La fragilità umana è spesso facile preda delle suggestioni del maligno che si serve di indizi fuorvianti e della fantasia, facilmente impressionabile, dell’uomo per condurlo alle azioni più nefaste e irrevocabili. Le storie antiche e la cronaca recente ne danno prova. Ecco perché la Chiesa invita i fedeli alla preghiera per difendersi da esse.
San Giovanni Evangelista nella sua prima Lettera afferma: «Dio è luce e in lui non ci sono tenebre. Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità» (1Gv 1,5). Comprendiamo così che il binomio Luce-Verità è proprio di Dio, fa parte della Sua Natura intrinseca. Si può dire che Dio sia “ontologicamente” Luce-Verità-Amore e questa Luce illumina la nostra vita, la nostra coscienza, la nostra anima solo se rimaniamo nella Verità. Chi cade nel vortice della menzogna si separa immediatamente dalla Grazia di Dio.
Molti bravi confessori (come per esempio sant’Alfonso M. de’ Liguori, oppure San Pio da Pietrelcina, san Leopoldo Mandic, ecc.) erano molto rigorosi, irremovibili e severi nello stigmatizzare l’uso della menzogna. In effetti le bugie, piccole o grandi che siano, forniscono al prossimo una visione alterata della realtà e lo inducono a prendere decisioni sbagliate con possibile grave nocumento.
Il nemico della nostra Salvezza sa perfettamente che se riesce a farci credere cose non-vere può spingerci a compiere azioni tra le più scellerate e tragiche che si possano immaginare. Fa parte della sua “tecnica” o, se volete, della sua strategia suggestionarci verso il male, irretirci nei sospetti più atroci, circuirci in dubbi irragionevoli. San Tommaso d’Aquino avverte che l’azione del tentatore è normalmente «suadentibus tantummodo» cioè si limita alla sola persuasione verbale-mentale occulta così come accadde ai nostri Progenitori nel giardino dell’Eden, ma, in via eccezionale, con la permissione del Signore, attaccando di preferenza anime elette, può arrivare a forme più incisive, corrosive ed efficaci di “lavaggio del cervello”. Soprattutto se può contare sulla collaborazione di sue “pedine” umane o satelliti che dir si voglia...
Un esempio per tutti può chiarire il senso di quanto stiamo dicendo. L’Otello (The Tragedy of Othello, the Moor of Venice) è una tragedia di William Shakespeare, grande drammaturgo inglese del ’600, che venne rappresentata per la prima volta nel 1604 con grandissimo successo. Chi è Otello? Otello è un soldato, un nobile condottiero, un generale, moro, al comando delle truppe della Repubblica di Venezia. La vicenda si dipana nella Venezia pre-barocca e nell’isola di Cipro al tempo in cui l’esercito della Serenissima era impegnato contro i turchi per difendere la sua colonia. Egli ha sposato in segreto Desdemona, figlia del senatore Brabantio, strappandola alle voglie di Roderigo, un nobile veneziano che ama pure lui Desdemona. Entra in scena anche Iago, un personaggio sinistro che prova rancore nei confronti di Otello per due motivi: il generale ha promosso di grado l’amico Cassio nominandolo luogotenente al posto suo. E inoltre Iago nutre il forte sospetto che Otello abbia circuito sua moglie Emilia. Decide perciò di portare a termine un’efferata quanto crudele vendetta. Come prima cosa cerca di screditare Cassio agli occhi di Otello: fa ubriacare Cassio e provoca una rissa furibonda tra lui e Roderigo, una rissa che Otello in persona è costretto a sedare. A causa di tale disdicevole episodio Cassio è privato del suo grado militare. Ma non basta, Iago con abilità luciferina convince Cassio a chiedere l’intervento di Desdemona presso Otello per fargli riavere il grado che gli spetta. Nello stesso tempo lascia intendere a Otello che ci sia una relazione amorosa tra Cassio e Desdemona. In tal modo quando Desdemona supplica il marito di reintegrare Cassio, Otello vi scorge una prova lampante di quanto insinuato da Iago. Avvalendosi dell’aiuto inconsapevole di Emilia sua moglie, Iago entra in possesso di un fazzoletto di Desdemona, un regalo molto caro e costoso che Otello le aveva fatto all’inizio del loro Matrimonio e lo nasconde nella stanza di Cassio. Organizza così una trappola perfetta: dicendo di voler smascherare Cassio, fa nascondere