La dolcezza della Madonna dal Numero 20 del 19 maggio 2013
di di Padre Stefano M. Manelli, FI

La dolcezza è una virtù squisita che rifulse decisamente nell’Immacolata. Costa molto acquistare simile virtù, perché tanto prezioso ne è il valore! E perciò vale assolutamente la pena di farla propria, in ogni momento della vita, quando più costa, chiedendo la grazia alla Beata Vergine dolcissima.

Si dice che la dolcezza è il fior fiore della virtù. Si può anche dire, perciò, che la virtù della dolcezza è simile al diamante più prezioso che viene posto al centro della corona regale. Dolcezza, mansuetudine, amabilità: vanno intese insieme nella beatitudine di Gesù: «Beati i mansueti perché possederanno la terra» (Mt 5,4), e si ritrovano insieme nella mite figura dell’agnello, così mansueto, amabile e dolce. Esso è la figura di Gesù, l’Agnello immolato per noi, ed è la figura più dolce di Maria, l’Agnella pura e immacolata che ha fatto e ci ha donato Gesù.
Come pensare alla virtù della dolcezza della Madonna? Vergine e Madre dolcissima, Ella è stata investita e riempita di una dolcezza divina che traspariva da tutta la sua persona, e si irradiava soprattutto dal suo incantevole volto e dal suo sorriso celestiale. «Sembra che Dio abbia voluto addensare in Lei tutta la dolcezza possibile», ha scritto giustamente il Villar. E proprio per questo noi possiamo e dobbiamo dire che la Madonna è la dolcissima Madre divina di Gesù e Madre dell’intera umanità.
La dolcezza è soprattutto il fior fiore della carità, e corona, appunto, le opere di carità, anche le più laboriose e dolorose, le più difficili e sofferte. Difatti, la Madonna non perse affatto la dolcezza nella durissima prova della fuga notturna verso il lontano Egitto; così come non l’aveva perduta quando, a Betlemme, san Giuseppe non era riuscito a trovare una casa per essere ospitati in quel frangente così delicato del vicino parto, e dovettero riparare un po’ fuori Betlemme, in una povera stalla, dove c’erano soltanto un bue e un asinello, con una misera mangiatoia per deporvi il neonato Gesù, il Verbo fatto Bambino per noi! E chi può immaginare la dolcezza senza misura della Madonna e di san Giuseppe dopo la nascita verginale di Gesù Bambino in quella Notte Santa?
Dov’è invece la nostra dolcezza? Certo, quando tutto ci va bene, quanto ogni cosa ci va a genio, quando si hanno soddisfazioni e successi, è molto facile essere dolci e amabili; ma quando le cose ci vanno storte o ci causano contrarietà e dispiacere, allora sparisce subito ogni ombra di dolcezza, e non ci vuole molto a diventare duri, aspri, nervosi, amari, con chicchessia, fossero pure i genitori o i fratelli e sorelle!... Quanti litigi e bisticci, infatti, quanti scambi di offese e accuse, quante lacrime e rabbie succedono, non raramente anche per delle inezie o sciocchezze... Dove è mai, allora, la vera dolcezza che sa superare ogni prova e dolore?...
Che cosa dire, poi, in particolare, della proverbiale mancanza di comprensione e di dolcezza fra la suocera e la nuora?... Quante amarezze e fratture reciproche, quanti dispetti e risentimenti senza numero! Ma ci fu un esempio splendido dato dalla Mamma di sant’Agostino, santa Monica. «Agli inizi – riferisce sant’Agostino – mia madre ebbe a che fare non poco con la suocera, la quale, messa su dalle serve, si mostrava intrattabile e faceva frequenti scenate. Monica sopportava tutto in silenzio e la trattò con tanto ossequio e cortesia, che alla fine se la rese amica».
Ugualmente è avvenuto, nel secolo ventesimo, con la serva di Dio Mamma Licia, che fu suocera per cinque nuore, ossia per le mogli dei cinque figli sposati, e che, per le sue virtù veramente amabili e ricche di tanta dolcezza materna, fu sempre benvoluta, amata e anche venerata dalle cinque nuore.
Ci sono altri casi, è vero, in cui, nei nostri rapporti con gli altri, si può arrivare ad essere capaci di una falsa dolcezza, tutta affettata e sdolcinata, da parte di coloro che vogliono ottenere favori e apprezzamenti da altre persone: questa, però, non soltanto non è vera dolcezza, ma è qualcosa di talmente ripugnante, che è soltanto da detestare in ogni modo.
La pratica per l’acquisto della virtù della dolcezza costa molto perché la dolcezza vale realmente molto. Per acquistare questa virtù è necessario, quindi, un esercizio accurato e fedele, che non è complicato se ci si abitua, pian piano, a chiedersi spesso, nel nostro pensare e prima di parlare o di agire: “Che cosa penserebbe, direbbe o farebbe la Madonna al posto mio?”, sforzandosi poi di scegliere sempre tutto ciò che Lei penserebbe, direbbe o farebbe.
Questa è la grande e premurosa raccomandazione che uno dei più grandi santi mariani – san Luigi Maria Grignion da Montfort – fa a tutti i devoti della Madonna per aiutarli a vivere realmente di amore alla Madonna, imitandola sempre più per diventare somiglianti a Lei. Seguendo questo ammaestramento, di fatto, può maturare, via via, la virtù della dolcezza che è tutta soavità e profumo di grazia.
Impegniamoci con generosità e fiducia nella Madonna.

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