Prima dell’Incarnazione la vita della Beata Vergine può considerarsi come una preparazione, un noviziato a quella che in seguito sarà la sua vita cristiana e religiosa: l’Incarnazione di Gesù nel suo Grembo infatti determina il nuovo orientamento di tutto il suo essere verso Cristo.
Il fiat della Vergine, generatore di Cristo, è più potente del fiat della Genesi, creatore dell’Universo. Il fiat di Maria, nella storia dell’umanità, chiude l’era dell’ansiosa attesa ed apre quell’era nuova, che fa brillare agli occhi dell’umanità decaduta e schiava l’aurora della liberazione e del ritorno alla Patria celeste. Cade il vecchio culto giudaico, per lasciare il campo ad una nuova Religione, nella quale il Padre sarà «adorato in spirito e verità» (Gv 4,24).
Di questa Religione Maria è il primo santuario, il tempio vivente; il Cristianesimo, in germe, in potenzialità, realmente, sostanzialmente, è già tutto là, nel seno verginale di Maria. La fondazione del Regno di Dio inizia con l’Annunciazione.
Dopo lunghi secoli, in questa ora tanto attesa e tanto solenne, una rivoluzione morale, che è trasformazione divina, si opera attraverso l’anima e nell’esistenza di questa giovane israelita, che si rivela per un’anima di cristiana all’istante stesso in cui pronuncia il suo grande fiat. Per Lei l’Incarnazione fu un vero battesimo, non certo un battesimo di purificazione, ma di santificazione, di divinizzazione, per la sua stessa incorporazione al Verbo Incarnato. Discendendo su Lei, come lo farà su Gesù nelle acque del Giordano, lo Spirito Santo, non solo la rende divinamente feconda, ma la «cristianizza», consacrandola come il primo membro del Cristo mistico e Madre di tutti i cristiani.
Immediatamente la vita morale di Maria, tutta ripiena del Cristo, si rinnovella in pieno e prende un orientamento tutto nuovo. Protesa, fin dal suo principio, verso Jahvè, il Dio d’Israele, la sua Religione ormai gravita intorno a Gesù e tutta si concentra su questo piccolo Essere, così minuscolo e pur tuttavia infinito, che vive e palpita nel suo seno verginale. Da teocentrica – se è permesso usare senza abusarne, di questa terminologia moderna – la spiritualità di Maria è divenuta cristocentrica. Fra gli innumerevoli discepoli e fedeli di Gesù, è proprio sua Madre che, prima fra tutti, ha saputo conoscerlo, adorarlo, benedirlo, pregarlo, amarlo. Con più ragione di san Paolo Ella poté dire: «Non sono più io che vivo; vive in me Cristo» (Gal 2,20); e ancora: «Cristo è la mia vita: mihi vivere Christus est» (Fil 1,21).
La vocazione di cristiana in Maria si è abbinata a quella di religiosa. La vita monastica, in ciò che ha di più fondamentale, consiste nel mantenersi riguardo a Dio in uno stato di totale donazione, di completa dipendenza. Accettando di divenire Madre del Verbo, la Madonna si consacrò in totalità a Dio, mettendosi definitivamente al suo servizio e a quello delle anime: Ecce ancilla... Fiat...
Secondo san Benedetto, il monastero è scuola del servizio di Dio: «Dominici schola servitii» (Regola, Prologo). La Santa Vergine fu a buona scuola; e per questo fu perfetta imitatrice di Colui che non si incarnò se non per servire («Filius hominis non venit ministrari, sed ministrare», Mt 20,28), e che giustamente è stato chiamato il «primo religioso del Padre».
Di modo che, dalla Immacolata Concezione all’Annunciazione, la vita della Madonna, sotto l’impulso e la direzione dello Spirito Santo, fu una progressiva ascensione di santità; fu quindi una inconscia, ma reale preparazione alla sua divina Maternità; una specie di catecumenato e di noviziato, preludio della sua duplice professione di cristiana e di religiosa [...].
«Ciò che Dio vuole è la vostra santificazione» (1Ts 4,3). Ma questa santità, quaggiù, è sempre in via di sviluppo e non raggiungerà la sua pienezza che in Cielo. La santificazione è dunque opera di tutte le ore. «La perfezione cristiana non è affatto determinata da un grado; essa consiste in un progresso costante. Gesù Cristo ne è il modello. È necessario perseguirla, ma è impossibile raggiungerla. Di conseguenza è necessario avanzare senza soste e senza stancarsi mai»[1].
«L’aspirazione alla santità, che è legge generale della vita cristiana, diventa per il religioso un’obbligazione fondamentale e caratteristica della sua vocazione» (CDC, can. 488, n. 1). Che è mai infatti lo stato religioso, se non uno stato di perfezione da raggiungersi? Status perfectionis acquirendae[2]; «è un esempio, una disciplina morale, destinata a condurci alla perfezione»[3].
«In virtù stessa della sua professione ogni religioso è obbligato in coscienza, se non ad essere perfetto, certo a diventarlo»[4]. La santità è il fine essenziale dello stato religioso; ecco il motivo per cui, negli Ordini e nelle Congregazioni, tutta la legislazione è concepita in funzione stessa di questo fine. Perché mai si è abbandonato il mondo, se non per seguire il Cristo più da vicino, sull’ascesa che conduce alla Vita eterna? Sempre in excelsius, sempre più in alto, sempre migliorando: tale è la divisa del religioso che ha il senso della sua vocazione; divisa che è nello stesso tempo un ideale e un programma. Una bella vita monastica, dunque, non sarà altro che un’aspirazione, un desiderio, una volontà, uno sforzo, un ininterrotto ed ansioso perseguire la santità. Ben felici gli affamati, gli assetati di giustizia: «Beati qui esuriunt et sitiunt iustitiam» (Mt 5,6). È così che si fa parte della razza di «ricercatori, conquistatori di Dio» (cf. Sal 23,6).
