Il Sabato Santo offre molti insegnamenti alla pietà dei fedeli: l’adorazione e devozione che si deve avere per il sacro Corpo del Signore ricevuto nella santa Comunione, la necessaria lotta contro “l’uomo vecchio”, la preziosità di un’intima e sincera devozione mariana...
«Era un giorno molto solenne quel sabato» (Gv 19,31). Non ve n’era mai stato uno più solenne. Grande fu il primo Sabato, quando Dio si riposò dopo l’opera della Creazione; ma più grande fu quello in cui si riposò dall’opera della Redenzione. Tutto era calmo, tranquillo e silenzioso, perché Dio, con quel Corpo mortale che aveva assunto come strumento della nostra salvezza, riposava nel sepolcro.
Le umiliazioni sono finite. Gesù è stato sepolto come un ricco, come un Re. Il lenzuolo in cui fu ravvolto era dei più fini e gli aromi molto costosi; la tomba non era quella di un povero, e ciò perché doveva avverarsi un’altra Scrittura che diceva: «È destinato un ricco che provveda per la Sua morte» (cf. Is 53,9). Il Suo Corpo non rimarrà a lungo nel sepolcro; tuttavia vi starà abbastanza da lasciare la Sua impronta con tutte le ferite sul lenzuolo, rendendolo così d’un valore inestimabile. Andiamo quest’oggi al Sepolcro «a vedere quel che è accaduto e che il Signore ci ha fatto sapere». Vediamo i soldati che i capi dei Sacerdoti col consenso di Pilato han posto di guardia per impedire, da parte dei Discepoli, ogni attentato di rubare il Corpo. Vediamo la grande pietra che chiude l’ingresso della tomba ed è sigillata, affinché nessuno occultamente possa tentare di rimuoverla. Ma io non intendo di rimaner fuori; il mio posto è dentro, insieme agli Angeli adoranti; sì, io posso accostarmi anche più vicino di essi, perché il Corpo del mio Signore che giace là sulla fredda e dura pietra, parla a me in una maniera nella quale non può parlare a loro. Mentre me ne sto inginocchiato in adorazione, sembra che questo Corpo mi attiri a Sé fino a farmi sentire che Esso è mio e soltanto mio. Il Sepolcro è il mio cuore, quel cuore che una volta riservavo esclusivamente per me; era duro allora come la roccia, freddo come una lastra di pietra. Ma tutto si è cambiato dal giorno che Gesù mi disse: «Figlio Mio, dammi il tuo cuore». Andai allora «e chiesi il Corpo di Gesù»; e quando, mediante l’amore, la contrizione e la riconoscenza, lo deposi dalla Croce, recai gli aromi più profumati e costosi, sperando, col mio sacrificio di rendere il mio cuore un po’ meno indegno di riceverlo. Ma quando i preparativi furono tutti terminati mi parvero così inadeguati, che gridai: «Signore, io non sono degno che Tu entri!». Ma ciò nonostante Egli venne, dicendo: “Le Mie delizie sono stare con i figli degli uomini; ho sofferto e son morto perché Mi fosse possibile di venire a te. Tu mi ricompensi di tutto quel che ho sofferto, quando, prendendomi in parola, mi ricevi nel tuo cuore”.
O mio Gesù, ti prego di farmi come la Sindone, quando ti ricevo nella Santa Comunione. Possa io tenerti così stretto che non vi sia più posto per cosa alcuna fra noi due, così stretto che s’imprima in me la tua immagine.
Mentre ci tratteniamo quest’oggi presso la tomba, chiediamoci: qual è il frutto delle nostre Comunioni? S’imprime l’immagine di Gesù Crocifisso, così profondamente nel nostro cuore, da rendervi sempre più evidente la nostra somiglianza con Lui? La nostra umiltà, il nostro spirito di mortificazione e di abnegazione, la nostra delicatezza e carità, sono tali da far riconoscere agli altri il contatto che abbiamo avuto col Corpo di Gesù? È perché sono stato unito al Corpo del Figlio Suo che Dio vede in me un valore così infinito. Io sono una delle Sue reliquie, e nel giorno in cui Egli farà la scelta del Suo «peculio», tutti coloro che in qualsiasi modo si son resi simili a Gesù, vi troveranno posto, e Dio «li tratterà con tutta quella cura con cui un uomo tratta il figlio che lo serve» (cf. Ml 3,17).
Ma vi è pure un altro insegnamento per me, prima di lasciare il Santo Sepolcro. In quel Sacro Corpo disteso sulla pietra la vita naturale non v’è più; vi è soltanto la Vita divina. Ecco una figura di ciò che dovrebbe essere la mia vita: una tomba dove, chi vi dimora – cioè l’io – giace morto, morto al peccato, morto alla mia vecchia natura; ma dove Dio vive e regna e dove io «vivo a Dio». È possibile tale vita soprannaturale? Sì, ma non si può conseguire se non mediante quel silenzio interiore, quella pace e quel raccoglimento che m’insegna la tomba di Gesù.