Otello in un angolo buio della stanza mentre lui parlerà con il rivale. Il perfido Iago interroga Cassio a proposito di una sua relazione con una cortigiana, ma – e qui iniziano gli equivoci – Otello che comprende a stento le parole che i due si scambiano si inganna e crede che Cassio si stia vantando di aver sedotto Desdemona. Roso dal tarlo della gelosia e furente per il dolore di essere stato tradito Otello è determinato ad uccidere la moglie e chiede a Iago di eliminare Cassio. Frattanto la flotta turca era naufragata a causa di una tempesta e si presentava la possibilità di ritornare a Venezia, la gioia di Desdemona per il reintegro dell’amico e per il ritorno in patria sono interpretati da Otello, ormai fuori di senno per la gelosia, come ulteriore prova del tradimento consumato con Cassio. Il generale schiaffeggia in pubblico la moglie e la accusa di essere una fedifraga. Il piano diabolico di Iago si perfeziona quando, sfruttando la passione infelice di Roderigo per Desdemona, lo induce a uccidere Cassio. Difatti Roderigo aggredisce Cassio in un’imboscata notturna, ma – e qui si rivela la consumata abilità di Shakespeare nel tessere trame drammatiche che tengono il pubblico col fiato sospeso – l’assalitore ha la peggio. Al colmo dell’inganno Iago, visto sfumare l’agguato, finge di correre in soccorso di Cassio, solo ferito, ed infligge invece il colpo di grazia a Roderigo, affinché non parli. Poi accusa del tentato delitto Bianca, una cortigiana. Il dramma si avvicina al suo epilogo: Otello è furioso e in preda a una cieca gelosia non è più in grado di ragionare: in un ultimo incontro con Desdemona, la accusa ancora una volta di tradimento e la inganna dicendole che il suo presunto amante è morto nell’agguato. Desdemona scoppia in lacrime e Otello la soffoca sul letto matrimoniale. Al sopraggiungere di Emilia e degli altri personaggi, Otello confessa di aver ucciso la moglie e mostra a tutti il fazzoletto ritrovato addosso a Cassio. Emilia allora comprende la verità e la terribile trama omicida intessuta da suo marito ma nel momento in cui si accinge a svelarla, questi, profittando del parapiglia generale, la uccide e si dilegua.
È notevole osservare che, nella conclusione, quando Iago viene finalmente catturato, egli si rifiuta di spiegare i motivi del suo agire. Tutti i suoi intrighi, tutto il sangue versato che bagna la scena, tutta la profusione di inganni e tradimenti rimangono una sorta di misterioso disegno malvagio senza uno scopo reale che li motivi. Odio e basta. Otello, che ha ormai compreso il suo fatale errore, non resiste al rimorso e al dolore e si pugnala a morte, accasciandosi esangue sul corpo di Desdemona.
«Shakespeare è Shakespeare» – dice il prof. Corrado Gnerre – ed è uno dei più grandi drammaturghi mai esistiti. Tutti i personaggi partoriti dalla sua fantasia: Amleto, Otello, il Re Lear, Enrico V, Giulietta e Romeo, ecc., sono stati resi immortali dalla sua penna ispirata. In questa tragedia della gelosia e del sospetto tratta da una novella di Giovan Battista Giraldi Cinzio, non smentisce la sua fama di fine conoscitore dell’animo umano. Egli riflette sul patimento intimo e sul dramma psicologico di Otello, concepisce una complessa trama e una commedia degli equivoci ricca di colpi di scena, di delitti che sfociano ineluttabilmente nell’omicidio-suicidio finale. La critica riconosce unanimemente che «Otello è così diventato un archetipo della passione amorosa che, sviata dalla gelosia, conduce alla autodistruzione». Anche la figura infida e menzognera di Iago, il tessitore occulto, può essere vista come il prototipo dell’empio, del malvagio che si vendica senza rimorsi di coscienza, di colui che semina i germi del dubbio nelle menti inconsapevoli dei personaggi per manipolarne sentimenti ed emozioni. Otello, Desdemona, Emilia, Roderigo e Cassio appaiono infine come pedine, come burattini inermi tenuti strettamente nelle mani di un burattinaio folle che li conduce man mano ad una fine funesta. Al pari della vicenda di Romeo e Giulietta sembra che la morte sia l’epilogo infausto e quasi inevitabile delle passioni umane. Fa parte della visione pessimistica dell’Autore.
