Maria con il Figlio nella Gloria celeste dal Numero 32 del 13 agosto 2017
di di Paolo Risso

Per penetrare più a fondo nel mistero di Gesù Cristo, lo si deve vedere come realmente Egli è, unito alla Madre in ogni fase della sua venuta, della sua missione, della sua morte e della sua eterna gloria.

750 anni dalla fondazione di Roma, 2017 anni fa. Lontano dall’Urbe, dominatrice del mondo, nell’umiltà di un rifugio di pastori, nella semplicità della povera gente, il Signore Gesù aveva fatto la sua entrata nel mondo. Qualche segno misterioso, un po’ di agitazione all’inizio, poi più nulla. Solo silenzio. Accanto a Lui, nel sereno scorrere della fanciullezza e della giovinezza, il Cuore trepido di Maria, sua Madre.
Ancora Lei, la Madre, aveva raccolto l’eredità del Figlio martirizzato in croce. Tutto ha dato Gesù, le vesti, il sangue, la vita. Per noi uomini e per la nostra salvezza. Ma la Vittima restava qualcosa di immensamente caro: «Presso la croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di Lei... Vedendo la Madre, e accanto a Lei il discepolo che Egli amava, Gesù disse a sua Madre: “Donna, ecco tuo figlio”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre”. E da quel momento il discepolo la prese con sé» (Gv 19,25-27).

Definizione dogmatica

Il 1° novembre 1950, il venerabile Papa Pio XII, sull’alto sagrato della Basilica di San Pietro, davanti a centinaia di migliaia di persone che affollavano la piazza, e ad altri milioni collegati via radio in tutto il mondo, pronunciava l’ultima solenne definizione dogmatica della Fede cattolica nei riguardi della Madre di Gesù, l’Uomo-Dio: «Per l’autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei beati apostoli Pietro e Paolo e nostra, proclamiamo e definiamo che è Verità divinamente rivelata che Maria, l’Immacolata Madre di Dio, sempre Vergine, alla fine del corso della sua vita terrena, fu assunta in anima e corpo alla gloria celeste».
Il nostro ricordo corre veloce attraverso i secoli fino a quel giorno in cui, in un villaggio tra i monti della Giudea, Maria aveva pronunciato la profetica preghiera del Magnificat: «Ecco, d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata; perché grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome» (Lc 1,48-52). Mai nessuna donna al mondo aveva osato dire tanto di sé. Mai nessuna donna al mondo fu celebrata come quel mattino del 1° novembre 1950.
La Chiesa, nei suoi pastori e nel suo popolo, aveva sempre creduto, fin dall’inizio, che Maria Santissima era stata assunta in Cielo in corpo e anima, ma la definizione dogmatica dell’Assunzione veniva a porre, in ordine di tempo, l’ultima gemma sulla corona della Madre di Gesù. Il preciso significato del Dogma è questo: Maria Santissima è in Cielo, accanto al suo Gesù, non solo con la sua anima santa, ma anche con il suo splendido corpo eternamente glorioso. Maria di Betlemme e di Nazareth, di Cana e del Calvario, con tutta la sua umanità, in eterno accanto al Figlio suo Gesù, non solo in una vicinanza fisica, ma in una profondissima unione con Lui, che la nostra mente non riesce a immaginare. Perché è mistero di Fede.
Quell’unione che non s’era mai interrotta da quando Maria aveva risposto all’annuncio dell’Angelo: «Ecco l’ancella del Signore, sia fatto di me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Da quell’istante divino, le leggi della natura, create da Dio sapiente e guidate dal suo Spirito, si mossero miracolosamente, affinché il corpo di Gesù prendesse vita nell’umile Ancella di Dio, divenuta sua madre. Così il Concilio di Efeso (431) proclamò al mondo la dignità e la missione suprema di Maria, “vera Madre di Dio”.
Perché Ella fu davvero il tempio, il tabernacolo, l’arca dell’alleanza, il giardino cintato, la casa che contenne in sé Gesù vivo e in crescita, secondo i tempi previsti dalle leggi di Dio. Ma quel corpo e quell’anima non appartenevano alla persona di un uomo, ma alla Persona del Figlio di Dio. In Maria, dunque, il Figlio di Dio era presente fin dal primo attimo quando Lei disse: «Sia fatto di me secondo la tua parola».

