Entriamo, attraverso i ricordi di alcuni figli, nel focolare domestico della famiglia di Papà Settimio e Mamma Licia, per assaporare lo spirito del Natale cristiano e prendere qualche spunto. Come sarebbe bello se tutti i genitori si impegnassero a rendere il Natale dei loro figli ricco di fede oltre che di gioia! Il Natale vissuto santamente in famiglia è la migliore apologia di questa festa cristiana, e nessun documento potrebbe mai cancellarlo.
Anche quest’anno la cronaca ha offerto un ennesimo saggio della follia cui può arrivare l’ideologia laicista che aleggia negli uffici di Bruxelles, la quale mascherando di tolleranza universale la propria intolleranza per i valori cristiani, ha elaborato un documento per circolazione interna volto a istruire tutti i dipendenti della Commissione europea sul modo corretto («inclusivo») di gestire comunicazione ed eventi. I contenuti sono ormai noti: non si può più dire Natale o “vacanze natalizie” per non offendere le minoranze, vietato usare i nomi Maria o Giovanni perché cristiani (meglio «Malika o Giulio») e così via, con le immancabili attenzioni pro Lgbt. La diffusione delle linee guida è stata fermata in extremis perché ne sono trapelati in anteprima i contenuti, suscitando l’indignazione popolare, politica e mediatica.
Ma non per questo l’aria a Bruxelles è cambiata, e sarà necessario battersi ancora e in tutti i campi per un’Europa rispettosa e orgogliosa delle proprie radici cristiane e della propria identità, a partire dalla celebrazione del Santo Natale.
Cosa fare? Il modo più concreto che abbiamo per evitare che, in nome del politicamente corretto, venga cancellato quel che resta delle nostre tradizioni, è quello di viverle: prepariamo e celebriamo davvero un “Santo Natale” in famiglia, donando ai nostri figli ciò che a nostra volta abbiamo ricevuto!
Ci sono di mirabile esempio una coppia di coniugi, cresciuti alla scuola di San Pio, genitori di 21 figli di cui 13 viventi, per i quali è aperto il processo di canonizzazione: Settimio Manelli e Licia Gualandris.
La povertà di una famiglia così numerosa nei difficili tempi della guerra e del dopoguerra, la Provvidenza così puntuale con cui era visitata da Dio, le gioie che vi sgorgavano così intense e naturali, la fede così intrepida e densa che traboccava da questi due genitori riversandosi sui figli, facevano del loro Natale un capolavoro di fede cristiana, perché lo spirito di Betlemme in casa Manelli non era un racconto ma una realtà.
La povertà, non subìta ma amata, con gli occhi della fede, faceva scrivere a Papà Settimio: «Sorridete o poveri di oggi e di ieri, di qua e di là, perché il Natale è vostro, soltanto vostro. I ricchi, i potenti della terra e della carne non hanno parte alcuna con esso. E se anche esiste un loro Natale tutto spirito e lezzo di mondo, quel Natale non sa così bene farsi riconoscere in terra, è sconosciuto agli occhi di Dio [...].
Con Natale per la prima volta batte il cuore di Dio nel mondo, per voi, dopo aver battuto per voi dall’eternità. Poveri, sorridete! Cristo è nato, è povero, ma chi più ricco, onnipotente di lui e, perché suoi amici, di voi?».
Entriamo allora, attraverso i ricordi di alcuni figli – Maria Teresa, Pia e Stefano –, nel focolare domestico della famiglia di Papà Settimio e Mamma Licia a Lucera, per assaporare lo spirito del Natale cristiano e prendere qualche spunto. Come sarebbe bello se tutti i genitori si impegnassero a rendere il Natale dei loro figli ricco di fede oltre che di gioia! Il Natale vissuto santamente in famiglia è la migliore apologia di questa festa cristiana, e nessun documento potrebbe mai cancellarlo.
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La figlia Pia: «Ricordo che durante le feste natalizie Papà Settimio ritornava bambino ed esortava noi figli a fare il Presepe che voleva molto grande e bello, degno di accogliere Gesù Bambino.
Nella notte di Natale poi voleva che noi tutti, davanti al Presepe, intonassimo il canto natalizio Tu scendi dalle stelle e recitassimo il Gloria. In quei momenti l’atmosfera era magica e sembrava proprio che Gesù Bambino fosse in mezzo a noi.
Era commovente, poi, vederci tutti insieme la notte di Natale, prima a tavola, a festeggiare la Nascita di Gesù con il “cenone” a base di spaghetti con le sardine (!), e poi a mezzanotte in punto tutti davanti al Presepe a cantare le canzoncine natalizie a Gesù Bambino.
Anche il giorno di Natale era speciale, perché tutti noi sotto il piatto di nostro padre mettevamo una letterina piena di affetto, di buoni propositi, di promesse, che mio padre doveva leggere, prima che si iniziasse a mangiare, ma quasi sempre si dimenticava di farlo... Mia madre, con certi suoi accorgimenti, glielo faceva capire, e allora il pranzo veniva notevolmente ritardato perché, con santa benevolenza, iniziava a leggere tutte le nostre numerose letterine...».