Tuttavia in questo caso specifico Shakespeare fa balenare una realtà sconcertante: Desdemona è del tutto innocente, Otello è del tutto ingannato e fuorviato, Roderigo è strumentalizzato da una strategia completamente fondata sulla simulazione del male. Si tratta di fatti non veri spacciati per autentici! In questo consiste l’abilità del maligno: facendo leva sui sentimenti e sulle emozioni più radicate dell’animo umano ci suggestiona fino all’autodistruzione. Il congegno mentale messo in azione è una sorta di circolo vizioso tra la conoscenza di indizi fuorvianti ed il conseguente lavorio febbrile della fantasia che evoca immagini sempre più scabrose insopportabili per il soggetto. Ecco perché si arriva alla tragedia finale. Senza tema di essere smentiti possiamo affermare che in tutti i casi di omicidio-suicidio, soprattutto in quelli innumerevoli che occupano quotidianamente le pagine della cronaca nera, si alligna certamente l’opera incisiva ed altamente efficace dell’omicida-fin-dal-principio. Dietro l’articolato e multiforme universo di ciò che oggi si indica (con locuzione infelice) come “femminicidio”, altro non si cela che il piano diabolico di condurre l’uomo all’appuntamento con la morte senza alcuna preparazione e dopo aver commesso gravi peccati mortali.
In una preghiera liturgica si legge: «O Cristo, sole di giustizia, illumina la nostra vita, allontana da noi le oscure suggestioni del male». Tale invito è talmente pressante ed urgente che vi figura in vari giorni. Perché tutto questo? Ma semplicemente perché tale tattica di persuasione è una delle armi più affilate, penetranti ed efficaci di satana.
Recentemente la cronaca degli USA ha riportato un caso nel quale un marito sospettoso ha fatto sistemare in casa una gran quantità di telecamere nascoste perché pensava che la moglie lo tradisse in sua assenza. Poi attraverso internet dal suo luogo di lavoro seguiva di continuo i movimenti della consorte. Ad un certo punto a causa di un’inspiegabile malfunzionamento di tutte le telecamere ed di una interferenza audio non meglio precisata egli si trovò dinanzi ad una scena buia e a dei rumori indistinti. Convinto che la moglie e l’amante avessero disattivato di proposito le telecamere e che stessero consumando l’adulterio in barba alle sue “contromisure elettroniche” si precipitò furibondo a casa, spalancò l’uscio e, folle di gelosia, prima che la moglie potesse dargli una qualsiasi spiegazione la finì a coltellate nella camera da letto. Ebbene era tutto un equivoco, la donna era da sola in casa e non aveva mai avuto alcun amante. Interrogato dagli inquirenti egli affermò di sentire dentro di sé una voce ossessiva che accusava di continuo la moglie di tradimento e si dichiarò convinto, nonostante l’evidenza dei fatti, che meritava di fare quella fine. Il magistrato lo ha condannato per omicidio volontario.
Cosa ci insegna tutto ciò? Che non c’è niente da fare? Che la tragedia di Otello e di Desdemona, antica quanto il mondo, si ripeterà immutabile e invariabile nei millenni? Che satana ha il potere di influire sulla materia fino a provocare un black-out elettronico? O piuttosto che un uomo in preda ad una crisi di gelosia sia capace di generare nella mente fantasmi, allucinazioni e cose che non esistono? Non lo sappiamo. Probabilmente sono vere tutte e tre queste cose. Un fatto è sicuro: nonostante il cambiamento dei costumi e l’evoluzione della società diventata permissiva, tollerante, indulgente fino all’estremo nei confronti della defezione e dell’adulterio, tra le pieghe dell’animo umano si nasconderà sempre un ineludibile, insanabile, fatale conflitto tra amore sponsale e desiderio di possesso. Un dissidio perpetuo che non conosce mutamenti, metamorfosi né attenuazioni di sorta. È umiliante, inquietante e sconvolgente perfino dover ammettere che dentro ciascuno di noi si annida, in un angoletto oscuro, malcelata, una porzione (forse piccola ma mai nulla) del medesimo sentimento che agitava il Moro di Venezia, un fuoco sottile, un rivolo malefico di egoismo inestinguibile che si presta nostro malgrado all’azione del maligno... Preghiamo Iddio Onnipotente che ci conceda una sana gelosia non verso le creature ma verso di Lui nostro Creatore, Redentore e Santificatore... Signore, te ne preghiamo: allontana da noi le oscure suggestioni del male.