Assunta con il suo corpo

Nessuno meglio di Dante, nell’ultimo canto della Divina Commedia seppe esprimere, con fede penetrante, la Fede di tutta la Chiesa: «Vergine Madre, figlia del tuo Figlio, / umile e alta più che creatura, / termine fisso d’eterno consiglio, / Tu se’ colei che l’umana natura / nobilitasti sì che il suo Fattore / non disdegnò di farsi sua fattura. / Nel ventre tuo si raccese l’amore / per lo cui caldo nell’eterna pace / così è germinato questo Fiore» (Par XXXIII, 1-9).
Quando infine per Maria Santissima venne il giorno di essere madre, e Gesù si separò da Lei, con quel rispetto gentile che lasciò miracolosamente integro il tempio in cui era nascosto, l’unione spirituale tra Madre e Figlio, rimase in una profondità per noi insondabile. Crescevano, si potrebbe dire insieme, perché anch’Ella era giovanissima, quando aveva nelle sue mani il piccolo Gesù. A Lei, le prime parole di Lui. A Lui, la prima adorazione di Lei. Furono insieme per 30 anni, e Lui non ebbe quasi altro testimone che la Madre nella silenziosa preparazione alla sua missione sovrumana.
Quando Lei lo spinse maternamente a Cana, affinché si manifestasse al mondo, c’era tra loro una perfetta armonia di intenzioni, di progetti, di sentimenti. Gesù sapeva che ogni atto della sua missione di Maestro, di Redentore, di Capo dell’umanità redenta, era compiuto per mezzo di quella natura umana che aveva preso dalla Madre sua. Egli parlava, ma la sua parola veniva da Lei. Egli amava, ma il suo Cuore veniva da Lei. Egli faticava, ma le sue energie venivano da Lei. Egli soffriva e moriva, ma la sua Carne e il suo Sangue venivano da Lei.
Egli le era grato in quegli anni di lotta, come le era stato obbediente negli anni di lavoro nascosto a Nazareth. Ella gli era grata per quello che Dio aveva fatto in Lei, come gli era obbediente nella sua missione di salvezza. Obbediva con partecipazione piena di Madre illuminata sul Mistero del Figlio. Lui voleva salvare, Lei voleva salvare. Lui voleva soffrire e morire, e Lei voleva soffrire e morire con Lui. Lui era inchiodato alla croce, ritto tra la terra e il cielo, e Lei stava regalmente eretta accanto alla croce.
Era Madre del Redentore e Corredentrice con il Redentore. Madre del Capo della Chiesa e Madre di tutta la Chiesa, mistico Corpo di Lui. Madre del Mediatore e Mediatrice di tutte le grazie con il Figlio Mediatore. Madre del Re del Cielo e della terra, e Regina del Cielo e della terra.
Al termine della sua missione unica sulla terra, come poteva Maria Santissima insignita di tanta grandezza (“la Benedetta tra tutte le donne”!), subire la corruzione del sepolcro? No, proprio non poteva. Maria è la Madre del Cristo risorto, asceso al Cielo, glorioso e immortale, così che anch’Ella doveva essere – ed è stata – assunta in Cielo, gloriosa e immortale, anche con il suo corpo, insieme al Figlio suo, il Vivente in eterno l’unico Salvatore del mondo e il Datore della vita che non muore.
Questa è Maria Santissima, inserita come nessun’altra creatura nel Mistero di Gesù, il Cristo Signore.
Per penetrare più a fondo nell’intimità di Gesù, lo devo vedere come realmente Egli è, unito alla Madre, in ogni fase della sua venuta, della sua missione, della sua morte e della sua gloria. Non devo aver paura di celebrare le grandezze di Maria, perché sono le grandezze di Gesù suo Figlio. Noi siamo cattolici e non protestanti, anzi preghiamo affinché i protestanti penetrino senza paura nelle grandezze di Maria.
Io non devo avere di queste paura. De Maria – anche oggi – numquam satis. Di Maria non dirò mai abbastanza. Diversamente da quelli che oggi dicono: De Maria, nunc satis (di Maria, ora basta), come se ci si potesse stancare della propria Madre.
Quando fisso pensiero, immaginazione e fede in Gesù intimo, non lo posso vedere solo, diviso da quella creatura unica nell’universo, che è stata ed è sua Madre Maria. Così devo professare che, essendo stato pensato e voluto “in Cristo” (Ef 1,3), sono stato pensato e voluto “in Maria. “In Christo Jesu. In Maria Matre eius”. Lì devo stare, dimorare e agire.

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