Misericordia: un termine che troviamo spesso nella Sacra Scrittura, che ascoltiamo ancor più spesso ai nostri giorni, che risulta sempre molto gradito... Essa è anzitutto una virtù di Dio. Come intenderla nel suo specifico?
«Misericordia»: è il termine che ricorre infinite volte nella Sacra Scrittura come sulla bocca degli uomini.
Si parla del Dio delle misericordie, di Maria la «Madre della misericordia», delle sette opere di misericordia corporale e delle sette opere di misericordia spirituale. Esistono Congregazioni, come quella delle «Sorelle Misericordiose», dedite tutte particolarmente a tali opere di misericordia.
Cos’è la misericordia?... Una dolcissima realtà che val bene la pena di approfondire un poco!
Cuore per il misero
Misericordia è la pietà e la compassione che il cuore sente per il misero, la cui indigenza cerca di sollevare con tutti i mezzi (cf. San Tommaso, Sum. Theol. II, II, q. 30, a. 1).
Il misero è l’«affamato, l’assetato, l’affetto da malattie, il forestiero e il pellegrino, il carcerato, come e non meno, il deficiente, il dubbioso, l’incerto, l’ossessionato, il peccatore. La miseria, in effetti, è materiale e, soprattutto, spirituale».
La misericordia è, come dice san Bernardo, un unguento che va a lenire e si ricava dalle necessità dei poveri, dalle angosce degli oppressi, dalle perturbazioni dei perversi, dalle colpe dei peccatori e dalle amarezze di tutti i miseri, fossero anche nemici.
Unguento, la misericordia, è anche aroma meraviglioso, ricavato da siffatte disprezzabili «spezie» o essenze1.
Purtroppo non sono pochi quelli che, come gli stoici, Nietzsche, i marxisti più coerenti, rifiutano la pietà e la compassione della misericordia come vergogna indegna dell’uomo.
Si tratta, naturalmente, proprio di quegli uomini che più concorrono ad instaurare, sulla terra, il regno della giungla e della più spietata violenza.
Ma per la maggior parte degli uomini la misericordia è ritenuta come il metro stesso e la verifica dell’amore. [...]. Né faccia velo il fatto che la misericordia sia una sensazione, spesso, istintiva e irrazionale che potrebbe non tener conto della giustizia e della verità. Perché la misericordia, di cui si parla qui, è virtù. E la virtù, che è perfezione della potenza, in quanto la fa operare rettamente (cf. Sum. Theol. I, II, q. 55, a. 1), appartiene propriamente alla ragione. Le sensazioni divengono virtuose, in quanto e nella misura in cui partecipano alla ragione, che le governa (cf. ivi, a. 4 ad 3). In questo senso, perciò, la misericordia è virtù che si esplica donando all’indigente o perdonando a chi soffre anche per colpa propria (cf. ivi, II, II, q. 30, a. 3). E in quanto essa ha per motivo la miseria del fratello di cui ha pietà, è virtù specifica, distinta dalla carità (cf. ivi, a. 3 ad 3).
La Virtù di Dio
La misericordia è la virtù per eccellenza di Dio. Essere di totale pienezza, Egli si effonde, con infinita dilezione, su ogni creatura indigente per costituzione e per contingenza: come un fiume prodigioso di vita che, dalla montagna, si riversa a valle, in tutte le direzioni possibili. Egli è per antonomasia «il Misericordioso», perché «tutte le (sue) vie [...] sono misericordia e verità» (Sal 24,10). La sua misericordia è grande (cf. Sal 50,3), arriva fino alle nubi, fino ai cieli (cf. Sal 35,5; 56,11; 102,11), e le sue opere più grandi sono quelle di misericordia (cf. Sal 144,9). Egli predilige la misericordia (cf. Sal 6,32; 32,5; 83,12) alle stesse opere di culto (cf. Mt 9,13; 12,7).
Così, l’opera della Redenzione è opera di immensa misericordia, per la quale soprattutto Gesù appare in veste di misericordioso samaritano che, unico, si ferma e si china sul povero viandante (= l’umanità) ridotto in fin di vita dai ladri nei quali è incappato, assumendosene in pieno l’onere della guarigione e della salvezza.
San Bonaventura distinguerà, tra le opere misericordiose di Dio, quelle grandi, quelle più grandi e quelle grandissime, a seconda che si tratti di operazioni di natura o di grazia o di gloria (De septem donis Spiritus Sancti, coll. 3, 11). La misericordia di Dio, comunque, è sicuro rifugio all’anima poverella e fonte di imperturbabile serenità interiore. Chi riesce a persuadersi fino in fondo di questa verità, ha risolto il problema della vita. San Francesco di Sales ha osato scrivere, a conforto di tutti: «Il trono della misericordia di Dio è la nostra miseria. Bisogna, dunque, che quanto la nostra miseria sarà maggiore, tanto più grande abbiamo la confidenza, poiché la confidenza in Dio è la vita dell’anima: toglietele la confidenza e le darete la morte»2.
All’uomo, in effetti, non è mai proibito confidare nella misericordia di Dio; gli è proibito solo di abusarne, appellandosi alla misericordia per continuare a mantenere certi legami peccaminosi che l’offendono sommamente. Sant’Agostino esorterà perciò, in questo senso: «Non abusiamo, e cioè non usiamo male della misericordia di Dio, per non incappare nella sua severità» (Sermo 32: In Ps. 145,12).
Il dovere di una somiglianza
Tratto essenziale, per così dire, di Dio, la misericordia deve esserlo anche dell’uomo. Generato infatti da Lui per grazia e reso suo figlio adottivo (cf. Gv 1,12-13), non può non mostrare gli stessi lineamenti del Padre.
Questi, inscritti già nell’anima, con l’infusione della grazia, vanno sviluppati ed educati intensamente per apparire quello che si è: figli di Dio. È quanto Gesù ha così appassionatamente inculcato: «Amate i vostri nemici, pregate per coloro che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; perché Egli fa sorgere il suo sole sopra i cattivi e sopra i buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Perché, se mai amate quelli che vi amano, quale premio meritate? Non fanno altrettanto anche i pubblicani? E se salutate solo i vostri fratelli, che cosa fate di più? Non fanno forse altrettanto i pagani? Siate dunque perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,44-48).
L’insegnamento è cristallino. «I figli del Padre» misericordioso devono imparare a risolvere i grossi problemi del mondo nell’amore e con l’amore, colmando ogni indigenza con la ricchezza della propria pietà. Non si tratta, cioè, solo di dare un pane o un abito o un alloggio; si tratta soprattutto di arricchire di amore chi ne è privo. [...].
Splendori di una virtù
Quanto detto della misericordia fa pensare di trovarsi di fronte alla più luminosa ed importante delle virtù. E ciò, almeno in un certo senso, è vero. San Giacomo aveva già detto che la Religione si assomma nelle opere di misericordia: «La religione pura e senza macchia davanti a Dio, Padre nostro, è questa: visitare gli orfani e le vedove nella loro afflizione e mantenersi immuni dalle sozzure del mondo» (1,27).
E tuttavia nessuno si inganni. Per quanto splendida, la misericordia non è più grande della carità. San Tommaso osserva, a riguardo, che una virtù può dirsi la più grande o in se stessa o per riguardo a chi la possiede. Poiché la misericordia è un donare e sollevare l’altrui indigenza, essa non può possedersi che da chi è superiore.