Vorrei chiedere un chiarimento a proposito del Secondo Comandamento: “Non nominare il nome di Dio invano”. Al Catechismo ci hanno insegnato che si pecca contro questo comandamento quando si bestemmia o si usano parole scandalose verso Dio, la Madonna, i santi e gli angeli; e anche quando si parla del Signore con ironia e mancanza di rispetto. Tante volte sento da persone intorno a me, e spesso capita anche a me di pronunciare il nome di Dio in circostanze impreviste o spiacevoli sorprese, senza però aggiungere niente di negativo, come un’invocazione che si fa senza pensarci, una specie di sfogo (ad esempio: Oddio! Santo Cielo!). Quando lo faccio, sento che sarebbe meglio togliermi questo “vizio” ma è più forte l’abitudine! Mi chiedevo se anche in questo caso si manca a questo precetto.
(Paolo T.)
Caro Paolo, come le è stato insegnato al Catechismo, si nomina invano il nome di Dio quando si bestemmia, quando si impreca contro il Cielo, quando si usano parole irriverenti contro Dio, la Madonna, i santi e gli angeli, oppure semplicemente quando si parla del Signore con leggerezza e mancanza di rispetto. Approfondendo il significato del precetto si potrebbe dire che si nomina invano il nome di Dio anche quando, pur pregando quotidianamente, ci si comporta in modo contrario alla legge del Vangelo. Può, infatti, dire un figlio al padre: “Ti voglio bene, ti onoro, ti servo con amore”, se poi lo rattrista e lo offende con le opere? Non è dicendo: “Signore, Signore” che si ama Dio, ma compiendo le sue opere: “Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?” (cf. Lc 6,46).
Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono» (Es 3,14). “Io sono colui che è, colui che ama, colui che salva”. Il Nome del Signore è Santo, come è santa la sua Persona. Il Nome del Signore è Potente, Venerabile, Benedetto, Sacro, perciò deve essere pronunciato con fede e amore, con rispetto e castità, con devozione e riconoscenza. Allora quel Nome diventa una forza e una difesa, perché chi mette Dio a sigillo delle proprie azioni non può commettere azioni contro Dio. Chi invece sfoga la propria rabbia con il nome dell’Altissimo sulle labbra, attribuisce al Signore il male che lo adira. E così ogni bestemmia diventa anche una grande menzogna.
Per quanto riguarda il pronunciare per abitudine nelle avversità il semplice Nome di Dio, è certamente un rischio che va evitato: perché talvolta il moto della passione nella nostra anima prevale e conferisce all’invocazione un certo accento ora di irriverenza, ora di sdegno, ora di ilarità che, anche se non pienamente avvertito e attribuito a Dio, e quindi non formalmente peccato, non si addice affatto al Santo Nome di Dio.
Ecco ciò che fa la differenza: invocare Dio per mettere in fuga satana o chiedere aiuto o aumento di grazia nelle avversità, nominarlo così, anche semplicemente, non è mancanza ma diventa occasione di bene e di crescita spirituale. Perciò quando le capitano questi momenti in cui le riesce difficile frenare l’esclamazione, potrebbe senz’altro mutarla subito in occasione di elevazione e offerta, volgendo il suo cuore alla preghiera per chiedere l’aiuto di Dio, per esempio con la famosa giaculatoria: “O Dio!, vieni a salvarmi, Signore vieni presto in mio aiuto!”.
Pronunciamo bene il Nome di Dio! Con la parola e con il cuore, col pensiero e con gli atti, con tutto noi stessi, perché come dice la Scrittura: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato» (At 2,21; Rm 10,13).