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La figlia Maria Teresa: «Nel 1939 scoppia la Seconda Guerra mondiale a causa dell’imperialismo tedesco, per cui l’Europa è in fermento, ma la vita nella piccola cittadina di Lucera è ancora senza scosse, non si parlava di guerra e tutto era tranquillo.
Mamma con la famiglia, dopo aver adempiuto ai doveri quotidiani, partecipava alle belle cerimonie religiose. A Natale in casa nostra non mancavano due cose: il Presepe e i dolci tradizionali fatti in casa. Quando eravamo piccoli a fare il Presepe con la legna provvedeva mamma. Siccome avevamo la stufa a legna, sul terrazzo ce n’erano due quintali e con questa lei, nella sala da pranzo, faceva un bellissimo Presepe lungo più di tre metri, che noi bambini ammiravamo estasiati. Divenuti più grandi anche noi collaboravamo con grande passione. I guai cominciavano però quando bisognava disfarlo e rimettere a posto la legna: era sempre lei che doveva provvedere.
Nel periodo delle feste i dolci non si compravano, si facevano in casa, e mamma ha imparato a fare i dolci pugliesi: taralli dolci all’uovo, taralli senza uova e zucchero con il finocchietto, e le famose “pizze palombe” che adesso non ci sono più, ma che a noi piacevano tanto. Il dolce però “speciale”, che lei faceva solo a Natale perché costava troppo, era la famosa “cioccolata” che si faceva a casa sua, a Nembro (Bergamo), e che noi bambini gradivamo tanto. Inoltre per onorare il Natale, anche se le costava grandissimi sacrifici, perché doveva lavorare la notte, confezionava un vestito nuovo a ognuno di noi, e così il giorno della festa tutti avevamo l’abito nuovo, anche se le scarpe erano rotte; ma noi eravamo contenti lo stesso.
Indimenticabile la gioia che provavamo il giorno di Natale, perché Gesù era nato... Certo, ora che ci penso, era merito di mamma se noi provavamo questa gioia, perché in preparazione al Natale ci faceva fare la novena a Gesù Bambino e i fioretti... oltre ad andare a Messa e recitare il Rosario non si mangiavano dolci e posso dire che era una vera tortura vedere mamma che preparava i dolci almeno una settimana prima e noi che non potevamo mangiarli.
Il giorno della festa mamma con papà ci conduceva, come sempre, a Messa alle otto del mattino e ci faceva fare le preghiere di preparazione e di ringraziamento prima e dopo la Santa Comunione. Ricordo che quando io cercavo di sfuggire, mi acchiappava per una mano e non mi lasciava fino a quando non finivamo.
Al ritorno facevamo una ricca colazione con i dolci tanto agognati e recitavamo le poesie davanti al Presepe e poi con mamma cantavamo Tu scendi dalle stelle. Tempi beati e come vorrei che fossero ancora quei tempi, così semplici, puri, con mamma così piena di fede e di amore per noi, che non ci faceva mancare niente e che voleva farci sentire il fascino delle feste cristiane, svegliando nel nostro cuore l’amore a Gesù e Maria!».
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Il figlio sacerdote, Padre Stefano: «Le gioie e le dolcezze della maternità di Mamma Licia noi bambini e ragazzi potevamo già intuirle e avvertirle con naturalezza e semplicità:
quando vedevamo la mamma che si coccolava un bambino fin quasi a… mangiarselo di baci…, e ciò capitava di frequente, perché il neonato di turno era a volte… annuale;
quando ella ci vedeva a tavola per ogni pasto con papà, tutti i figli, bambini e ragazzi, pregando prima di mangiare e poi mangiando con grande appetito, tutti sani e belli, chi seduto e chi magari in piedi (perché le sedie non sempre bastavano…), e tutti contenti dei cibi della Provvidenza che ella, la mamma, condiva di immenso amore materno;
quando tutti noi attorniavamo la mamma, seduti, attenti ad ascoltare le sue meravigliose storie di Gesù e della Madonna, le storie dei santi e anche alcune favole istruttive bellissime che ella raccontava guardandoci con il suo bellissimo volto tutto “mamma”;
quando eravamo vicini a lei mentre preparava i dolci natalizi (i croccanti, le scardellate, le pizze palombe, i taralli…) e ci guardava poi tutta compiaciuta mentre li mangiavamo con gusto e con gioia senza fine;
quando ella ci preparava il Presepe per Natale, industriandosi in tutti i modi per farlo bello, e poi ci radunava davanti a Gesù Bambino nella Grotta di Betlemme, soprattutto di sera, per pregare con la recita del Rosario, e per i bei canti natalizi;
quando ella ci svegliava la mattina presto dell’Epifania e ci portava nella camera grande dove, durante la notte, era venuta la Befana e ci aveva lasciato i suoi giocattoli, i suoi doni, i suoi dolci…: allora erano scoppi di gioia incontenibile.
L’infanzia e la fanciullezza ripiene di innocenza e di pura ingenuità compensavano almeno in parte il peso delle maternità donando alla mamma le occasioni di tanti sorrisi materni e dolci».
La famiglia e il Natale, chi potrà mai separarli? E se sapremo vivere il Natale cristiano nelle nostre famiglie, chi potrà mai cancellarlo?