Mentre il Sacro Corpo unito alla Divinità, riposa nella tomba, mentre il Prezioso Sangue, dovunque fu sparso, è diligentemente custodito da Angeli in adorazione, perché Esso pure è unito alla Divinità, l’Anima santa di Gesù, unita a sua volta alla Divinità, è piena di attività e di vita. «Egli discese agl’inferi», cioè nel Limbo – la dimora dei giusti –, per visitare quelle anime, oggetto dei più vivi desideri della Sua Anima umana, perché avevano creduto nella promessa della Sua venuta; e redenti dal Suo Sangue prima ancora che fosse versato, erano stati salvati dai Suoi meriti. Là, dall’arrivo di Abele, circa quattromila anni prima, tutti coloro «che morirono nella fede senza aver conseguito la terra che era stata promessa, ma vedendola di lontano e abbracciandola» (cf. Eb 11,13), stavano aspettando dopo aver compiuto il loro Purgatorio. Aspettavano il «Desiderato da tutte le Genti» che doveva venire; aspettavano che si compisse il grande Sacrificio, al quale, durante tutta la loro vita, avevano mirato e che avrebbe aperto loro le porte del Regno dei Cieli.
Il Sabato Santo con Maria
«Beati coloro che piangono, perché essi saranno consolati» (Mt 5,4). Come mai il Sabato è stato dedicato in una maniera speciale a Maria? Certamente a motivo del rilievo eccezionale che ebbe l’opera sua e la sua persona in quel «Grande Sabato», in cui si mostrò la “Consolatrix afflictorum”. Maria, sebbene fosse la più afflitta, tuttavia fu Colei che pianse di meno; perché, con lo spirito, essa era con suo Figlio in Paradiso, e Lei sola aveva ferma fede che il terzo giorno, il Corpo di Gesù sarebbe risorto dalla tomba.
Per mezzo della sua fede indefettibile, del suo coraggio e del suo amore, la Beatissima Madre poté confortare tutti quelli che ricorrevano a Lei. A chi si sarebbero essi rivolti per consolazione, se non alla Madre di Gesù? Vi era Giovanni che bramava ardentemente di udire dalle sue labbra, che essa lo considerava realmente come figlio; Maddalena, il cui cuore spezzato per la perdita del Diletto, sentiva il bisogno di stringersi alla Madre che ne aveva condiviso ogni pensiero ed ogni sentimento; Pietro, che non trovava riposo fintantoché non avesse raccontato alla Madre tutte le particolarità della sua vile negazione; tutti gli altri, che desideravano di confessare a qualcuno la loro codardia; Giuseppe e Nicodemo, Longino, il Centurione, la Veronica, Simone, il Cireneo e molti altri, i quali, desiderosi di mettersi dalla parte del Crocifisso, prendevano la via più breve e più sicura recandosi da Maria. E così essi vennero a liberarsi dal peso dei rimorsi, ad ottenere il suo perdono, a ricevere dalle sue stesse labbra l’assicurazione del perdono di suo Figlio; ad attingere forza e consolazione. Alla lor volta le narrarono molti particolari riguardanti i fatti, le parole e le sofferenze di Gesù, che forse Ella non sapeva ancora. Ma anche se li avesse saputi non avrebbe interrotto il loro racconto, riuscendole di molto conforto il sentirli di nuovo. Le portarono pure dei tesori che sapevano starle a cuore: la veste inconsutile, il velo della Veronica, il pezzo di tela con cui furono velati gli occhi a Gesù, la canna che aveva tenuta in mano, forse qualche spina della Corona, ovvero qualche striscia dei flagelli, persino l’acqua che aveva lavate le Sue ferite. Ogni cosa era preziosa, ed ogni momento passato vicino a Lei, aumentava il loro amore per Gesù. Come avrebbe potuto essere altrimenti? «Ecco tua Madre!». Erano le Sue stesse labbra che avevano proferite queste parole.
O Maria, Madre dolcissima, mira quest’oggi tutti i tuoi figli – la grande famiglia per la quale il tuo Primogenito ha dato la vita. Intercedi in loro favore, in quest’ultimo giorno di Passione; riconduci all’ovile di Pietro coloro che vagano ancora lontano, così che anch’essi domani possano trovarsi con Gesù.
Lascia, o mia buona Madre, che anch’io venga a passare con te quest’ultimo giorno. Sarà per me un sollievo l’esporti tutte le mie deficienze. Io non sono stato per Gesù tutto ciò che mi ero proposto di essere. E se anche non L’ho effettivamente rinnegato e tradito, devo nondimeno confessare di avere omesso tante cose che Gli avrebbero fatto piacere. Che cosa posso io portarti quest’oggi che ti ricordi il Figlio tuo? So quanto ti sia tornato gradito il velo della Veronica e quanto ti abbia commosso il trovarvi l’immagine del Santo Volto. Ebbene, quel po’ di somiglianza con Gesù che ti è dato di scorgere nell’anima mia, possa a sua volta commuovere il tuo Cuore di Madre!
* tratto da: “Passio Christi”