Considera, anima mia, come i tre sapienti Re, tutti dediti ai loro studi astronomici veggono apparire nel Cielo una nuova Stella, ammirano nel nuovo Astro una luce nuova e misteriosa insieme: istruiti già che l’apparire di un nuovo Astro, sarebbe stato ad essi nunzio della venuta dell’atteso Messia sulla terra, ed una luce ben più splendente e meravigliosa illumina le loro menti, il lavorio interiore della grazia li muove e li infervora, pronti dunque alla divina chiamata, abbandonano tutto: la comodità dei loro palazzi ed affrontano un viaggio lungo, disastroso ed incerto, in una stagione non fra le migliori, corrono in cerca di Colui che li chiama per manifestarsi ad Essi, e per adorarlo e per presentargli gli onori a Supremo Re del Cielo e dell’Universo tutto.
La Stella, simbolo della fede, li muove e li guida verso Colui che li chiama interiormente con l’impulso della grazia, perché nessuno può andare a Lui se non da Lui attratto. Gesù chiama i poveri e semplici pastori per mezzo degli Angioli per manifestarsi ad essi. Chiama i Sapienti per mezzo della stessa loro scienza e tutti, mossi dall’interiore influsso della Sua grazia, corrono a Lui per adorarlo. Chiama tutti noi, con le divine ispirazioni e si comunica a noi, con la Sua grazia.
Quante volte Egli ha amorosamente invitato anche noi? E noi con quale prontezza Gli abbiamo corrisposto? Mio Dio! Mi arrossisco e mi sento ripieno di confusione nel dover rispondere a sì fatta interrogazione. Quale industria non ha Egli adoperato per farsi strada nel nostro cuore ed avvincerlo al Suo, non avendo ribrezzo della nostra miseria. Ma che cosa è l’uomo perché tu ti prenda tanta cura? Tu lasci la tua Celeste Reggia per venire in cerca della traviata pecorella. Ti manifesti ad essa e con impulsi della tua grazia incessantemente la chiami, ne muovi il cuore verso di Te, affinché a Te d’appresso ti conosca, ti ami, ti adori? Hai Tu forse bisogno di essa, per essere pienamente felice nel tuo Paradiso? No, è la tua sola bontà che ti piega verso di essa, è il tuo amore, che ama spandersi e conquistarla per renderla felice di quella stessa felicità di cui Tu ne sei ripieno.
O Gesù, noi siamo un brutto nulla, e Tu ci cerchi proprio per questo: per darci l’essere tuo divino mediante l’operazione e la comunicazione della tua grazia. O Gesù, e chi potrà resisterti? Lascia che povero quale io mi sono Ti chiegga tutto quello che mi bisogna per piacere a Te, che sia di Te, che dia gusto a Te. Dammi e conservami quella fede viva che mi faccia credere ed operare per tuo solo amore.
E questo è il primo dono che ti presento, ed unito ai Santi Magi, ai tuoi piedi prostrato, ti confesso senza alcun umano rispetto dinanzi al mondo intero per vero ed unico nostro Dio.
La fede dei Re Magi
I Magi giungono in Gerusalemme e non trovan alcuno esteriore apparato di festa, come credevano, per il grande avvenimento del nuovo Re; la Stella che li guidava, nell’entrare in città dispare dai loro sguardi: la loro fede è posta in un duro cimento: ma Essi non esitano, ma fermi nella loro credenza chiedono nuove del nato Messia. Nessuno sa dargliene indicazioni. I mondani ingolfati nei loro affari, vivono nell’oscurità e nell’errore, né si danno pensiero di conoscere le cose di Dio, né alcun pensiero della loro Salvezza eterna, né alcuna premura di conoscere la venuta di quel Messia atteso e sospirato dalle genti, profetizzato e predetto dai Profeti.
I Magi, però, che seguono l’impulso della grazia e del fervore, fermi nella speranza di ritrovare Colui che il suo popolo non ha voluto riconoscere, ma che ha rigettato da sé, [...] fatti consapevoli del luogo dove il Messia sarebbe dovuto nascere, si rimettono in viaggio, fermi e stabili nel rinvenimento di Colui che nascosto chiama a sé quei cuori che veramente lo cercano con ardore di carità.
Appena usciti da Gerusalemme, riappare ad essi la Stella e va avanti perché non smarriscano la strada. La fede anche noi guida, e noi dietro il suo lume sicuri seguiamo il cammino che ci conduce a Dio, alla sua Patria, come i santi Magi guidati dalla Stella, simbolo di fede, giungono al luogo desiderato.
La Stella si ferma sulla grotta ed Essi, illuminati dalla divina grazia, riconoscono quell’abituro quale Reggia del nato Re del Cielo. Entrano commossi; ma che scorgono Essi per riconoscere il Divin Re, il Messia? Sono essi certi, di fronte a tanta povertà che Colui che vedono tremante bambino fra le tenere braccia di una donzella è il loro Dio? Che cosa lo rivela per tale? Per sprofondarsi in profonde adorazioni dinanzi a Lui? Per dimostrargli che sono venuti di lontano per adorarlo e venerarlo e tributargli onori come a Re dei re, se nessuna corte né celeste e né terrestre lo corteggia?
Ma Gesù li ha chiamati per manifestarsi ad essi. Li ha attratti per farsi da loro riconoscere. L’interna emozione li fa prostrare a terra. I moti interni della grazia rivelano alle loro anime che quel tenero pargoletto è Dio ed Uomo, è il vero Messia. [...] Lo riconoscono, Lo adorano, Lo amano e tributano a Lui gli onori regali e si pongono sotto il suo dominio divino ed a Lui si offrono con tutto ciò che hanno e che a loro appartiene. Baciano con trasporto quei Piedini Divini che la graziosa sua Madre loro porge a baciare e, dopo aver dato sfogo all’impeto dei loro cuori infocati d’amore, Gli offrono i tre doni: l’incenso per riconoscerlo come loro Dio, la mirra come Uomo, l’oro come Sovrano [...].
O Gesù, con i santi Magi t’adoriamo, con essi ti offriamo i tre doni della nostra fede riconoscendoti ed adorandoti quale nostro Dio umiliato per nostro amore, quale Uomo rivestito di fragile carne per patire e morire per noi. E nei tuoi meriti sperando, siamo sicuri di conseguire l’eterna Gloria; con la nostra carità ti riconosciamo Sovrano di amore dei nostri cuori, pregandoti che nella tua infinita bontà ti degni gradire ciò che Tu stesso ci hai donato. Degnati trasformare i nostri cuori come trasformasti quelli dei santi Magi e fa ancora che, i nostri cuori non potendo contenere gli ardori della tua Carità, ti manifestiamo alle anime dei nostri fratelli per conquistarle [...].
La vita sia vita attinta da Te a larghi sorsi d’amore per spandersi sull’umanità e che ci faccia morire ad ogni istante per vivere solo di Te, e spandere Te nei nostri cuori.
Meditazione natalizia
scritta da San Pio da Pietrelcina