«Ci è talmente imposto di camminare incessantemente, senza soffermarci né rilassarci, che non ci è concesso nemmeno di arrestarci in Dio, poiché, al di sopra di Lui, non c’è nulla da desiderare, ma, in Lui, vi è sempre possibilità di fare progressi. Egli, ai nostri ardori di conquista, scopre sempre nuove infinità»[5].
È dunque dalla intensità di questa tendenza e nella proporzione e misura del progresso realizzato, che si valuteranno le qualità di una vita e il valore di un’anima.
Nella maggior parte dei religiosi, per non dire nella totalità, l’ascensione alla perfezione si rivela laboriosa, faticosa, pericolosa; spesso soggetta ad arresti, a ritorni e, talvolta, a cadute. Tutto sembra collegarsi per sbarrarci la via, o per rallentare la nostra corsa: il mondo, il demonio, il nostro egoismo. E tutto ciò provoca tristezze, stanchezze, scoraggiamenti, temporaneo rilassamento nella lotta. E tuttavia bisogna continuare nell’ascesa, salire ancora, salire sempre con vigore, a colpi di spada, a forza di pugni, in pericolosi ardimenti, proprio allorquando le vette sembrano apparire sempre più inaccessibili, o pare sfuggano davanti a noi, quasi a deluderci nei nostri sforzi.
Niente di simile nella Madonna, tipo impareggiabile dell’anima cristiana e supremo ideale dell’anima religiosa. Appena uscita dalle mani del Creatore, Ella è come assorbita, sperduta nell’infinità di Dio; trascinata, con una velocità vertiginosa, nell’abisso della divinità. Uscita dal Cuore dell’Altissimo, Ella vi ritorna immediatamente, come al suo principio e al suo fine, con una spontaneità, una forza, uno slancio prodigioso ed incoercibile. Con tutta la potenza del suo essere, sotto l’impulso di una grazia immensa ed incessante, si slancia verso queste vette immacolate che, prima di Lei, nessuno conobbe, né mai scalò.
Dalla sua concezione alla sua morte, la vita terrena della Vergine fu una ininterrotta ascensione sempre più rapida e radiosa, verso Dio e in Dio, senza alcuna debolezza, tentennamento o arresto.
Come il sole nel gran cielo azzurro... Ella sale nella santità, sempre più pura, più radiosa, più fulgida. «Quae est ista quae ascendit?», Chi è costei che sale dal deserto come colonna di fumo, olezzante di mirra, di incenso, e di ogni aroma di profumiere? (cf. Ct 3,6).
«Dio vive ed agisce in Lei, più che Ella stessa. Ella non ha alcun pensiero che per la sua grazia, non ha alcun movimento che per il suo spirito, alcuna azione che per il suo amore. Il corso della sua vita è un perpetuo movimento che, incessantemente e senza rilassamento, tende a Colui che è vita del Padre e sarà ben presto la sua vita...; Ella tende a Dio e vi tende con un vigore e un ardore ammirabili»[6].
«Religiosa, Maria vive la sua vita religiosa integralmente, magnificamente, regalmente; una vita di continuo perfezionamento, di indefinibile progresso e di sovreminente santità. Dal primo istante della sua Immacolata Concezione, nel seno di Anna sua madre, Ella comincia subito ad amar Dio con tutte le sue forze; e non cesserà un istante di fare continui progressi nella perfezione e nell’amore di Dio. Pensieri, desideri, affezioni, tutto in Lei derivava da Dio solo; non c’era in Lei una parola, un movimento, uno sguardo, un respiro che non fosse per il Signore e per la sua gloria; nulla che la distraesse, sia pure per un solo istante, dal divino amore»[7].
Così in Lei tutto fu luce e purezza, tutto fu virtù e amore. In questa lunga vita nulla ci fu di inutile, di perduto, di immiserito, di sterile. Non vi si trovò un solo atto, sia pur minimo, che non costituisse un capolavoro e il principio di un nuovo slancio verso la più alta santità.
E fu così fino al suo ultimo respiro, termine e coronamento supremo di una esistenza interamente consacrata, fin nei minimi particolari, alla più grande gloria di Dio e al compimento della sua adorabile Volontà.
La vita della Madonna non fu dunque che un ininterrotto succedersi di elevazioni, di slanci, di mistiche ascensioni, sempre più ardite e rapide. Come la pietra, cadendo nel vuoto accelera ad ogni istante la velocità della caduta, così la Santissima Vergine accelerava il suo volo vertiginoso e trionfale a misura che saliva e si avvicinava a Dio.
Continua
[1] Bossuet, Panég. de S. Benoit, III point., t. IV, p. 628.
[2] Summa Th. II-II, q. 184, a. 7c; q.185, a. 8c; q. 186, a. 1 ad 3 et ad 4.
[3] Ivi, II-II, q. 186, a. 2c.
[4] Ivi, II-II, q. 186, a. 9c.
[5] Bossuet, Panég. de S. Benoit. Exorde, t. IV, p. 620.
[6] De Bérulle, Vie de Jésus, c. V, Oeuvres, p. 468; c. XVII, Oeuvres, p. 462.
[7] Sant’Alfonso, Le Glorie di Maria, I discorso sull’Assunzione, 1° punto.