo poteva significare una sola cosa (e la capì Rutherford): l’atomo era come un piccolo sistema solare in cui quasi tutta la massa è concentrata in una porzione molto piccola, il nucleo (caricato positivamente), e gli elettroni gli ruotano attorno con orbite aventi un diametro 10.000 volte maggiore di quello del nucleo così come i pianeti ruotano attorno al Sole. Questa teoria, sebbene molto suggestiva perché sembrava indicare che la materia infinitamente piccola fosse simile a quella infinitamente grande (una sorta di “invarianza dimensionale” molto allusiva della simmetria e della perfezione divina), risultò anch’essa sbagliata.
O meglio, si rivelò solo un’approssimazione della realtà. Infatti nel 1913 Niels Bohr propose una modifica concettuale del modello di Rutherford. Pur accettandone l’idea di modello planetario, postulò che gli elettroni avessero a disposizione orbite fisse, dette anche “orbite quantizzate”, con una energia prestabilita, identificata da un numero detto numero quantico principale N. Aveva infatti dimostrato che un elettrone emetteva o assorbiva energia sotto forma di onde elettromagnetiche quando effettuava una “transizione” da un’orbita all’altra. Purtroppo questo modello così perfezionato sembrava andare bene solo per la descrizione dell’atomo di idrogeno; per gli elementi più pesanti forniva previsioni sbagliate. Come possiamo notare il Metodo scientifico si sviluppa per teorie ed esperimenti e la “verità scientifica” non è assoluta ed immutabile ma si evolve per approssimazioni successive. Molto diversa dalla Verità di Fede. Il sapere umano è provvisorio, temporaneo ed evolve verso teorie sempre più precise per spiegare la realtà dei fenomeni.
Una vera rivoluzione fu l’introduzione del “principio di indeterminazione” di Werner Karl Heisenberg nel 1927. Fu abbandonato il concetto di orbita e si definì quello di “orbitale”. Secondo la meccanica quantistica – infatti – non ha più senso parlare di “traiettoria” di una particella: ciò che è possibile conoscere è soltanto la probabilità di trovare l’elettrone in un certo punto dello spazio in un dato istante di tempo. Un orbitale quindi non è una traiettoria su cui un elettrone – secondo le idee della fisica classica – può muoversi, bensì una porzione di spazio intorno al nucleo definita come una superficie entro la quale c’è il 95% della probabilità che un elettrone vi si trovi! Si capì che un elettrone alcune volte si comporta come una particella puntiforme (una specie di “sassolino” piccolo piccolo), altre volte come un’onda capace di interferire con se stessa ed è rappresentabile matematicamente in termini di una “funzione d’onda”, soluzione dell’equazione di Schrödinger.
Ma adesso, nel 2017, a che punto siamo? Quasi come in un gioco di scatole cinesi abbiamo scoperto che anche il nucleo dell’atomo apparentemente composto di “particelle indivisibili” presenta invece una struttura interna fine ed articolata. Lo studio del nucleo atomico e dei suoi componenti si è approfondito grazie all’uso di acceleratori di particelle. Secondo il cosiddetto Modello Standard delle particelle, i protoni e i neutroni che stanno dentro il nucleo sono a loro volta formati da particelle-onda più estreme: i quark2. L’interazione di protoni e neutroni all’interno del nucleo atomico è descritta da un preciso modello matematico (QCD) che spiega come fanno a stare insieme delle particelle che si respingono perché hanno la stessa carica elettrica. Possiamo adesso capire che cos’è una particella Xi. Come molte altre particelle subnucleari, la Xi è stata prima “teorizzata” e poi scoperta in laboratorio. Essa pesa circa 6,455 x 10^-27 kg (circa 4 volte un protone); per osservarla “nascere” servono energie talmente alte che in natura vengono raggiunte solo dai raggi cosmici che impattano con l’atmosfera ed è stata generata con l’acceleratore del CERN a piena potenza (13 TeV). Xi “collassa” (cioè si trasforma in qualcos’altro) quasi istantaneamente: in circa un millesimo di miliardesimo di secondo decade in particelle più leggere. Anche la carica elettrica positiva è doppia rispetto al protone.
Un altro tassello nella conoscenza della materia è stato aggiunto: uno dei “mattoncini” più evanescenti con cui Dio ha creato il mondo ha fatto capolino nei nostri laboratori. Perché tutto questo interesse del mondo scientifico intorno a questa ennesima, effimera “scheggia” della materia? «Trovare una particella con due quark pesanti è di grande interesse perché può fornire uno strumento unico per approfondire la cromodinamica quantistica, la teoria che descrive l’interazione forte, una delle quattro forze fondamentali», spiega Giovanni Passaleva dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. «Queste particelle contribuiranno così a migliorare il potere predittivo delle nostre teorie». La “nuova arrivata” non esiste normalmente in natura, infatti la “generica” Xi può avere molte combinazioni di quark ma quella appena trovata è composta da due quark charme (c+) e da un quark più leggero (u). «L’aspetto sorprendente della scoperta – afferma con entusiasmo il Fisico fiorentino – è che i due quark pesanti al suo interno ruotano l’uno attorno all’altro in una danza armoniosa, come in un sistema di stelle binario, attorno al quale ruoti a sua volta il quark u». Non sappiamo se Passaleva sia o meno uno scienziato credente, ma di certo è affascinato dallo spettacolo offerto dalla natura nella sua più intima essenza. Come afferma la madre dei sette fratelli Maccabei: «Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti» (2Mac 7,28). Osservazione e contemplazione scientifica portano l’animo umano alla Fede nel Dio Creatore. A rigor di termini, Dio non ha creato l’universo dal “nulla”, come spesso si sente dire, ma – più esattamente – “non da cose preesistenti”. La “creatio ex nihilo” non si deve intendere come “creazione dal nulla” in senso assoluto, ma “ex nihilo sui et subiecti”, ossia “dal nulla delle cose e della materia”! Anche i filosofi antichi avevano compreso che il “nulla” è un concetto antinomico: se c’è nulla non c’è neanche Causa Prima. A rigore “nulla” non è solo l’assenza (o non-esistenza) di tutte le “cose”, ma è anche l’assenza di Dio che è una affermazione falsa. «In principio Dio creò il cielo e la terra» (Gen 1,1) ma, dice san Giovanni Apostolo: «In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste» (Gv 1,1) e san Paolo ci ricorda negli Atti degli Apostoli: «In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (17,28). Auguriamoci che oltre alla particella Xi l’umanità scopra (o ri-scopra) l’Autore di tutte le cose mettendo al bando ogni tentazione di immaginare un mondo senza Dio, un mondo senza vita, un mondo senza speranza, senza amore: un abominevole parto di una povera mente malata.